martedì, febbraio 24, 2009

Ci scrivono. "I murales degradati sono quello che rischiamo di diventare anche noi"

Ho letto, quasi contemporaneamente, sia l’intervento di Salvatore Saporito (sul degrado dei murales) sia quello di Andrea di Nino (sul convegno dei tumori). Apparentemente sono due argomenti distanti, forse, ma secondo me, non lo sono. Di Nino racconta che la richiesta fatta al convegno sulla salubrità della centrale telefonica dietro le Scuole elementari non ha sortito risposte per mancanza di tempo. Io non lo so che tipo di problemi può creare la centrale telecom , forse nessuno lo sa bene, credo che sarebbe giusto indagare seriamente e di fronte a dubbi (e credo ve ne siano tanti) programmare lo spostamento in siti meno urbanizzati. Ma temo che lo stesso disinteresse generale, che viene evidenziato da Salvatore Saporito sullo stato dei murales, che naturalmente null’altro è se non il “segno” di uno stato di cose che purtroppo non dipende dal Sindaco di turno, di destra o di sinistra che sia, ma piuttosto dipende dalla lontananza dei cittadini, tutti, dalla cosa pubblica, faccia si che non ci sia mai il tempo per rispondere alla domanda sulla salubrità del ripetitore telecom.
I paesi come Corleone vivono d’inerzia, e la a-patia sociale (non è un giudizio ma purtroppo è lo stato delle cose) avvolge le Istituzioni, trasferendo su esse le aspettative di natura personale(giuste e legittime) mettendo in secondo piano e spesso eliminando quelle generali che servono a costruire il futuro di una collettività. Credo che il futuro di Corleone, così come quello delle piccole realtà, non dipenda dai politici di turno, ma dipenda invece dalla forza con la quale i cittadini sapranno chiedere attenzione e interesse per la cosa pubblica, sia essa rappresentata dai murales abbandonati sia essa la pubblica incolumità. Ma la quotidianità, ed i problemi che essa trasporta, ci occupano le menti, e allora credo che i murales degradati siano la giusta rappresentazione di quello che rischiamo di diventare anche noi. E sarebbe un peccato.
Biagio Cutropia
23 febbraio 2009

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