giovedì, marzo 15, 2018

Legalità. Antimafia, tutte le armi del nuovo codice


Un seminario Cgil a Catania per scoprirne le novità. Otto i punti fondamentali. Le ricadute su aziende confiscate e lavoratori. Per la prima volta nella storia si arriva a una riforma grazie a una raccolta firme su un ddl di iniziativa popolare
Il nuovo codice antimafia, frutto di iniziativa popolare, presenta luci e ombre ma secondo la Cgil è necessario sfruttarne subito gli aspetti positivi in considerazione del futuro delle aziende confiscate. È stato un seminario denso di spunti e analisi anche sul territorio catanese, quello tenutosi il 14 marzo a Catania sul tema “Le ricadute del nuovo codice antimafia su lavoratori e aziende confiscate".

Ai lavori sono intervenuti la segretaria confederale della Cgil di Catania, Pina Palella, il responsabile del Dipartimento Legalità della Cgil nazionale Luciano Silvestri, la presidente di Memoria e Futuro, Adriana Laudani, Vincenzo Ragazzi di Libera Catania, il segretario generale della Cgil di Catania, Giacomo Rota. Ha coordinato il seminario la segretaria regionale della Cgil, Mimma Argurio. Per il sindacato il nuovo codice antimafia giocherà un ruolo positivo per i lavoratori e per le aziende, anche perché frutto della campagna promossa dalla Cgil, "Io riattivo il lavoro", insieme con Libera, Arci, Avviso pubblico, Legacoop, Acli, Centro studi Pio La Torre.
Quando nel 2012, a distanza di pochi anni dalla nascita, con il decreto legge 4 febbraio 2010, n. 4 - convertito in legge 31 marzo 2010, n. 50, della Azienda nazionale dei Beni confiscati e sequestrati, la Cgil si rese conto che “la gestione dei beni rimaneva ancora prigioniera delle vecchie difficoltà che avevano caratterizzato la gestione da parte del demanio”, il sindacato capì la necessità di creare nuovi strumenti adeguati e capaci di sostenere concretamente il processo di ricollocazione e rilancio delle aziende nel circuito della economia legale.
Nacque così la proposta di legge di iniziativa popolare con tanto di raccolta di firme prevista dalla Costituzione; i contenuti iniziali si arricchirono fino ad arrivare alla approvazione definitiva, il 12 novembre del 2017, della riforma del codice antimafia.
È stata Pina Palella a tratteggiare il contesto delle aziende confiscate attraverso i dati: in Italia i beni immobili confiscati in gestione all’Agenzia sono 17.133 e in ballo ci sono 525 dipendenti. Di questi beni sono 14.146 quelli destinati. Le aziende sono 2919 (destinate 878). In Sicilia le aziende in gestione dell’Agenzia sono 922 (destinate 333) per un valore complessivo di 230 milioni di euro. A Catania, i beni immobili in gestione sono 435, i destinati sono 611; le aziende in gestione sono 152 e le destinate sono 48. “I sequestri avvengono praticamente ogni giorno e senza esclusione di settori – ha spiegato Palella – e se consideriamo che sono ben 55 i comuni sciolti per mafia, non sarà certo difficile immaginare l’intreccio tra mafia e corruzione che di fatto compromette lo sviluppo dei territori”.
Per il segretario Rota, proprio perché fare antimafia significa saper valutare l’intero sistema economico, sociale e imprenditoriale, “sarebbe opportuno che il marchio di aziende antimafia si accompagnasse al marchio di azienda che rispetta tutte le regole, perché, ad esempio, anche il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza sul lavoro è pura illegalità. Il concetto stesso di ‘legale’ è complesso”.
Ma cosa accadrà adesso con le nuove norme del codice? “Vanno implementate e sarà un lavoro né semplice, né facile – ha detto Luciano Silvestri –. Prima di tutto il governo deve procedere celermente agli adempimenti che la stessa legge di riforma gli assegna, e insieme a lui i ministri competenti, in modo da rendere rapidamente operativo l'intero impianto attraverso l'emanazione dei decreti”. Che i tempi debbano essere celeri lo sottolinea anche l’avvocato Vincenzo Ragazzi di Libera Catania. Ma come ha sottolineato la giurista Adriana Laudani, “il fatto che si sia arrivati alla riforma del codice attraverso una raccolta di firme su un disegno di legge di iniziativa popolare, per la prima volta nella storia della Repubblica, ha un valore che dovremmo ricordare nelle scuole. La domanda che dovremmo farci adesso è: questa legge onora i morti di mafia? La risposta è sì, perché seppure non perfetta include tanti passaggi essenziali per l’operatività di azione antimafia nel nostro presente”.
Sono otto i punti del nuovo codice degni di nota: l'articolo uno introduce anche per i corrotti le misure previste per i mafiosi circa le misure di prevenzione e quindi il sequestro dei loro patrimoni realizzati illecitamente. Secondo punto: con il nuovo codice antimafia l'assegnazione delle aziende per ricollocarle in un circuito di legalità e per rilanciarle può avvenire fin dalla fase del sequestro; adesso il sistema può agire molto più rapidamente. Il terzo punto riguarda la costituzione di un fondo di garanzia (valore di partenza dieci milioni di euro) con il quale è possibile intervenire per sostenere le aziende sequestrate che hanno la necessità di contrarre un mutuo con la banca, oppure di acquisire direttamente un prestito. “Il fondo di garanzia – ha spiegato Silvestri – rappresenta un passo in avanti essenziale per risolvere i problemi del passato e per il rilancio sul mercato legale delle aziende sequestrate”.
Il quarto punto riguarda la possibilità di accedere per i lavoratori delle aziende coinvolte nel sequestro ad un periodo di cassa integrazione (da sempre una rivendicazione del sindacato). Il sesto punto riguarda il potenziamento e la riorganizzazione dell’ Agenzia nazionale; le sedi dell’Agenzia saranno a Roma e a Reggio Calabria, ma non si esclude la possibilità di avere uffici decentrati che potrebbero essere definiti nel regolamento. Una presenza su territori come ad esempio Palermo, Milano, Bologna e Napoli dove il numero dei sequestri e delle confische è in crescita esponenziale sarebbe indispensabile. Il settimo punto riguarda la costituzione presso le prefetture dei comitati permanenti composti, oltre che dagli stessi prefetti e da un componente dell’Agenzia, anche da rappresentanti delle parti sociali e delle istituzioni locali. I comitati permanenti hanno il compito di monitorare il fenomeno, ma anche di affrontare le problematiche che il fenomeno propone.
L'ottavo punto riguarda la costituzione delle sezioni territoriali dei tribunali per le misure di prevenzione. La riforma opera così un processo di specializzazione della magistratura su questa materia e affida a queste sezioni compiti importanti e diretti per tutta la fase del sequestro dei beni.

Rassegna.it 14 marzo 2018

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