lunedì, maggio 04, 2020

A 49 anni dall'assassinio mafioso del procuratore Pietro Scaglione, ricordiamo il "magistrato integerrimo"

Pietro Scaglione

Il 5 maggio del 1971in Via Cipressi, a Palermo, - insieme al fedele agente Antonio Lorusso - fu ucciso il Procuratore capo della Repubblica, Pietro Scaglione, definito – anche in sede giurisdizionale penale- “magistrato integerrimo, dotato di eccezionali capacità professionali e di assoluta onestà morale”. Un quarantanovesimo anniversario senza il consueto convegno commemorativo, rinviato all’anno prossimo. Entrato in magistratura nel 1928, Pietro Scaglione “ dimostrò indipendenza di giudizio anche durante il ventennio fascista” (come scrissero anche i giornalisti Enzo Perrone e Rosario Poma nel volume “ La mafia: nonni e nipoti”).    


Nella sua lunga carriera di giudice e pubblico ministero, si occupò dei più gravi misteri siciliani per accertarne la verità e assicurarne i colpevoli alla giustizia, impegnandosi anche attivamente in difesa dell’autonomia della magistratura dal potere esecutivo.

In particolare, con riferimento alla strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947, il Pubblico ministero Pietro Scaglione, nel 1953, definì l’uccisione dei contadini come un “ delitto infame, ripugnante e abominevole” e accreditò come principali moventi:  la “ difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ ad oltranza” contro il comunismo che Salvatore Giuliano “ mostrò sempre di odiare e di osteggiare”; la volontà da parte degli autori di accreditarsi come “ i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “ usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “ punizione” contro i contadini che allontanavano i banditi dalle campagne.

Negli anni Cinquanta, il Sostituto Procuratore Generale Pietro Scaglione si occupò degli assassini di alcuni coraggiosi sindacalisti socialisti e comunisti, da Placido Rizzotto a Salvatore Carnevale. Nella requisitoria del 1956 sull’omicidio del sindacalista socialista Salvatore Carnevale, il pubblico ministero Scaglione esaltò la figura della vittima e le lotte contadine, parlò di “ febbre della terra” e scrisse che l’attività di Carnevale era temuta da coloro che avevano interesse al mantenimento del sistema latifondista.

Come spiegò lo storico Umberto Ursetta nel volume “Salvatore Carnevale. Un angelo senza ali”, edito dal quotidiano L’Unità, “ Il magistrato iniziò accennando all’attività politica e sindacale svolta dal Carnevale per organizzare i contadini di Sciara e renderli partecipi di quel grande movimento di lotta per la conquista della terra che sul finire degli anni Quaranta si sviluppò in tutta l’isola e nel resto del meridione. La febbre della terra, come la chiamò Scaglione, coinvolse in massa anche i lavoratori sciaresi, che a seguito delle lotte organizzate da Carnevale e dagli altri sindacalisti della camera del lavoro riuscirono a spuntare una più equa ripartizione del raccolto tra proprietà e mezzadri”.

Come emerso nel libro "Francesca Serio. La Madre", scritto dal fotoreporter  Franco Blandi e pubblicato da  Navarra Editore, i principali alleati nella lotta di Francesca Serio, madre del sindacalista socialista Turiddu Carnevale, furono il Pubblico Ministero Pietro Scaglione, gli avvocati  Nino Sorgi e  Francesco Taormina (difensori dei contadini che occupavano le terre) e il partigiano socialista  Sandro Pertini (futuro Presidente della Repubblica). A difendere i campieri accusati del delitto Carnevale, invece, fu un altro futuro Presidente della Repubblica, l’avvocato democristiano Giovanni Leone.

Le requisitorie di Scaglione sui sindacalisti furono ricordate dal quotidiano L’Ora  nell’editoriale del 18 febbraio 1962, dove si leggeva, tra l’altro: “ Pietro Scaglione ha percorso quasi tutta la sua brillante e rapida carriera presso la Corte di appello di Palermo, dapprima come Pretore e, quindi, come Sostituto procuratore generale. Con tale grado sostenne l’accusa in numerosi e gravi processi intervenendo attivamente anche nella fase istruttoria: va ricordato –a proposito- l’elevato contributo che, in veste di accusatore il commendatore Scaglione dette alla istruzione del processo per l’assassinio di Salvatore Carnevale…. Al valoroso magistrato che assume la responsabilità di dirigere la Procura della Repubblica di Palermo in un momento di innegabile difficoltà, “L’Ora” invia i più vivi rallegramenti e cordiali auguri di buon lavoro”.

Dopo essere diventato Procuratore Capo della Repubblica, Scaglione fu, tra i primi, a recarsi sul luogo della strage di Ciaculli, il 30 giugno del 1963. In quella drammatica occasione, ad un Generale dell’Esercito che invocava l’applicazione della legge marziale, Scaglione replicò che i responsabili della efferata strage sarebbero stati perseguiti nell’osservanza delle regole e delle garanzie dello Stato di diritto.

Successivamente, infatti, la Procura della Repubblica, diretta da Pietro Scaglione e l’Ufficio istruzione penale del Tribunale, guidato dal Giudice Istruttore Cesare Terranova, svolsero una intensa e efficace attività investigativa, senza ricorrere alla legge marziale, senza derogare alle garanzie costituzionali e allo Stato di Diritto.

Il Procuratore Scaglione promosse anche numerose inchieste a carico di politici e di amministratori - come risulta dagli atti giudiziari, dalle sentenze e dalla testimonianza del giornalista Mario Francese (ucciso dalla mafia nel 1979), il quale scrisse: << Pietro Scaglione fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni. E’ il tempo in cui la linea Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici”. Il riacutizzarsi del fenomeno mafioso, negli anni 1969-1971, “ aveva indotto Scaglione ad intensificare la sua opera di bonifica sociale”, infatti, richieste di
“ misure di prevenzione e procedimenti contro pubblici amministratori ……hanno caratterizzato l’ultimo periodo di attività del Procuratore capo della Repubblica>> (MARIO FRANCESE, Il giudice degli anni più caldi, in il Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).  

Scaglione si occupò anche della misteriosa scomparsa del giornalista Mauro De Mauro avvenuta nel settembre del 1970. L’intervento di Scaglione nelle complesse indagini fu “attivissimo” come dichiarò anche la moglie del giornalista scomparso al settimanale “La Domenica del Corriere” del 13 giugno 1972. 

Il Procuratore Scaglione svolse altresì, con impegno e dedizione, la funzione di
Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro.

Quanto alle causali del delitto, nel 1991, con Decreto del Ministero della Giustizia, previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, Pietro Scaglione fu riconosciuto “ magistrato caduto vittima del dovere e della mafia”. 

Lo scrittore Pier Paolo Pasolini collegò l’uccisione di Scaglione con la scomparsa di De Mauro e con l’omicidio del Presidente dell’Eni Enrico Mattei (impegnato in una politica filoaraba e terzomondista).

Numerosi collaboratori di giustizia si occuparono del delitto di Via Cipressi: da Tommaso  Buscetta a Francesco Di Carlo, da Nino Giuffrè fino ad Antonino Calderone (che parlò di strategia della tensione e di collegamenti con il Golpe Borghese e con il caso De Mauro). Nel processo per la scomparsa del giornalista del quotidiano L’Ora furono depositate anche vecchie dichiarazioni del confidente Benedetto La Cara che negli anni Settanta inserì i delitti Scaglione e De Mauro in un contesto di trame ordite da esponenti “democristiani, monarchici e missini” in combutta con rappresentanti di apparati dello Stato.

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