mercoledì, ottobre 21, 2015

Corleone e la mancata costituzione di parte civile. La maggioranza fa mancare il numero legale in aula

L'intervento del sindaco Savona
È finita a coda di topo la seduta del consiglio comunale di ieri sera, che ha discusso dell’ordine del giorno di protesta delle opposizioni (Pd e “Mi ci vedo”) contro la mancata costituzione di parte civile nel processo “Grande Passo”. Dalle 20,30 a mezzanotte si è sviluppato un dibattito con le opposizioni a sottolineare l’assurdità della mancata costituzione, che potrebbe lasciar intendere una marcia indietro nella lotta alla mafia, e la maggioranza, sindaco in testa, a sostenere l’incredibile tesi che il comune non si è costituito perché il legale di fiducia ha sostenuto che l’atto di costituzione non sarebbe stato accolto dal giudice. “E quindi, nel dubbio, temendo che l’atto non sarebbe stato accolto, non l’avete fatto accogliere con certezza omettendo di presentarlo?!?!”, hanno attaccato le opposizioni. Ma la discussione non è potuta proseguire perché a mezzanotte è mancato il numero legale. Infatti, della maggioranza erano rimasti in aula solo i consiglieri Paolo Provenzano, Roberto Scianni e Vincenzo Labruzzo; mentre delle opposizioni Stefano Gambino, Pio Siragusa, Dino Paternostro, Pippo Cardella, Salvatore Schillaci e Francesco Piazza. Appuntamento a stasera, quindi. Alle ore 19… (dp)
L'ARTICOLO DI REPUBBLICA: Marcia indietro del Comune di Corleone



Marcia indietro del Comune di Corleone non sarà parte civile contro i nuovi boss
È un processo delicato quello in corso al tribunale di Palermo, perché per la prima volta a Corleone un imprenditore ha denunciato il pizzo. È il motivo per cui al palazzo di giustizia si sono presentati i rappresentanti di Addiopizzo, del centro Pio La Torre, dell'associazione antiracket Paolo Borsellino e della Fai, la federazione antiracket italiana. Tutti oggi parte civile contro l'impiegato del Comune di Corleone che interpretava alla perfezione il ruolo di temuto boss. Tutti tranne l'amministrazione comunale. E in udienza, il pubblico ministero Sergio Demontis l'ha sottolineata questa assenza durante la sua requisitoria. «Dispiace non vedere le amministrazioni interessante », ha detto. E adesso non c'è più tempo per la costituzione di parte civile. Demontis ha già fatto le sue richieste di pena: 16 anni per Antonino Di Marco, 14 anni per Pietro Paolo Masaracchia, 12 anni per Nicola Parrino, 10 anni per Franco D'Ugo, dieci anni per Pasqualino D'Ugo, dieci anni per Ciro Badami, cinque per Antonio Lo Bosco. In totale, quasi 80 anni di carcere.
Dopo la requisitoria della procura, toccherà alle parti civili chiedere un risarcimento. «Sarà un modo per stringerci attorno all'imprenditore che ha denunciato », dice Vito Lo Monaco, il presidente del centro Pio La Torre. L'avvocato Ugo Forello, di Addiopizzo, aggiunge: «È un momento davvero delicato per l'antimafia. Da una parte, qualcuno cerca di fare carriera; dall'altra, c'è un rinnovato disinteresse. È davvero un segnale negativo la mancata costituzione di parte civile del Comune di Corleone, che peraltro in questa vicenda aveva anche una diretta cointeressenza per la presenza di un dipendente imputato per il reato di associazione mafiosa».
Da tre anni, il Comune di Corleone è retto da una giunta di centrodestra guidata da Lea Savona: risultò vincitrice con un vantaggio di 16 voti su Pippo Cipriani, il sindaco che ha segnato una lunga stagione di impegno antimafia a Corleone. Proprio con le prime costituzioni di parte civile del Comune nei processi alla Cosa nostra dei "corleonesi" Totò Riina e Bernardo Provenzano.
Ragiona Vito Lo Monaco: «La costituzione di parte civile non può essere portata a vessillo, da sola non pulisce l'immagine di un'amministrazione. Per un ente locale, dovrebbe essere piuttosto la logica conseguenza di un impegno concreto nel quotidiano. In questo senso, la costituzione di parte civile è un atto che ha un effetto simbolico importante ». Comunque la si voglia intendere sull'antimafia, nell'aula del tribunale di Palermo dove si processano gli eredi di Riina e Provenzano (poco importa che non siano sanguinari come loro) il Comune di Corleone non ci sarà. «Davvero un'occasione mancata — ribadisce Vito Lo Monaco — esserci nel processo vuole dire anche conoscere a fondo la nuova mafia che avanza ». Una cosa è certa, i nuovi boss di Corleone avevano una grande capacità di infiltrazione nella pubblica amministrazione. Di Marco aveva costituito una sorta di personalissimo feudo nel vicino Comune di Palazzo Adriano, anche grazie alla complicità di alcuni funzionari. Ma neanche il Comune di Palazzo Adriano si è costituito parte civile. E neppure la Regione Siciliana. Eppure, proprio la Regione era «parte offesa». Le intercettazioni dicono che Antonino Di Marco si diede un gran da fare per le elezioni all'Ars.
Salvo Palazzolo
La Repubblica-Palermo 15.10.2015


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