lunedì, marzo 16, 2015

Pietro Ingrao: il compagno disarmato

Pietro Ingrao
Il 30 marzo Pietro Ingrao compie cento anni. In uno dei tanti libri che parlano di lui, Il compagno disarmato, lascia detto: «Ho speso una vita battendomi per cose essenziali, il diritto di mangiare, crescere, istruirsi, curarsi, essere creativi nel proprio lavoro. Ma la mia biografia, come quella di tanti compagni, dimostra che non abbiamo avuto una vera distanza critica dalla violenza. È venuto il momento di affermarla». Auguri compagno Ingrao.

Tra i dirigenti del Pci, Pietro Ingrao è sempre stato uno dei più estranei ai tatticismi della politica, al punto da essere considerato un fumoso utopista che non vuole fare i conti con la realtà. Per lui, invece, essere concreti significa pensare in grande, prestare attenzione al nuovo: «Abbastanza presto ho avuto la consapevolezza, e direi anche il bisogno, di una sinistra plurale, una “curiosità” verso altri filoni della sinistra. Insomma: molto orgoglio comunista (anche se la parola orgoglio non sta proprio dentro al mio vocabolario: la uso con riluttanza), ma anche un assillo, sempre, di guardare al di là dei nostri paletti. Nelle mie limitate forze, io non sono un integralista come qualcuno è andato dicendo, ma piuttosto un uomo di “frontiera”. Certo, da comunista testardo, ma sempre pieno di curiosità verso gli altri. Diviso dentro di me tra un desiderio di convento mai realizzato (ma non in senso religioso!), e una grande, estrema curiosità verso gli altri, verso le diversità».
Pietro Ingrao nasce a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo 1915, da una famiglia della borghesia agraria di tradizioni liberali (il nonno paterno è mazziniano). Dopo gli studi classici a Formia, si trasferisce con la famiglia a Roma, dove consegue due lauree – in giurisprudenza e in lettere e filosofia – e può soddisfare la sua grande passione per la settima arte frequentando il Centro sperimentale di cinematografia. Nel luglio 1936, scosso dalla rivolta franchista contro la repubblica spagnola, matura la scelta antifascista ed entra nell’organizzazione clandestina del Pci: «Da allora, la lotta di classe diventò il punto centrale nella mia vita, il primo dovere, la prima speranza: la lotta per cacciare i padroni».
La gavetta all’Unità. Nel 1943, prima a Milano e poi a Roma, Ingrao lavora all’edizione clandestina dell’Unità, che dirige dal 1947 al 1956. Nel 1948 viene eletto deputato e siede a Montecitorio per dieci legislature fino al 1992. Entra nella segreteria del Pci nel 1956, anno dei tragici fatti d’Ungheria: della scelta di allora, a fianco dei sovietici, si pentirà pubblicamente. Per anni punto di riferimento della sinistra interna, nel 1969, con una decisione destinata a restare una ferita aperta nel suo animo, vota per l’espulsione del gruppo del Manifesto.
Presidente della Camera dei deputati dal 1976 al 1979, vive in prima linea i giorni drammatici del sequestro Moro. In questa fase l’impegno e la riflessione di Ingrao sono rivolti ai temi istituzionali, dando grande impulso all’attività del Centro studi per la riforma dello Stato. Nel 1989 si oppone alla svolta di Occhetto, poi aderisce al Pds come leader riconosciuto dell’area dei comunisti democratici. Nel 1993 abbandona il partito e si avvicina a Rifondazione comunista, a cui s’iscrive nel 2005. Nel 2010 manifesta il proprio sostegno a Sinistra ecologia e libertà. Al traguardo dei cento anni, Ingrao si presenta ai lettori del suo bel sito internet come «un figlio dell’ultimo secolo dello scorso millennio: quel Novecento che ha prodotto gli orrori della bomba atomica e dello sterminio di massa, ma anche le speranze e le lotte di liberazione di milioni di esseri umani». Si riconosce nei versi di Brecht: «Nelle città venni al tempo del disordine/ quando la fame regnava./ Tra gli uomini venni al tempo delle rivolte/ e mi ribellai insieme a loro». Poi rivolge lo sguardo in avanti: «Il mondo è cambiato, ma il tempo delle rivolte non è sopito: rinasce ogni giorno sotto nuove forme. Decidi tu quanto lasciarti interrogare dalle rivolte e dalle passioni del mio tempo, quanto vorrai accantonare, quanto portare con te nel futuro».


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