venerdì, febbraio 13, 2015

LA CADUTA DEL PREZZO DEL PETROLIO E IL CROLLO DEL FOTOVOLTAICO IN ITALIA



di NICOLA CIPOLLA
Il Sole 24 Ore di giovedì 12 febbraio pag. 21,  riporta i dati del Centro Studi ANIE che parlano per l’Italia e per il 2014 di una potenza complessiva installata di fotovoltaico tra i 400 e i 420 Mw (con un numero di impianti superiore a 50 mila, cioè di piccoli e volenterosi cittadini). Nel 2011 per effetto del Conto Energia tedesco applicato anche in Italia erano stati installati 9.000 Mw (Italia al primo posto nel mondo)  scesi a 3.500 nel 2012 dopo il blocco degli incentivi, operato dai governi,  e a 1.364 Mw nel 2013. In pratica l’Italia  è scesa al di sotto di paesi come l’Albania. Altro che confronto con la Germania che nelle energie rinnovabili ha superato, mantenendo  anche nel 2014 e nel 2015 gli incentivi del Conto  Energia, i 400 mila nuovi posti di lavoro  che rappresentano la base sostanziale per il successo economico complessivo di questo paese.

La caduta del prezzo internazionale del petrolio  di oltre il 50% (da 115 $ al barile  a 50), dall’estate 2014 ad oggi, farà risparmiare alla bilancia commerciale italiana  per il solo petrolio oltre 12 miliardi di euro. Però sul prezzo al consumo dell’energia elettrica, del gas e della benzina e degli altri carburanti, questo ribasso non produrrà proporzionali riduzioni anche al netto dei carichi fiscali. Ciò significa in primo luogo che l’ENI, l’Enel, la Snam, Terna e tutte le grandi multinazionali che si sono impadronite a basso prezzo, dopo la privatizzazione imposta  dalla UE, alla fine del secolo scorso di oltre il 50% degli impianti elettrici con particolare riferimento a quelli idroelettrici, saranno i principali beneficiari della favorevole  riduzione    del costo internazionale del petrolio (e quindi del gas e dell’energia elettrica). Fino ad oggi il costo dell’energia in Italia (petrolio, gas, elettricità) superava del 30% quello degli altri  paesi della UE, del Giappone e degli Stati Uniti. Poichè in questi  paesi la riduzione del costo del barile si ripercuoterà quasi integralmente sul costo dell’energia ai consumatori, questa differenza del  30% è destinata ad aumentare, contribuendo così ad un ulteriore difficoltà allo sviluppo economico del nostro paese.
Nel dibattito in corso a livello nazionale e regionale questi aspetti della  questione energetica non sono neanche sfiorati. L’enfasi posta dal governo nazionale di Renzi e in Sicilia dal governo Crocetta sui grandi benefici delle trivellazioni di ricerca e coltivazione degli idrocarburi sono ridicolizzate dal fatto che la riduzione del prezzo internazionale del barile di petrolio rende economicamente fuori di ogni possibilità di rendimento gli eventuali investimenti in questo campo.
Nicola Cipolla

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