di GIOVANNI PERRINO
Mi
pare che su Lampedusa si siano dette molte cose, a proposito e sproposito, si
siano mescolate lacrime vere a quelle finte, ottusità e solidarietà, segni spesso
di cattiva coscienza. Ci siamo riconosciuti in questi giorni come popolo di
migranti i cui risparmi finanziavano anche la speranza della ripresa economica
in attesa del nostro rientro. D’estate tornavano i nostri nonni e padri a casa
con la camicia fresca di bucato e l’auto nuova, felici di mostrare in piazza il
raggiunto benessere e di organizzare i lavori per la nuova casa da costruire
per loro e per i figli. Rispetto ai profughi di oggi eravamo anche fortunati… non
c’è che dire!
Questi
di oggi non sono migranti ma fuggitivi, fuggitivi dalla guerra e dal disordine
sociale, dalle miserie e da una morte assai vicina. Quella morte che, evitata
tante volte sulle strade dei loro Paesi, li raggiunge spesso in mare e così non
solo non possono sognare più di ritornare ma neanche di arrivare. Le tragedie,
prima e dopo Lampedusa, non continueranno senza che nulla accada sulla
cittadinanza e sui diritti civili di questa nuova “ salad bowl” insalata mista,
come gli americani chiamano la mescolanza sociale.
La
nostra Europa, l’Italia stessa sarà diversa da quella dei nostri anni perché
impareremo a vivere in un Paese con il multi davanti, un Paese multi-Paese, sul
piano religioso, culturale, etnico, in cui ognuno ha diritto, come
nell’insalata mista, a mantenere il proprio colore e il proprio odore-sapore
senza cedere un millimetro della propria identità originaria e salvaguardando
al tempo stesso i propri diritti di cittadinanza. Occorre tornare nelle scuole
ad insegnare tutto questo perché non basta un minuto di silenzio ma serve
nutrimento per la coscienza civile dei
giovani. Occorre che i giovani si riconoscano in una società che sarà molto
diversa da quella che i loro padri hanno conosciuta e non solo per causa delle
nuove tecnologie.
A
queste poche riflessioni aggiungerei che i corleonesi, come tanti meridionali,
conoscono queste tragedie anche se non sono mai saliti sulle carrette del mare
né sono divenuti schiavi dei trafficanti.
Essi
conoscono le lacrime di chi parte o quelle per un telegramma che annuncia una
perdita e per questo oggi Lampedusa è simbolo di un Mediterraneo all’altezza
della sua capacità non solo di accogliere ma di mescolarsi in una Sicilia che è
centro e patria naturale per tanti popoli. Oggi
l’isola è terra di passaggio, pochi sono disposti a fermarsi perché il lavoro
scarseggia e solo nei campi si offre qualche possibilità. I profughi, anche per
evitare lo sfruttamento, preferiscono raggiungere terre e parenti ove maggiore
è la possibilità di lavorare anche a costo di un’accoglienza meno facile.
Forse
perché i siciliani non sono in grado di offrire lavoro ai vivi, si sono
proposti di accogliere i morti senza spedirli in paesi ancora più lontani dai
loro. Sono certo che i Comuni che hanno dato tale disponibilità sapranno
rispettare e accogliere questi sfortunati e mancati cittadini di una nuova Europa
che si può costruire solo sulla solidarietà e sui diritti.
Allora
la mia proposta sarebbe questa, che Corleone, città che negli ultimi decenni ha
espresso con forza la sua volontà di affrancarsi dall’isolamento e dalla solitudine,
dia un segnale forte in questo drammatico momento e si unisca agli altri comuni
che sono pronti ad accogliere le spoglie dei profughi dando ad essi la
cittadinanza onoraria. C’è
uno spazio in fondo al cimitero, dietro la chiesa, uno spazio verde e
ombreggiato dai cipressi. Una
volta era usato per le sepolture a terra, perché non continuare a destinarlo a
tale scopo così civile e ospitarvi alcune decine di bare con i resti dei profughi? Sto pensando a Lidice, vicino Praga, ove i
nazisti hanno raso al suolo un asilo e, finita la guerra, la gente vi ha
piantato un campo di rose oggi curatissimo e venerato da chi ha a cuore un
futuro di pace.
Penso
a quel campo o ad un altro, a seconda delle scelte dell’Amministrazione, senza
recinti e senza croci, pieno di fiori e di pietà umana che diventi espressione
della solidarietà e della fratellanza e
non di barriere e divisioni. Non è anche questo un segno di quella Corleone
diversa che in tanti, “Città Nuove” in testa, pensiamo di costruire?
Sarà
la mia una modesta proposta ma troverei utile per Corleone che Corleone dal
Cuore grande di Leone, desse un segnale forte in tal senso, convinto come sono
che l’antimafia si nutre anche di questi gesti e che le nuove generazioni
possano ritrovare, oltre i discorsi ufficiali a volte poco convincenti, i segni
di una nuova civiltà in una terra che tanto ha dovuto lottare e tanto sangue
versare per affermare il diritto al lavoro, alla convivenza civile, alla
legalità.
Questo
ritengo di doverti scrivere in questa sera in cui le operazioni di recupero dei
corpi pare infinita e infinitamente dolorosa mentre i profughi dormono
all’addiaccio e la gente di Lampedusa con il suo comportamento ci riempie il
cuore di speranza.
Un
abbraccio
Giovanni Perrino
Mantova,
8.10.2013
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