domenica, novembre 24, 2024

Perché ci hanno nascosto Danilo Dolci? Interessante dibattito a Corleone sul libro di Piscopo per comprendere gli inconfessabili accordi mafia-politica-affari che l’hanno permesso

Da sx: Francesca Giardina, Elisa Inglima, G. Maurizio Piscopo, Ciro Spataro, Amico Dolci e Luca Cascio


di DINO PATERNOSTRO

Si, ci hanno nascosto Danilo Dolci. Ce l’hanno nascosto per evitare il più possibile che si parlasse degli inconfessabili accordi tra mafia, potere economico-finanziario e politica. Quelli di ieri e quelli di oggi. 

Non possiamo, quindi, che ringraziare il maestro Giuseppe Maurizio Piscopo, che proprio con questo titolo (tra l’intrigante e il provocatorio) ha scritto un libro dedicato a Danilo Dolci, che ieri sera è stato presentato a Corleone nella sala “C. A. Dalla Chiesa” del Cidma, grazie al Rotary club di Corleone, in collaborazione col comune e col Cidma. Dopo il saluto dell’assessore Francesca Giardina in rappresentanza del comune di Corleone, di Fulvio Pulizzotto, presidente del Rotary, e di Elima Inglima, dirigente I.I.S.S. Don G. Colletto, ha relazionato l’antropologo Gianluca Cascio. E sono venute fuori alcune “chicche” poco note:

L’intervento del maestro Piscopo 

anche a Corleone, alla fine degli anni ‘50, Dolci aveva aperto una filiale del “Centro Studi e Iniziative per la piena occupazione”, guardato a vista dai preti e dai “benpensanti”. Era animata da Pippo Patella, Ciccio Calcaterra e Pino Risico. Durante il suo intervento Cascio ha proiettato anche delle fotografie dell’epoca. 

Il maestro “per sempre” (gli è stato riconosciuto questo bellissimo titolo) Giuseppe Maurizio Piscopo ha spiegato perché ha scritto questo libro, la sua ammirazione per il modo di operare di Danilo Dolci, per il suo essere un grande educatore, che usava il metodo maieutico per tirare fuori dagli interlocutori (e, in particolare, dai bambini) i loro sogni e le loro aspirazioni. “Ancora oggi - ha detto Piscopo - la mancanza di politiche efficaci e di investimenti  nel settore dell'assistenza e dell'integrazione aggrava ulteriormente la condizione dei bambini e delle persone più fragili. Era questa la lotta intrapresa da Danilo Dolci”. “Seguendo il suo insegnamento - ha concluso - è fondamentale che si sviluppi una maggiore consapevolezza e si adottino misure concrete per garantire che tutti, indipendentemente dalle loro capacità, possano vivere in un ambiente che rispetti la loro dignità e i loro diritti. Solo così potremo costruire una società davvero inclusiva e giusta, dove ogni individuo possa realizzare il proprio potenziale senza essere limitato da barriere e pregiudizi”.

Amico Dolci, figlio di Danilo, ha raccontato con affetto del padre e del suo bisogno di stare accanto agli “ultimi”, delle lotte non violente (a partire dallo sciopero alla rovescia del 1956 a Partinico) per la piena occupazione, per lo sviluppo. 

Il nome di Danilo è legato a filo doppio con la lotta per la costruzione delle dighe di Partinico e di Roccamena. 

Dolci - come ho avuto modo di dire nel mio intervento - raccontava che l’idea delle dighe gli fu data da un contadino. “Se potessimo raccogliere l’acqua del fiume in una specie di bacinella - diceva - si potrebbe evitare di perderla a mare e la potremmo usare per irrigare i campi”. Dalla bacinella alla diga il passo fu… breve. Nacquero, dopo manifestazioni e marce, la diga Poma (Partinico) e la diga Garcia (Roccamena). 

Straordinariamente interessanti le interviste di Dolci (riportate nel libro “Spreco”, Einaudi 1960) all’anziano Carmelo, papà di Placido Rizzotto, e ad un amico del sindacalista ucciso dalla mafia, Ludovico Benigno, che raccontano con concetti lucidi e la costruzione sintattica dialettale la vicenda umana e politica del segretario della Camera del lavoro di Corleone, che il medico-boss Michele Navarra e i suoi amici agrari e mafiosi vollero morto. 

La testimonianza di Ciccio Calcaterra è stata proiettata in una slide: “Io del Centro Studi ricordo che durante il terremoto del 1968 telefonai a Danilo il quale mi inviò un autotreno di indumenti che distribuimmo, con l'aiuto della CGIL, ai più poveri e colpiti dai disagi. Ebbi un diverbio, rissa, con alcuni i quali pretendevano gli indumenti con la prepotenza e che avevano provocato disordini tutta la mattinata. Fummo portati con una Jeep dei carabinieri in caserma e mi fecero ritornare a casa dopo un encomio”. 

Maria Di Carlo ha portato la testimonianza, riferitagli tanti anni fa da Nino Gennaro, dei ragazzini che sfogliavano pieni di curiosità i libri di storia dell’arte della sede di Corleone del centro studi per sbirciare la nudità delle statue. Ma poi Gennaro fu uno che usò molto il metodo maieutico sperimentato da Dolci per approcciare i giovani di Corleone. 

C’erano anche dei ragazzi come Giovanni Perrino che chiedevano in prestito libri sulla storia del socialismo, che scandalizzarono e preoccuparono il decano dell’epoca Emanuele Catarinicchia, che temeva la concorrenza socio-culturale dei metodi “dolciani”. 

Intelligente e culturalmente all’altezza dell’evento il coordinamento del dibattito da parte del prof. Ciro Spataro, un cattolico capace di accettare e stimolare il confronto con ila cultura laica. 

Dino Paternostro


GALLERIA FOTOGRAFICA:


Da sx: Il maestro Piscopo con Amico Dolci

Lo sciopero della fame di Dolci del 1952 


Un momento del dibattito di ieri sera 

L’intervento di Dino Paternostro

L’intervento di Dino Paternostro 

Un momento del dibattito di ieri sera 


L’intervento del maestro Piscopo durante il dibattito di ieri sera 



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