martedì, ottobre 25, 2011

Il pentito Lo Verso in aula fa il nome di Schifani

Renato Schifani
di ALESSANDRA ZINITI
Secondo l'ex autista di Bernardo Provenzano, che ha deposto nel corso del processo al generale Mori, il presidente del Senato sarebbe stato in mano alla cosca mafiosa di Villabate. Insieme a Cuffaro e al ministro Saverio Romano
PALERMO - C'era il nome del presidente del Senato Renato Schifani sotto uno degli omissis dei verbali dell'ultimo pentito di mafia Stefano Lo Verso, uno degli autisti di Provenzano, nel corso della sua deposizione a Palermo nel processo contro il generale dei carabinieri Mario Mori, ex comandante del Ros, e il colonnello Mauro Obinu, imputati di favoreggiamento aggravato nei confronti di Provenzano. Schifani viene indicato, insieme a Salvatore Cuffaro e Saverio Romano, come uno dei politici nelle mani della famiglia mafiosa di Villabate. "Me lo disse nel 1993 - dice Lo Verso - Nicola Mandalà. Mi disse abbiamo nelle mani politici locali e nazionali. Abbiamo l'amico e socio di mio padre Renatino Schifani, Totò Cuffaro e Saverio Romano". Il pentito ha ribadito di aver saputo direttamente da Bernardo Provenzano che la latitanza del capo di Cosa nostra era protetta da politici e forze dell'ordine, tra cui "un potente dell'arma". Dall'ingegnere Michele Aiello, in carcere, Lo Verso avrebbe invece ricevuto questo sfogo: "Io e Cuffaro siamo stati processati per una telefonata ma il ministro sardo, quello che informò Cuffaro che cercavano Provenzano, se l'è fatta franca". Il pentito ha ribadito che dopo l'arresto di Aiello Provenzano gli disse che Cuffaro avrebbe mantenuto gli accordi. Accuse anche per Marcello Dell'Utri, che "dopo le stragi ha preso il posto di Salvo Lima". Provenzano sarebbe stato convinto che Vito Ciancimino, che conosceva la verità sulle stragi, sarebbe stato ucciso. "Ora siamo rimasti in tre a sapere come sono andate le cose: io, Riina e Andreotti", avrebbe commentato il boss.

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