giovedì, giugno 26, 2014

Il treno delle lotte contadine non può fermarsi nello stretto di Messina...


di DAVIDE PATERNOSTRO
Lettera aperta al dottor Massimo Bernardini, conduttore del programma RAI Educational “Il Tempo e la Storia”
Gentile dottor Bernardini, ho avuto il piacere di seguire, come molti, l’interessante programma “Il tempo e la Storia” da lei così ben condotto. In particolare, mi riferisco alla puntata sulle lotte contadine del 23 giugno 2014, dove si è fatta un’ampia panoramica delle vicende che hanno riguardato il diritto alla terra, al lavoro e in definitiva ai diritti umani basilari, di cui sono stati protagonisti donne e uomini in molte parti d’Italia a cavallo tra la seconda metà del ’800 e la prima del ‘900.
Ho seguito il programma dall’inizio alla fine nella trepidante attesa di sentire parlare, dal vostro punto di osservazione, anche delle tormentate lotte in terra siciliana, nonché l’opinione del Suo autorevole ospite. Scorsi però i titoli di coda la mia speranza andava delusa, alla costatazione che il vostro “treno della storia” partito dalle campagne padane, aveva fatto ultima tappa in Calabria, senza seguitare ad oltrepassare lo Stretto di Messina.
Il mio non vuole essere patriottismo Siculo, per quanto orgoglioso delle mie origini, ma volevo solo sottolineare che una persona della sua cultura ed un programma della qualità de “Il tempo e la Storia”, per la stima che nutro nei vostri confronti, non dovrebbero rimanere all’oscuro di certe vicende e di certi personaggi siciliani, che da soli vi sarebbero bastati per riempire il programma.
Comprendo tuttavia che non a tutto lo scibile sul movimento contadino italiano avreste potuto dare spazio e non lo pretendo. Immagino che anche i cugini Sardi o altri eredi di contadini combattenti da tutto il resto d’Italia potessero muovere le stesse obiezioni.
Voglio solo scriverle qualche spunto di approfondimento, quelli che mi sono venuti in mente durante la puntata di oggi e che ancora vivono nella mia mente, dato che scrivo a pochi minuti dalla sigla di chiusura.
Deve sapere egregio dottor Bernardini, che le lotte contadine in Sicilia, (quelle nel periodo storico da voi affrontato) si scatenano nel 1892 con il moto dei “Fasci Siciliani”: il movimento operaio più grande d’Europa dopo la Comune di Parigi; ben prima  delle mondine e l’accordo sindacale per le 8 ore del 1909, mirabilissimo ottenimento, ma non certo il primo accordo sindacale d’Italia (o pseudo-tale).
Consideri che in conseguenza dello sciopero dei braccianti del 1893, si costrinsero per la prima volta allo stesso tavolo contadini e padroni, la seduta si risolse in un documento passato alla storia come “I Patti di Corleone”,definito come “Il primo accordo sindacale dell’Italia capitalista”; a dirigere quell’incontro per parte dei braccianti, tale Bernardino Verro, capo del fascio contadino di Corleone e personaggio conosciuto e stimato anche al di fuori dei confini siciliani, tanto che, come Lei stesso potrà costatare, esiste una via intitolata a suo nome a Milano (http://www.tuttocitta.it/percorso/milano-via-bernardino-verro-89_milano-via-bernardino-verro-89). Il movimento dei Fasci Siciliani veniva poi represso nel sangue dal Governo Crispi, degno anticipatore dei metodi che conosciamo come mussoliniani.
Vorrei poi porre l’attenzione sulla questione che vedrebbe il Sud Italia come carente di Leader sindacali di peso nazionale, Di Vittorio a parte: ribadisco ancora il carisma del già citato B.Verro ucciso dalla mafia il 3 novembre del 1915 e rilancio con Placido Rizzotto, sindacalista CGIL, ancora una volta Corleonese, di cui si erano perse le tracce dopo l’omicidio mafioso del 10 marzo 1948 che lo vide vittima. Le sue ossa rinvenute qualche anno fa nella foiba dove fu gettato, sono state seppellite solo nel maggio del 2012, il giorno dei funerali di Stato alla presenza del Presidente Napolitano.
A sostituire Rizzotto alla Camera del Lavoro di Corleone, pensi, allora arrivò il giovane Pio La Torre sul quale mi pare banale dilungarmi, sicuro che una persona della sua cultura non ha certo bisogno di una mia presentazione su un personaggio di tale levatura.
A proposito, in fine, delle stragi di contadini, mi sono rammaricato dell’assenza di cenni alla strage di Portella delle Ginestre, dove per mano del bandito Salvatore Giuliano (mano armata forse dai fascisti, forse dai mafiosi, forse dagli Americani...forse da tutti e tre) venivano trucidate 11 vittime e numerosi feriti (anche lì “cristiani e animali”) il 1 maggio del 1947. Le faccio presente che di quella strage ci sono ancora viventi 3 ottantenni arzilli testimoni: Mario Nicosia, Serafino Petta e Giacomo Schirò, disposti a narrare la vicenda e a cercare giustizia, come fecero il giorno dei funerali di Rizzotto, quando la chiesero direttamente al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che si recò a Portella subito al termine della cerimonia di Corleone (il primo Presidente della Repubblica a recarsi sul luogo di una strage che porta ancora oggi la vergognosa apposizione del segreto di Sato). (https://www.youtube.com/watch?v=TgGA8smhufU)
Le scrivo accoratamente e senza polemiche proprio per la stima che di Lei ho fin da quando la seguo e per la qualità dei programmi da lei condotti.
Come dicevo, non si pretende che nello spazio di una puntata possiate esaurire temi così ampi, o che abbiate avuto modo di indagare su tutte le vicende di lotte contadine nel Paese, d’altra parte anch’io, se non avessi avuto la possibilità di prestare Servizio Civile presso una cooperativa che lavora sui terreni confiscati alla mafia a Corleone, tante delle cose che ho scritto non le avrei forse mai conosciute.
Di converso anch’io grazie a voi oggi ho scoperto tante vicende che accomunano tanta parte d’Italia alla mia amata Sicilia e alla mia amata Corleone, tristemente rinomata per i mafiosi che vi son nati e non per la brava gente che a Corleone è nata, come Verro e Rizzotto e che a Corleone ha operato come Pio La Torre; per brevità non allargo la trattazione alle decine di capipopolo che hanno animato le lotte siciliane per la terra e alle migliaia di contadini che hanno combattuto e sperato nelle rivoluzioni che potevano migliorare la loro condizione di povertà estrema...ecco se la mafia non ce li avesse sterminati tutti ( solo nel secondo dopoguerra oltre 50 dirigenti sindacali uccisi e centinaia di contadini) forse non ci sarebbe venuta a mancare quella classe dirigente, politica e sindacale, che avrebbe dato il giusto impulso alla ripresa del Sud prima e all’Italia intera poi, permettendole di dispiegare le ali del progresso in direzione dei diritti dei lavoratori.
Se le cose fossero andate diversamente forse oggi si parlerebbe di Corleone non  come del luogo in cui è nata la mafia ma come il luogo dove la mafia si è combattuta ancor prima che si organizzasse nella moderna forma in cui la conosciamo oggi, fin dal 1892, fin dai Fasci Siciliani.
La mia preghiera direttore è che il “treno della Storia” da Lei guidato, la prossima volta varchi lo Stretto di Messina, indagando sulle vicende storiche di un pezzo di terra che è pur tuttavia ancora Italia, spesso isolato e non solo “isolano”; non le posso però chiedere di portare il treno a Corleone, dato che qui i binari non ci sono più dagli anni ’50...grazie alla mafia!
Cordiali saluti e grazie per l’attenzione
Davide Paternostro

Nessun commento: