domenica, marzo 26, 2017

Chi era Giuseppe Puntarello?

Giuseppe Puntarello
di DINO PATERNOSTRO
Giuseppe Puntarello lavorava come autista della ditta INT. Da diversi anni ormai conduceva l'autobus che collegava Ventimiglia di Sicilia con Palermo, alternandosi nella guida con un compagno di lavoro, pure lui di Ventimiglia. Quel 4 dicembre 1945 avrebbe dovuto essere di turno il suo collega, che però gli chiese di sostituirlo. Puntarello accettò e all’alba s’incamminò verso l’autorimessa per andare a prelevare l'autobus dall'autorimessa. Un commando mafioso lo costrinse a fermarsi per strada e lo uccise con fredda determinazione, sparandogli contro diversi colpi di lupara. In quei giorni a Ventimiglia si sparse la voce che l'obiettivo vero dei killer non fosse Puntarello, ma il suo compagno di lavoro. Fu il classico depistaggio mafioso per confondere le acque. “La verità – scrivono Alfonso Bugea ed Elio Di Bella, nel libro “Senza Storia” - venne a galla qualche anno dopo. Puntarello era stato ucciso per il suo impegno di dirigente della Camera del Lavoro. Si era trattato, insomma, di uno dei tanti omicidi che in quegli anni la mafia compiva per piegare il movimento contadino in lotta per le terre”.

A capire subito la matrice mafiosa del delitto furono la Cgil e i partiti di sinistra. Già il 5 dicembre 1945 “La Voce della Sicilia” scrisse: “Ieri mattina è stato assassinato a Ventimiglia, in provincia di Palermo, il compagno Giuseppe Puntarello, segretario della locale sezione comunista. Già varie volte la sezione aveva ricevuto minacce dalla maffia del luogo, al soldo del separatismo agrario, di cui anche il sindaco è un esponente. C’è di più: il maresciallo dei carabinieri aveva intimato ai nostri compagni la chiusura della sezione minacciando inoltre il confino ai compagni più in vista. Purtroppo non è la prima volta che i nostri compagni rimangono vittime della reazione agraria. E quel che è peggio, le autorità si sono dimostrate sempre incapaci di colpire con la necessaria energia questi delitti della maffia, questa polizia privata dei nostri signori feudali, di quella classe che mentre tenta di stroncare con tutte le armi, dall’assassinio alla calunnia, i movimenti d’avanguardia, sfratta dalla terra i contadini, nega loro le sementi per rappresaglia all’applicazione dei decreti Gullo, e sottraendo il grano all’ammasso affama nello stesso tempo tutto il popolo (…). Attendiamo intanto i provvedimenti delle autorità: ad esse però ricordiamo che in questi casi non agire con la massima sollecitudine, oltre che con la necessaria energia, equivale a non volere agire”.
E, in effetti, le autorità non vollero agire. Non fu fatta nessuna seria indagine, nonostante la volontà di collaborare con gli inquirenti manifestata dagli operai della Federazione Regionale Lavoratori Autotrasporti dell’I.N.T., compagni di Giuseppe Puntarello. “I lavoratori dell’I.N.T. - scrive ancora La Voce della Sicilia del 15 dicembre 1945 - sentendo come un proprio lutto il lutto della famiglia Puntarello…, si mettono a disposizione delle autorità con le quali collaboreranno nella ricerca dei colpevoli, perché vogliono che le indagini siano condotte a fondo e non si fermino agli autori materiali dell’assassinio, ma colpiscano inesorabilmente tutte quelle forze oscure che con le vili armi della delinquenza comune e della mafia, a cui si affianca e di cui si serve la reazione isolana per perpetuare i privilegi feudali della classe più retriva del nostro paese, gli agrari, s’illude di poter stroncare il movimento operaio”. 
Quando venne assassinato Giuseppe Puntarello aveva 53 anni. Infatti, era nato a Comitini il 14 agosto del 1892, da Carmelo e da Alfonsa Alaimo. Lasciò la moglie Vincenza Samperi di 48 anni e 5 figli: Carmelo, Alfonsina, Giuseppe, Matteo e Vincenzo. Il figlio più piccolo aveva 10 anni, la moglie rimase senza pensione perché allora non c'era la legge sulla reversibilità. I piccoli furono aiutati dai nonni, mentre Matteo, che era sordomuto, venne portato in collegio. Il figlio Giuseppe venne assunto dall’I.N.T. al posto del padre, ma dopo pochi mesi venne licenziato.

Da Comitini Giuseppe Puntarello si era stabilito nel 1932 a Ventimiglia di Sicilia, dove aveva trovato lavoro e una casa in via Garibaldi. Nel 1939 dovette emigrare ad Asmara, in Eritrea, tornò due anni dopo. Nell'immediato dopoguerra, aderì al Partito comunista e fondò la Camera del lavoro. Si distinse per il coraggioso impegno in difesa del movimento contadino di Ventimiglia, in lotta per la terra e per l’applicazione dei decreti Gullo. “Mio nonno – dice Giuseppe Rizzo, figlio di Alfonsina – non si volle mai iscrivere al partito fascista. Dopo la guerra, si adoperò con altri per animare la vita sociale e politica di Ventimiglia, schierandosi con i braccianti e i contadini poveri, che sognavano un futuro migliore. Per anni a casa mia non si è mai potuto parlare del suo assassinio, perché mia nonna e mia madre chiudevano subito il discorso, convincendosi che era stato ammazzato per sbaglio. Un modo per esorcizzare la paura, per non fare i conti con la realtà. Sono contento che oggi la Cgil ricordi mio nonno come dirigente politico e sindacale, ridandogli il posto che merita nella storia”.
Dino Paternostro

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