lunedì, gennaio 06, 2020

Palermo, 6 gennaio 1980: due killer uccidono il presidente della Regione Piersanti Mattarella


Il delitto Mattarella (Ph. Letizia Battaglia)
Alle ore 12.50 del 6 gennaio 1980, l'On. Piersanti MATTARELLA, Presidente della Regione, veniva ucciso con alcuni colpi di arma da fuoco corta mentre - in compagnia della moglie, della madre e dei due figli - stava per uscire da un garage vicino alla sua abitazione, in questa via Libertà, alla guida della sua autovettura, per recarsi ad assistere alla celebrazione della Messa nella chiesa di S. Francesco di Paola. Sul posto interveniva subito il P.M., mentre la Squadra Mobile e il Reparto Operativo CC eseguivano immediatamente numerose perquisizioni ed effettuavano posti di blocco, peraltro senza esito.

L'Ufficio di Procura iniziava quindi, fin dai giorni immediatamente successivi al delitto, indagini a vasto raggio, assumendo in esame i familiari ed i più stretti collaboratori dell'uomo politico assassinato.
Altre indagini venivano, nel frattempo, espletate dalla Squadra Mobile, dai Carabinieri e dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria; veniva acquisita documentazione relativa ad alcune delle pratiche più importanti trattate dall'On. MATTARELLA e venivano, altresì, disposte perizie balistiche comparative tra i proiettili rinvenuti in occasione del delitto ed altri, sequestrati - in precedenza - in relazione ad taluni omicidi commessi in questa città ed in provincia.
Le risultanze di queste investigazioni venivano riferite dalla P.G. con rapporti dell'8 e 10 febbraio, del 14 e del 26 marzo e - da ultimo - del 23 dicembre 1980, con i quali, pur esprimendo il convincimento che l'On. MATTARELLA fosse stato ucciso per bloccare la sua azione di rinnovamento e moralizzazione della vita pubblica, si formulava la conclusione che non era stato possibile identificare né gli autori materiali né i mandanti del gravissimo delitto.
In data 24 dicembre 1980, gli atti venivano quindi trasmessi al Giudice Istruttore per la formale istruzione contro ignoti.
Durante tale fase venivano, dapprima, continuate ed ampliate le indagini già iniziate dalla Procura della Repubblica, senza che peraltro emergessero elementi utili per la identificazione dei colpevoli.
Migliori risultati non sortivano neanche dalle investigazioni compiute dall'Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa e dal SISDE, secondo quanto riferito con nota del 7.12.1982 (Vol. VII, Fot. 616679).
In data 13 dicembre 1982, il Giudice Istruttore del Tribunale di Roma trasmetteva copia delle dichiarazioni rese, il 28 ottobre di quell'anno, da FIORAVANTI Cristiano, il quale, escusso in qualità di testimone da quell'Autorità Giudiziaria, aveva riferito che lui e suo padre, nell'osservare gli identikit degli autori dell'omicidio dell'On. MATTARELLA, pubblicati dagli organi di stampa, avevano notato una notevolissima somiglianza con le fisionomie del di lui fratello VALERIO (già condannato all'ergastolo quale autore di gravissimi delitti e leader riconosciuto del movimento terrorista di estrema destra, Nuclei Armati Rivoluzionari) e di Gilberto CAVALLINI, esponente dello stesso movimento eversivo.
A seguito di queste e di altre dichiarazioni di FIORAVANTI Cristiano, l'istruttoria veniva quindi indirizzata, oltre che nei confronti di numerosi esponenti delle cosche mafiose della Sicilia Occidentale, anche nei confronti di alcuni appartenenti ai movimenti eversivi di estrema destra.
In tale quadro ed al fine del compimento degli atti istruttori (interrogatori, confronti, perizie balistiche), venivano considerati indiziati di reato:
FICI Giovanni, RACCUGLIA Cosimo, MARCHESE Antonio, SINAGRA Vincenzo, SINAGRA Antonino, ROTOLO Salvatore, DI MAIO Vincenzo, GIAMBRONE Vito, FIORAVANTI Valerio, FIORAVANTI Cristiano, MAMBRO Francesca, BELSITO Pasquale, TRINCANATO Fiorenzo, MANFRIN Angelo, SODERINI Stefano, CAVALLINI Gilberto, AMICO Rosaria e DE FRANCISCI Gabriele.
Intanto, a seguito delle dichiarazioni rese al Giudice Istruttore nel corso di altro procedimento penale (maxi-uno) - al quale il presente veniva poi riunito - dai noti BUSCETTA Tommaso e CONTORNO Salvatore, in data 24.10.1984 veniva promossa azione penale, anche in relazione all'omicidio in pregiudizio dell'On. MATTARELLA, contro:
CALO' Giuseppe, GRECO Michele, RIINA Salvatore, PROVENZANO Bernardo, SCAGLIONE Salvatore, MADONIA Francesco, GERACI Antonino (n. 1917), GRECO Leonardo, MOTISI Ignazio, DI CARLO Andrea, GRECO Giuseppe fu Nicola, SCADUTO Giovanni e BRUSCA Bernardo.
Nei confronti di tutti costoro veniva emesso mandato di cattura.
Il RIINA, il PROVENZANO, lo SCAGLIONE, il GRECO Giuseppe e DI CARLO Andrea restavano latitanti, mentre tutti gli altri imputati respingevano ogni accusa, protestandosi innocenti dei reati loro contestati come esponenti di primo piano nell'ambito di "Cosa Nostra" e, più particolarmente, quali componenti "pro tempore" della "Commissione provinciale" di tale associazione.
Nel corso della ulteriore attività istruttoria, le indagini si svolgevano quindi in una duplice direzione:
- da un lato, veniva sempre meglio precisato, mediante l'escussione di numerosi testimoni e l'acquisizione di altra documentazione, il quadro complessivo in cui si era svolta l'attività politica ed amministrativa del Presidente MATTARELLA;
- da un altro, venivano approfondite, mediante intercettazioni telefoniche, indagini bancarie e patrimoniali, perizie tecniche - e in particolare - balistiche, e, soprattutto, mediante le dichiarazioni di altri imputati che avevano deciso di collaborare con l'Autorità Giudiziaria (CALDERONE Antonino, MARSALA Vincenzo, MARINO MANNOIA Francesco), il  ruolo della "Commissione" e dei singoli imputati nell'ambito di "Cosa Nostra".
- sotto un ultimo profilo, infine, venivano svolte approfondite indagini su FIORAVANTI Valerio e CAVALLINI Gilberto, soprattutto dopo che FIORAVANTI Cristiano aveva dichiarato che il fratello gli aveva confidato di essere stato, insieme al CAVALLINI, l'autore materiale dell'omicidio del Presidente della Regione Siciliana.
In tale contesto, venivano interrogati numerosi esponenti dei movimenti eversivi di destra e venivano acquisiti - ex art. 165 bis c.p.p. abrogato - numerosi atti dai procedimenti penali instaurati contro di loro in varie parti d'Italia.
In relazione a tali ulteriori acquisizioni, dopo che il FIORAVANTI Valerio e il CAVALLINI erano stati sottoposti a ricognizione personale da parte della Signora Irma CHIAZZESE, vedova del Presidente MATTARELLA, nonché di altri testimoni oculari del delitto, e ricevuta anche una relazione dell'Alto Commissario per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa (basata su atti istruttori di questo e di altri processi pendenti o definiti presso altre A.G.), nei confronti del FIORAVANTI e del CAVALLINI veniva emesso, in data 19.10.1989, il mandato di cattura n. 393/89.
Qualche settimana, inoltre, veniva iniziata azione penale per calunnia continuata nei confronti di PELLEGRITI Giuseppe ed IZZO Angelo, cui il reato veniva contestato con mandato di cattura, in relazione alle dichiarazioni di cui si dirà più diffusamente in appresso.
Questi ultimi si protestavano innocenti del reato loro contestato; ugualmente, respingeva ogni accusa NISTRI Roberto, imputato - con mandato di comparizione - del reato di falsa testimonianza, in relazione alle dichiarazioni rese al G.I. il 14 maggio 1986.
Quindi, con l'entrata in vigore del vigente c.p.p. (24.10.1989), gli atti dell'omicidio MATTARELLA venivano separati dall'istruttoria comprendente anche altri delitti di "Cosa Nostra" (proc. pen. n. 1817/85 R.G.U.I.) ed assegnati esclusivamente a questo G.I.
Infine, dopo l'escussione di numerosi altri testi, anche in ordine ai rapporti tra alcuni degli imputati ed indiziati e i Servizi segreti, gli atti, previa nuova riunione Con quelli relativi agli omicidi REINA e LA'TORRE-DI SALVO, venivano trasmessi al P.M. per le richieste definitive, in relazione: al termine imposto per la definizione dei processi istruiti con il rito formale dall'art. 258, Dec. Legisl. 28 luglio 1989 n. 271. Durante la fase del deposito ex art. 372 c.p.p. abrogato, si costituiva frattanto Andrea DI CARLO (latitante per altra causa), che non veniva interrogato in quanto da prosciogliere per non avere commesso il fatto in ordine a tutte le imputazioni.

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