lunedì, giugno 26, 2017

Il mercato delle fake news: ecco quanto costa influenzare le elezioni

MATTEO SCIRE'
Per influenzare le elezioni servono 400 mila dollari, mentre per screditare un giornalista ne bastano solo 55 mila. Sono questi i risultati di uno studio condotto dagli esperti di Trend Micro.
Esiste un vero e proprio mercato delle fake news con tanto di tariffe per commissionare a siti specializzati una notizia falsa o una campagna di disinformazione sul web. Gli importi cambiano in base alla finalità, alla durata e alla mole di lavoro da svolgere per raggiungere l’obiettivo. I servizi offerti sono molteplici e riguardano la creazione e la vendita di contenuti, account, like, commenti, condivisioni e visualizzazioni. Così per influenzare le elezioni servono 400.000 dollari, mentre per screditare un giornalista ne bastano solo 55.000.

Sono queste le risultanze di uno studio condotto dagli esperti di Trend Micro, società specializzata in sicurezza informatica, dal titolo “The fake news machine: how propagandists abuse the Internet and manipulate the public”. La ricerca ha preso in esame i mercati cinese, russo, mediorientale e inglese.
Dai risultati ottenuti emerge un quadro molto preoccupante per la facilità con cui è possibile fare ricorso a questo tipo di servizi. La cyberpropaganda è diventata una delle principali attività online per manipolare l’opinione pubblica su un fatto o su una persona. A differenza dei media tradizionali il web, e soprattutto i social nerwork, rendono molto semplice e poco rischiosa la diffusione di notizie false. Basta collegarsi ad internet, fare una ricerca nei vari circuiti più o meno oscuri della rete e acquistare uno dei servizi offerti dalla miriade di realtà che della disinformazione ne hanno fatto un business estremamente lucroso. Inoltre, l’utilizzo di servizi, strumenti e circuiti tipici del web sotterraneo garantisce l’anonimato, sia di chi li vende, sia di chi li commissiona.
Tali campagne fanno leva sull’ingenuità degli utenti che, abilmente ingannati, diventano spesso essi stessi portatori sani di fake news. Si tratta di un processo articolato che va dalla definizione degli obiettivi all’individuazione del pubblico di riferimento, dalla scelta degli argomenti alla costruzione delle notizie false, dalla selezione dei canali alle strategie migliori per diffondere i contenuti. Lo sanno bene gli esperti della East StratCom, la task force europea che all’inizio dell’anno ha scoperto l’esistenza di una troll factory a San Pietroburgo. Un enorme edificio in cui centinaia di professionisti fabbricano giornalmente bufale da liberare nel web, con l’obiettivo di influenzare la vita pubblica degli altri Paesi a vantaggio degli interessi sovietici. Per non parlare dell’inchiesta dell’Fbi sull’ingerenza della Russia nell’ultima campagna elettorale americana a favore dell’elezione di Donald Trump.
Sono, infatti, le elezioni o comunque gli appuntamenti elettorali, come i referendum, uno dei bersagli privilegiati dalla cyberpropaganda. In questo caso le opzioni da scegliere sono numerose. Ad esempio, mettere in piedi un sito di notizie verticale, ovvero calibrato su uno specifico target geografico o tematico, può costare 3.000 dollari. L’aggiornamento costante e la moderazione di commenti costa 5.000 dollari al mese. Per la promozione dello stesso sui social media e su piattaforme come YouTube bisogna aggiungere altri 3.000. Mentre per rendere ancora più efficace l’opera di distorsione possono essere acquistati like, condivisioni e commenti.
“Una campagna di 12 mesi con un budget di 400.000 dollari – spiegano i ricercatori – è in grado di attrarre una moltitudine di persone la cui percezione e credenza sono allineati con l’agenda dei temi della campagna. Il fattore determinante del loro successo è, comunque, il tempismo o la velocità con la quale il contenuto falso può essere diffuso prima che la decisione venga presa”.
Nel mirino possono finire anche i giornalisti, soprattutto quelli scomodi che con la loro attività danno fastidio. La macchina delle fake news propone una soluzione anche in questi casi. Al costo di 2.700 dollari a settimana è possibile acquistare 50.000 retweet o like e 100.000 visite di notizie false sfavorevoli alla sua immagine. Un’altra cartuccia da poter sparare è la realizzazione di video dello stesso tenore da diffondere su YouTube al costo di 2.500 dollari.
La strategia può farsi ancora più sottile con l’acquisto di un pacchetto di 500 commenti, 400 dei quali positivi rispetto alla linea perseguita, 80 neutrali e 20 negativi. Una volta rafforzata la credibilità della campagna il colpo di grazia può essere dato con l’acquisto di 200.000 bot follower, ovvero account falsi gestiti mediante programmi chiamati bot in grado di esprimere like, di commentare e condividere post, ovviamente sempre a danno della vittima. A questo punto condizionare il sentiment degli utenti in relazione ad un argomento oggetto dell’attività del giornalista o alla sua reputazione è davvero un gioco da ragazzi.

 L'Unità, 25 giugno 2017

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