La sede dell'Asp di Palermo di via G. Cusmano |
di SALVO PALAZZOLO
L’inchiesta sugli appalti nella sanità che ha portato in carcere l’ex manager Damiani, confessa il presidente della Pef società nissena leader nel settore delle pulizie. Ma resta ai domiciliari, per i pm non ha detto tutto quello che sa
Dopo Salvatore Manganaro, parla anche un altro imprenditore finito nel blitz della Procura di Palermo e della Guardia di finanza sugli appalti nella sanità siciliana. È Salvatore Navarra, della Pfe spa (società nissena leader nel settore delle pulizie), pure lui finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione, per aver promesso una mazzetta all’ex funzionario dell’Asp 6 Fabio Damiani, tramite il faccendiere Manganaro. Navarra confessa, ma scarica tutto sul manager e sul suo tramite: « Ritenevo di dovere coltivare un rapporto di conoscenza e frequentazione con Manganaro per evitare che la Pef subisse danni». Fa capire insomma che le cose andavano così per l’aggiudicazione dei grandi appalti della sanità siciliana. «Manganaro non ha mai prospettato direttamente di potermi danneggiare – ha aggiunto Navarra il 24 luglio, davanti ai pm Giovanni Antoci e Giacomo Brandini – sono io che ho immaginato di potere subire un danno se non avessi coltivato il rapporto con Manganaro » . L’imprenditore fa capire di essere stato quasi obbligato al pagamento della tangente, ma la sua versione non convince il pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis, che ha espresso parere negativo alla revoca dei domiciliari.
Lui, però, insiste nella sua versione. « Manganaro lo conoscevo dal 2017,
nello sviluppo del rapporto fu lui a fare cenno alla gara per l’appalto del
servizio di pulizia per le strutture sanitarie della Sicilia; fu ancora
Manganaro che, dopo allusioni di vario genere, mostrando di essere a conoscenza
di dettagli specifici della gara, giunse a prospettarmi la possibilità di
potermi aiutare, grazie ai suoi rapporti con Damiani».
Nel settembre di due anni fa, Manganaro convocò l’imprenditore per un
incontro a Milano. «Doveva esserci pure Damiani. Ma poi non se ne fece
nulla » . Un mese dopo, Manganaro andò a trovare Navarra a Caltanissetta:
«Arrivò all’incontro molto nervoso - ricorda l’imprenditore - era portavoce di
una incazzatura di Damiani, in quanto, secondo lui, stavo facendo perdere
tempo. Disse che la gara era importante e che molte altre ditte erano
interessate. Disse che avrei dovuto fare una proposta economica se non
volevo perdere la gara » . Manganaro gli offrì una pen drive, con i progetti
presentati dalle altre ditte. « Mi disse che aspettava una risposta in ordine a
una proposta di tipo economico, altrimenti non avrei potuto vincere la gara.
Così assunsi l’impegno». Ma ecco il colpo di scena: « Nei giorni a seguire,
l’impegno assunto mi tormentava dice Navarra - per cui, per non tradire l’etica
aziendale che ho sempre perseguito, decisi di recedere dall’accordo raggiunto
con Manganaro » . Tramite un suo dipendente fece sapere che non voleva la pen
drive: « In tal odo mandai a dire che non ero più d’accordo sull’impegno preso.
Manganaro non prese bene il rifiuto. Disse al mio dipendente: " Peggio per
lui" » . Ma poi Navarra ci ripensò un’altra volta. «Corrosso dalla
preoccupazione per la gara - aggiunge - proposi a Manganaro una somma da 500
mila a un milione. Inizialmente, disse che andavano bene 750 mila euro. Poi, in
un secondo incontro a Caltanissetta, disse che sarebbe stato necessario
corrispondere un milione » . La Pef arrivò prima nella graduatoria
dell’appalto.
La Repubblica Palermo, 9 settembre 2020
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