mercoledì, luglio 06, 2022

Palermo, due imprenditori denunciano i boss del pizzo. Colpo a Cosa nostra, 18 arresti. Durante il lockdown affari d’oro con la droga


di Salvo Palazzolo

Palermo, i boss arrestati sfilano davanti al murale con i volti delle vittime della mafia

Giovedì scorso un omicidio nel cuore della città, Incontrera ritenuto fra gli elementi di vertice del clan. La procura ha disposto un provvedimento d’urgenza per bloccare alcuni mafiosi del clan Porta Nuova tornati in libertà dopo avere scontato il loro debito con la giustizia. Fra gli arrestati, anche il figlio della vittima. I carabinieri hanno scoperto che il clan gestiva lo spaccio attraverso un vasto giro di consegne a domicilio

Tommaso Lo Presti detto il “Lungo” dettava la linea a Porta Nuova. Mafioso della vecchia guardia, lui. Sempre pronto a riprendere i giovani boss che riteneva poco incisivi con imprenditori e commercianti: chi non paga il pizzo va punito, questa la lezione del “Lungo”. E Giuseppe Incontrera, ucciso giovedì scorso, era un suo fedelissimo, anche lui al vertice del clan. Ma a Palermo non corrono più i ruggenti anni Ottanta, per fortuna. E due imprenditori hanno denunciato i padrini che volevano riorganizzare uno dei clan più antichi della città. Il coraggio di questi operatori economici, che hanno detto no alle richieste estorsive, ha segnato una svolta importante nell’ultima indagine dei carabinieri del nucleo Investigativo coordinata dalla direzione distrettuale antimafia.

Questa notte, in 18 sono stati fermati, come disposto dal procuratore aggiunto Paolo Guido, il coordinatore della Dda, e dai sostituti Giovanni Antoci, Gaspare Spedale e Luisa Bettiol: un provvedimento urgente che arriva a cinque giorni dal delitto commesso nel cuore di Porta Nuova. L’assassino di Incontrera si è costituito ieri mattina, ma in questa storia restano ancora molti punti oscuri.

Adesso, vengono arrestati il figlio di Incontrera, Salvatore, e pure il suocero, Giuseppe Di Giovanni, segno di un particolare attivismo della famiglia: nel 2015, Di Giovanni era finito sotto accusa perché ritenuto elemento di vertice del clan di Porta Nuova, ma all'epoca venne assolto. Tornato sul territorio, è diventato punto di riferimento per diversi affari criminali, in virtù di un’altra parentela illustre: è fratello di due mafiosi di rango, Gregorio e Tommaso, in tempi diversi reggenti del mandamento. Giuseppe Incontrera sarebbe stato invece il cassiere del clan.

La dynasty mafiosa

Negli ultimi anni, Porta Nuova è stato uno dei clan più colpiti dalle indagini dei carabinieri del comando provinciale oggi diretto dal generale Giuseppe De Liso. Un blitz dietro l’altro che ha svelato una vera e propria dynasty mafiosa: da Tommaso Lo Presti a suo fratello Gaetano, morto suicida in carcere nel 2008 poche ore dopo l’arresto; leggendo l’ordinanza di custodia cautelare si era reso conto di avere inguaiato mezza Cosa nostra con le sue parole intercettate. Poi, a Porta Nuova, sono arrivati i fratelli Di Giovanni, parenti dei Lo Presti. Una tradizione mafiosa fondata sempre sulle estorsioni, il traffico di droga e le scommesse on line. Tornato in libertà il “Lungo”, si è ripreso lo scettro del comando.

Durante il lockdown, i boss di Porta Nuova hanno fatto affari soprattutto con il traffico e lo spaccio di stupefacenti, le uniche attività criminali che non si sono fermate. Il clan ha organizzato un call center della droga, attivo 24 ore su 24, e una rete di corrieri per le consegne a domicilio di tutti i tipi di droghe, dall’hashish alla cocaina al crack. E’ stato il boom del delivery anche nel crimine. Le coperture non mancavano: facevano finta di consegnare pizze, in realtà gestivano tutt’altra merce. E, intanto, i carabinieri intercettavano e filmavano ogni passaggio.

I mafiosi di Palermo non si rassegnano ad arresti e processi, e provano sempre a riorganizzarsi: nel 2018, avevano anche cercato di ricostituire la commissione provinciale, la Cupola, organismo di vertice dei mandamenti che operano in città, ma il blitz Cupola 2.0 bloccò tutto. In questi ultimi mesi, i padrini hanno provato a riorganizzare singoli clan, attorno ad affari criminali e reinvestimenti nell’economia legale, che hanno soprattutto lo scopo di alimentare la cassa assistenza di Cosa nostra per le tante famiglie di detenuti.

Gli arrestati

In manette sono finiti: Giuseppe Di Giovanni, Tommaso Lo Presti, Giuseppe Auteri, Calogero Lo Presti, Giuseppe Giunta, Domenico Lo Iacono, Salvatore Di Giovanni, Antonino Ventimiglia, Roberto Verdone, Nicolò Di Michele, Salvatore Incontrera, Antonio e Giorgio Stassi, Andrea Damiano, Gioacchino Pispicia, Antonino Bologna, Gioacchino Fardella e Leonardo Marino.

La Repubblica Palermo, 6/7/2022

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