domenica, maggio 01, 2022

L’intervento integrale di Mario Ridulfo, segretario generale della Cgil Palermo, al comizio del Primo Maggio 2022 – Portella della Ginestra

L’intervento di Mario Ridulfo

MARIO RIDULFO

Compagne e compagni,

amici che avete condiviso l’appello di oggi

per il Lavoro e per la Pace, W il Primo Maggio! Tutti noi sognavamo finalmente un ritorno a una “normalità” stravolta negli ultimi due anni dalla Pandemia che ha provocato nel mondo oltre 6 mln di morti e 500 mln di casi (di cui 210 mln in Europa e 15 mln in Italia) e invece anche questo Primo Maggio è segnato ancora dalla preoccupazione di un altro virus, vecchio quanto l’uomo e ancora più pericoloso, un virus che si aggira per l’Europa, quello della follia della guerra.

Come lo tsunami della pandemia è entrato fin dentro le nostre case, dentro le nostre vite, stravolgendole e in tanti casi spezzandole, così gli orrori della guerra in Ucraina, più di tante altre guerre combattute in altre parti del mondo, rischiano di trasformarci tutti in potenziali vittime di un olocausto nucleare.

La pandemia ha evidenziato i nostri limiti e la nostra fragilità, le guerre evidenziano i limiti della ragione umana, ma tutt’e due ci dicono allo stesso modo che la prima causa delle sofferenze umane è l’uomo stesso, soprattutto quando l’indifferenza, “il peso morto della storia”, prende il posto dell’impegno e della resistenza, della resistenza umana alla illogicità della guerra.

La guerra è il “cainismo” di cui parla Papa Francesco, questo comportamento fratricida che è diventata una ideologia, attraverso un lungo e spesso inconsapevole processo di “civilizzazione”, di accettazione della violenza e della morte.

La guerra è sempre politica ed è ancora più inaccettabile quando “la politica della guerra” lascia il posto alla “politica della ragione” e a prevalere sono gli interessi economici di pochi sugli interessi di molti.

Ma il tema della guerra non è solo una questione economica: il gas, il petrolio, la transizione, la borsa, le sanzioni economiche, etc... la guerra è il disastro sociale, è l’involuzione sociale che parte dalla politica e dagli equilibri internazionali e finisce sulle tavole delle persone: cibo, acqua, perdita del potere di acquisto dei salari, disoccupazione, disagio sociale ed esistenziale, soprattutto dei più giovani, che segnati già dalla pandemia, saranno segnati anche dalla perdita di fiducia nel prossimo e nel futuro.

Nella guerra, però come nella pandemia il “distanziamento sociale” è un lusso per pochi, nelle guerre, mentre classi sociali più ricche, brandiscono la retorica interventista, si rifugiano, dalle bombe, dalla fame, lasciando agli altri, ai più indifesi il compito di combattere e morire, come per tanti bambini, vittime innocenti.

Per questo, da qui, da Portella della Ginestra, da questo luogo a noi tutti “sacro”, la nostra solidarietà va alle lavoratrici, ai lavoratori, ai giovani e agli anziani ucraini e a quanti resistono e soffrono a causa della invasione e della violenza della guerra, ed anche a quanti lavoratrici e lavoratori anche russi (come tanti italiani nella Seconda guerra mondiale) sono costretti adesso a combattere una guerra di aggressione senza senso.

La nostra incondizionata solidarietà “senza né e senza ma” va a tutto il popolo ucraino, come al popolo palestinese, al popolo curdo e a tutti i popoli di ogni parte della terra, la cui terra è stata invasa e che lottando, resistono per la propria libertà e per costruire il proprio futuro.

L’invasione di una nazione libera, da parte della Russia è un crimine di fronte agli uomini e un crimine di fronte alla storia, come è un crimine alimentare l’odio e la violenza sempre.

Difendere la ragione della non violenza, significa allo stesso modo e sempre, difendere e riconoscere il supremo diritto alla legittima resistenza, anche armata, dei popoli vittime di una violenta aggressione o della xenofobia o della pulizia etnica, nel nome di una presunta superiorità di razza o della appartenenza di sangue.

Difendere la resistenza e il diritto ad esistere di questi popoli non significa però alimentare le guerre con nuove e più potenti armi di distruzione di massa. Il vero embargo andrebbe fatta all’industria della guerra!

Dobbiamo, invece tutti, lavorare per la pace, lavorare, affinché, i governi si impegnino attraverso la diplomazia che è l’unica vera arma di combattimento.

Per questo è necessario che la iniziativa di pace del nostro paese, del nostro governo, dell’Italia e della Unione Europea, deve essere libera e indipendente dagli interessi militari di una alleanza, che non può né sostituire, né può, né deve dettare la nostra politica estera.

Abbiamo bisogno di una politica estera che sia a difesa degli interessi dei popoli europei, per difendere una giusta pace, non difendere una giusta guerra.

Non esistono guerre giuste, né le guerre si possono fare per “procura”, per “corrispondenza”, come non esistono le bombe intelligenti, né esiste certezza di vittoria se la guerra, questa guerra nel cuore dell’Europa, diventa mondiale. Se qualcuno pensa che l’Ucraina è lontana bisogna dire che l’ucraina è in linea d’area a soli 2000 km da qui! Dalla Sicilia, dalla base Nato di Sigonella!

Per noi adesso esistono solo domande ai nostri governanti:

- Quanto tempo ancora deve passare per impegnarvi in una azione diplomatica che porti ad un cessate il fuoco?

- Quante morti ancora ci vogliono sul tavolo della pace?

- Quanta sofferenza ancora per stabilire una volta per tutte che le frontiere per i popoli, per le persone, non sono quelle delle cartine geografiche, ma sono quelle inesplorate dell’animo umano, della scienza, del cosmo, della medicina,

della natura che ci circonda!

L’unico vero diritto internazionale è il diritto alla vita, il diritto ad avere diritti: alla salute, alla sicurezza, alla infanzia, alla bellezza.

Questo diritto alla pace, contro il “dovere” della guerra è oggi sacrificato in nome del profitto che sta dietro le motivazioni vere della guerra, di tutte le guerre.

Contro le ragioni della guerra, perché la guerra non ha ragione, le lavoratrici e i lavoratori sostengono le ragioni della Pace, come 40 anni e come poche settimane fa a Comiso, nel nome del compagno Pio La Torre.

Costruiamo la Pace con le armi della ragione, ma anche con una libera e corretta informazione contro quanti si stanno arricchendo con la guerra.

La pandemia prima, la guerra adesso, sono uno e l’altro, la faccia della stessa moneta: sono il risultato dello sfruttamento dell’ambiente e della corsa all’accaparramento delle materie prime, necessarie a un modello di sviluppo, che sia in occidente che in oriente, sia al nord che al sud del mondo ha determinato e determina sia le nuove forme di produzione, sia le nuove forme di consumo sfrenato.

Questo modello di economia, di capitalismo privato e di capitalismo di stato, produce e consuma aria, acqua, terra e pure le persone.

Un capitalismo privato e un capitalismo di stato che “fotte chiagne!” e mentre lo fa, allarga la “forbice della ingiustizia” tra le persone, tra le classi sociali, tra i popoli e di conseguenza tra le nazioni.

Compagne e compagni,

per questo è importante sostenere la pace, per sostenere una nuova giustizia sociale! un riequilibrio sociale, una redistribuzione, sia della ricchezza prodotta (dal lavoro), sia del lavoro stesso.

Mentre il mondo guarda alla guerra, tocca ancora una volta alle persone che per vivere lavorano, alle lavoratrici e ai lavoratori, sostenere una forte iniziativa, una forte mobilitazione per la Pace e per il Lavoro e per questo oggi il sindacato nazionale

unitario ha scelto, emblematicamente Assisi, la città della Pace, di San Francesco, come luogo dove celebrare il Primo Maggio.

Solo con questo impegno, quello dei lavoratori, sarà possibile applicare e rendere reale il principio costituzionale Repubblicano che definisce l’Italia democratica e fondata sul lavoro.

È il lavoro delle persone a garantire la salute delle persone, il funzionamento dell’industria, dei servizi, della sicurezza, della filiera alimentare; quindi, non può essere il lavoro precario a garantire una salute e una esistenza precaria.

È il lavoro delle persone, quello delle donne e degli uomini che dà valore all’Italia, sono le persone e non il “capitale umano”, perché i lavoratori non sono una merce, non sono delle cose che si possono scambiare, vendere o comprare; e siccome noi pensiamo che il lavoro non è una merce, non può essere la ricerca del profitto ad ogni costo a determinare la vita stessa delle persone che lavorano.

Nel 2021 appena trascorso ci sono state 1.221 morti sul lavoro! Omicidi sul lavoro! una vittima ogni otto ore! una strage che continua inarrestabile anche quest’anno. Per questo chiediamo controlli, prevenzione, formazione e sanzioni alla Stato, alla Regione, ma anche la necessità di qualificare l’impresa. Se questo fino adesso non si è fatto o non si è fatto abbastanza, c’è una ragione:

Questo è uno schema che mette in conto i morti e i feriti, c’è una volontà: è il mercato che mette nel conto questi numeri e li considera, un prezzo sufficiente da pagare, vittime collaterali; è lo stesso sistema di sfruttamento che determina anche i tempi e la qualità di vita e di lavoro delle persone giudicandole, quando gli

conviene, ora troppo vecchie per lavorare, ora troppo giovani per la pensione.

Esiste, un punto oltre il quale, il lavoro diventa sfruttamento e lo sfruttamento produce nuovi schiavi, nelle campagne, nelle strade, nelle aziende.

Tutto questo è inaccettabile!

Come inaccettabile è stato, per tanti lavoratori, alcuni coinvolti in vertenze senza fine, anche decennali, o come proprio in questi giorni, ad esempio, per una vertenza che coinvolge oltre 500 lavoratori ex Almaviva e che in questi giorni stanno conducendo una battaglia, non solo per il loro lavoro, per la loro dignità e per le loro famiglie, ma anche per difendere l’idea stessa di lavoro produttivo a Palermo, in questa terra. Solidarietà a quanti non possono vivere il Primo Maggio, come la festa dei lavoratori e per quanti anche oggi non hanno lavoro.

È inaccettabile anche l’incapacità della politica e del governo a trovare soluzioni nonostante il coinvolgimento, almeno in parte di imprese “private con i soldi dello Stato”, che eludano accordi, clausole sociali e leggi che lo stesso Stato ha previsto.

La lotta di questi lavoratori, come tanti altri, è la lotta di noi tutti, è la lotta di tutti i lavoratori coinvolti nel sistema degli appalti, soggetti ad un continuo ricatto, che finisce volutamente per indebolire e impoverire le persone. In una situazione tra il conflitto in Ucraina e la coda della pandemia si sta producendo una speculazione e un incremento dei prezzi che pesa tutta sui lavoratori e pensionati che sono poi i consumatori finali.

Per questo, adesso, servono più risorse, più risorse per le emergenze sociali per i bisogni delle persone e delle famiglie e non più risorse per le spese militari, per alimentare le guerre!

Serve, come chiediamo da tempo, ad esempio, detassare gli aumenti salariali, definiti dai contratti nazionali e allo stesso tempo, serve un nuovo calcolo dell’inflazione reale, perché quello depurato dai prezzi energetici ci consegna di fatto una diminuzione programmata del potere di acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni.

Come servono, allo stesso tempo, politiche industriali, soprattutto qui al Sud, per la Sicilia, politiche industriali e iniziative coordinate e mirate alla crescita, allo sviluppo del territorio e alla sua trasformazione energetica.

Perché tutto questo venga fatto, occorre, che il sindacato, i lavoratori, possano esercitare il “controllo sociale” su come e quando si spendono le risorse pubbliche e quelle aggiuntive del PNRR, anche perché va evitato, che queste ultime alimentino ancora una volta, non la crescita e lo sviluppo nella legalità, ma solo la crescita della corruzione e delle mafie.

Il controllo sociale e la partecipazione che rivendichiamo, devono consentire di sfruttare l’occasione e non di essere sfruttati dall’occasione, sapendo che nel frattempo il quadro internazionale è cambiato col rischio che le priorità adesso diventino il riarmo e la corsa alla speculazione.

Compagne e compagni,

Dobbiamo stare uniti! Perché solo uniti siamo più forti, contro quanti sono sempre pronti a cogliere l’occasione per arricchirsi sulle spalle dei lavoratori e sono sempre pronti a sacrificare, a delocalizzare, fino a serrare i luoghi di lavoro, per creare altrove le nuove fabbriche della precarietà e della ingiustizia, mettendo lavoratori contro lavoratori.

Lo diciamo forte e chiaro! a certa politica e a certa impresa:

- Noi non accettiamo una esclusione della rappresentanza sociale!

- Noi contrasteremo il vostro tentativo di chiuderci dentro un recinto corporativo e solo vertenziale!

- Noi non siamo i vostri delegati, noi non vogliamo gestire le vostre crisi!

- Noi, non vogliamo tornare a come eravamo prima della pandemia, perché già allora, la vostra crisi (quella del 2008, lunga un intero decennio), ha costretto i lavoratori e i nostri giovani, ad una sola scelta: restare ed essere disoccupati o precari, oppure emigrare per cercare altrove il lavoro.

La politica e i governi ascoltino il disagio delle persone e si predispongano al confronto, meglio di come non hanno fatto fino adesso!

Perché le nostre richieste, quelle che ci hanno portato ad indire prima le manifestazioni e poi lo sciopero generale lo scorso dicembre, sono sempre le stesse.

- rinnovare i contratti, per recuperare diritti e salari;

- stabilizzare i precari a cominciare dalla scuola, dalla università, dal pubblico impiego;

- garantire maggiore giustizia fiscale e combattere le diseguaglianze;

- una maggiore e stabile occupazione;

- sostenere le persone non autosufficienti;

- rafforzare il servizio sanitario nazionale pubblico;

- cambiare il sistema delle pensioni per garantire, flessibilità in uscita, i lavori gravosi e discontinui e quelli di cura, soprattutto delle donne;

- costruire un sistema di protezione universale e nuove politiche attive per il lavoro;

Compagne e compagni,

senza una mobilitazione dei lavoratori i fatti politici recenti possono determinare un avanzamento o un arretramento.

La “politica della crisi”, in nome della emergenza continua, prima economica, poi sanitaria, poi della guerra, impone rinunce e sacrifici sempre agli stessi.

In questi anni sono cambiati i governi, sono cambiate le forze politiche che lo sostengono, ma il risultato è sempre lo stesso: sono i lavoratori, i pensionati, i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto delle loro crisi.

Come mai nessuna sanzione, nessuna patrimoniale viene prevista per gli oligarchi italiani?

- per quelli che si sono arricchiti coi bonus, con le

defiscalizzazioni, con gli incentivi pubblici?

- e per quelli che continuano a spremere le casse pubbliche e i

lavoratori sotto il ricatto della chiusura e delle delocalizzazioni? Questi non pagano mai per le loro responsabilità sociali!


Compagne e compagni,

il Primo Maggio, la Festa dei Lavoratori, non è il nostro punto di arrivo di un percorso, ma il Primo Maggio è il nostro punto di continuità, di una mobilitazione per il Lavoro che non si è mai fermata e che adesso ha bisogno di continuare anche per la Pace, perché senza pace e giustizia sociale il lavoro è solo sfruttamento.

Il Primo Maggio qui a Portella della Ginestra, a 75 anni dalla strage politico-mafiosa significa non solo rendere onore ai nostri caduti, ma significa anche ricaricarci di energia e di motivazioni. Una rigenerazione collettiva tra memoria e impegno.

La nostra lotta di liberazione continua, perché è ancora una lotta contro il sottosviluppo della Sicilia, contro la mafia, contro il malaffare, contro la cattiva politica, è ancora una lotta di liberazione per lo sviluppo della Sicilia, per la legalità, per il diritto e i diritti, per una buona politica, per noi stessi, per le nostre famiglie, soprattutto per i giovani.

Fiducia, dunque, in noi stessi, coraggio e impegno collettivo. Uniti nella CGIL.

W i lavoratori!

Onore ai Martiri di Portella!

Mario Ridulfo

Segretario Generale Cgil Palermo

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