giovedì, marzo 17, 2022

UN ANNO DI OPERAZIONI ANTIMAFIA IN SICILIA


GIOVANNI BURGIO

Nel 2021 le operazioni antimafia condotte in Sicilia sono state 35. Portate a termine dalle forze dell’ordine e dalla magistratura, hanno interessato tutte le provincie dell’Isola, eccetto Trapani e Ragusa.

Ecco i dati in dettaglio:

512 persone arrestate, 5 ricercate, 105 ai domiciliari;

19 obblighi di dimora, 5 divieti di dimora, 22 obblighi di firma.

Un insieme di circa 650 persone coinvolte direttamente nelle attività delle cosche e accusate di farne parte organicamente.

Quelli che invece ruotano attorno e sono vicini a Cosa Nostra, cioè gli indagati, sono stati 551, con 25 interdizioni a svolgere attività economiche e professionali. Questi personaggi sono quelli che comunemente vengono definiti collaterali o collusi con il mondo mafioso. Formano quel sottobosco affaristico-economico che fiancheggia i clan per coprire i traffici illeciti e riciclare il denaro sporco.

Tra prime e seconde linee, quindi, abbiamo un totale di circa 1.200 personefermate e coinvolte in un anno dalle inchieste antimafia.

Sulla dislocazione di queste retate c’è da notare che la gran parte, 27, è stata eseguita nelle città di Palermo e Catania e loro provincie. E, particolare ancora più interessante, ben 4 sono state effettuate ad Adrano, comune della città metropolitana di Catania.

E, altro dato interessante, si conferma la storica differenza nell’economia siciliana fra la parte orientale e quella occidentale, con una maggiore propensione agli affari della sponda ionica. Infatti, quasi tutti gli indagati, quelli cioè che trafficano e fanno da prestanome ai boss, sono nella Sicilia dell’est (490 su 551).


IL GIOCO D’AZZARDO E LE SCOMMESSE ON LINE

Il primo elemento che emerge analizzando le singole operazioni è il nuovo modo dei clan di fare i soldi.

Negli ultimi anni, le decine e decine di punti scommesse che vediamo sorgere dal nulla e all’improvviso nelle nostre strade, al 50% sono frutto del traffico di droga e luogo di riciclaggio di denaro sporco. Per Cosa Nostra questo specifico settore economico si è rivelato utilissimo per nascondere e moltiplicare gli introiti illeciti. Una fonte inesauribile di denaro contante da far affluire nelle tasche delle cosche. Un intero universo economico che sfugge alle statistiche ufficiali.

Questo nuovo affare è presente in gran parte delle operazioni antimafia portate a termine l’anno scorso. L’operazione “Doppio gioco” è stata senz’altro la più sensazionale e ha svelato le connessioni e le connivenze necessarie per sviluppare questo tipo di speculazione. https://www.maredolce.com/2021/06/08/tre-mesi-di-operazioni-antimafia-dalla-gomorra-siciliana-alla-polonia/

Da Lineri, frazione di Misterbianco, si diramavanoin tutt’Italia una rete di 887 agenzie di scommesse sportive e giochi on line. La vera ricchezza solo in minima parte si faceva attraverso internet. Infatti la maggior parte si accumulava con le scommesse “da banco”, cioè quelle effettuate in presenza e in contanti. Una massa di denaro di 32 milioni di euro che poi veniva trasferita in Polonia e a Malta. Da lì tornava di nuovo in Italia, in Emilia Romagna e Puglia, sotta forma di acquisto di terreni, fabbricati e attività produttive.

Server e software venivano gestiti da ingegneri informatici in Serbia, mentre la proprietà della piattaforma on line era maltese. Tutto questo per occultare il legame tra l’Italia e i riciclatori stranieri.

Anche l’Operazione “Provinciale” condotta a Messina ha visto coinvolti mafiosi e maltesi. Questi ultimi erano i gestori di noti brand di scommesse on line e gioco d’azzardo nelle sale giochi.

Mentre con l’operazione “Apate” nelle provincie di Catania, Messina, Siracusa, Enna ed Agrigento, sono state chiuse e sottoposte a sequestro 38 agenzie di scommesse. Un insieme di beni patrimoniali aziendali, conti correnti, rapporti finanziari, del valore di 30 milioni di euro.

Ma il nuovo affare del gioco on line è stato fiutato e accettato anche dai boss palermitani, che hanno dislocato i vari punti scommesse secondo il rigido principio della suddivisione territoriale.

L’operazione “Game over II” ha coinvolto la cosca di Passo di Rigano. L’enorme massa di denaro prodotta, proveniente dalle 12 agenzie sparse a Palermo e provincia, oltre gli altri punti vendita nel ragusano, messinese, agrigentino e trapanese, è stata stimata in 14 milioni al mese.

E che i soldi, quelli veri, si fanno con le scommesse on line, lo conferma l’operazione “Bivio 2” a Tommaso Natale: il proprietario di diverse sale gioco versava come “pizzo” nelle casse di Cosa Nostra 1.000 euro ogni settimana.


I MERCATI DELL’ORTOFRUTTA

L’altro settore economico che si è rivelato per le cosche estremamente remunerativo è stato quello dell’ortofrutta.

Il colpo al clan Trigila nel siracusano e l’inchiesta “Xydi” nell’agrigentino, a Canicattì, hanno confermato che in tutta la fascia meridionale dell’Isola si fanno affari milionari nei mercati ortofrutticoli. https://www.maredolce.com/2021/03/02/un-mese-di-successi-delle-forze-dellordine-nella-lotta-alla-mafia-in-sicilia/

Ma non sono solo i quintali di frutta e verdura esportati in tutto il mondo che sono altamente lucrosi. Gli affari i clan li fanno anche nel settore dei trasporti su gomma di queste mercinella costruzione di pedane e imballagginella produzione e commercio dei prodotti caseari.

E soprattutto, sono state alterate pesantemente le normali regole della concorrenza con l’imposizione a tutti i coltivatori di sensali fedeli alle cosche, con i versamenti di percentuali sugli affari conclusi, con la posizione dominante di alcuni produttori, con il rigido controllo su tutta la filiera.


IL TRAFFICO DI DROGA E I LEGAMI NAZIONALI E INTERNAZIONALI

Naturalmente non è mancata la tradizionale gestione del traffico di stupefacenti.

Cosa Nostra dopo le stragi del ’92-93 non ha più esercitato il controllo sul traffico delle sostanze illegali. Il suo posto è stato preso dalla ‘Ndrangheta calabrese. E oggi, per il necessario approvvigionamento, si ricorre ai mercati dell’est europeo, del Nord Africa e del Sud America. Comunque, chi smercia e vende le varie sostanze in Sicilia deve per forza sottostare ai boss che controllano il territorio.

L’inchiesta “Adrano libera” ci ha rivelato il lungo percorso delle droghe. Dall’Albania, tramite la ‘Ndrangheta, le sostanze stupefacenti sono andate in Lombardia. Da lì poi la merce è partita verso la Sicilia.Un cammino ormai consueto in questi ultimi anni. Dall’est europeo, passando per il Nord d’Italia, eroina, cocaina, marijuana, vengono venduti in Sicilia. https://www.maredolce.com/2021/03/02/un-mese-di-successi-delle-forze-dellordine-nella-lotta-alla-mafia-in-sicilia/

Partinico, in provincia di Palermo, è ormai da anni diventata la Medellin d’Italia. Un territorio dove si coltivano tutti i vari tipi di erba allucinogena. Le due operazioni “Gordio” e “Parsiniqua” ci hanno rivelato l’elevatissimo “know-how” raggiuntodalle cosche locali. Tanto competenti, esperte e specializzatesi nella coltivazione del “fumo”, da colonizzare tutta la Sicilia. A Ragusa, Butera, Riesi, si sono messi a frutto anni e anni di esperienze e conoscenze: quale tipo di sementi scegliere, quale qualità preferire, optare fra le diverse tipologie di erba dopo aver studiato la qualità del terreno, ecc. ecc. Insomma, una vera e propria università degli studi della cannabis.

Ma in queste due inchieste a Partinico sono emersi anche i legami con le altre mafie. Per la cocaina si è fatto ricorso al potente gruppo criminale rom dei Casamonica nel Lazio, alla camorra napoletana, e soprattutto alla ‘ndrangheta calabrese. In particolare alla ‘ndrina deiPesce di Rosarno e ad alcuni calabresi di Milano e Bergamo.

Palermo, in quaranta giorni sono state effettuate ben cinque retate dei carabinieri contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, con 112 misure cautelari. L’operazione “Brevis II” ha scoperto chi ha inondato di droga le piazze di Palermo. A gestire l’intero traffico, ancora una volta con il supporto della camorra e della ‘ndrangheta, è stato il mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli.

L’hashish, proveniente dal Nord Africa, raggiungeva Palermo con corrieri campani. La cocaina invece arrivava dal Sud America tramite un calabrese di Locri.

Il giro d’affari è stato calcolato in tre milioni di euro l’anno. Un’economia alternativa a quella legale che fa da fonte di reddito a centinaia e centinaia di famiglie. Gran parte della ricchezza cittadina proveniente da traffici illeciti che circola liberamente e incontrollata.


LE ESTORSIONI

A Leonforte, in provincia di Enna, l’operazione “Caput silente” ha soprattutto arginato il fenomeno estorsivo. Nel corso delle indagini, infatti, si sono documentati parecchi danneggiamenti ad imprenditori aderenti a un’associazione antiracket e a due poliziotti.

Ma è stata l’operazione “Sotto scacco”che ha colpito i clan di Paternò e Belpasso che ha fatto clamore. In campo nazionale la rivolta di Giuseppe Condorelli contro il pizzo ha fatto notizia. Il rifiuto di pagare da parte dell’imprenditore dei famosi torroncini è stato da tutti approvato ed esaltato.

Ma la denuncia di Condorelli ha rappresentato purtroppo un’eccezione. La realtà emersa dalle indagini è un’altra: commercianti e imprenditori hanno fiancheggiato e favorito gli affari illeciti dei boss. Abbiamo quindi un commercio e un’economia profondamente sporchi e fortemente alterati dalla violenza mafiosa, un inquinamento del tessuto economico locale molto diffuso e opprimente. E questo grazie alla complicità di alcuni imprenditori.

Comunque, come si è visto nelle operazioni condotte nei quartieri di Palermo, le denunce delle vittime del pizzo procedono a macchia di leopardo. Nel mandamento di Porta Nuova, a Tommaso Natale e Resuttana, c’è una notevole collaborazione con le forze dell’ordine. A Brancaccio, Ciaculli e S. Maria di Gesù, invece, tutti tacciono e nessuno parla.



I NEOMELODICI E LE FESTE RIONALI

Qualcosa che sempre più emerge nei fenomeni criminali nel sud d’Italia è la vicinanza agli ambienti criminali dei cantanti neomelodici. Nelle inchieste portate a termine sia a Palermo che a Catania si sono trovati riscontri a questo tipo di contatti.

A Palermo, nelle feste rionali di Borgo Vecchio la mafia ha deciso sia i cantanti neomelodici da far esibire, sia il loro cachet. Inoltre, i boss locali raccoglievano i soldi necessari per organizzare la festa e assegnavano gli spazi dove si sarebbero messi i venditori ambulanti.

Si potrebbe pensare che si tratta di un potere “povero”, limitato alle canzoni in piazza. In realtà, invece, si è esercitato un controllo strettissimo sulle attività economiche e sui commercianti che non hanno potuto sottrarsi al versamento delle quote per sponsorizzare la festa. E non solo a Borgo Vecchio, ma anche in corso Finocchiaro Aprile.Insomma, interi quartieri della città sotto scacco.

A Catania, nel rione Picanello, è venuto fuori che tra gli affari più importanti dei clan c’era l’investimentoin una casa discografica. Questa etichetta di registrazione utilizzata da molti cantanti neomelodici avrebbe fatto da “lavatrice” di denaro sporco.


ADRANO

Un susseguirsi incessante e capillare di operazioni di polizia e carabinieri si è verificato ad Adrano. Nel comune di 34.000 abitanti della città metropolitana di Catania ci sono state 4 delle 35 inchieste antimafia.

“Follow the money”, “Adrano libera”, “Triade”, “Impero”, hanno colpito duramente i clan mafiosi Scalisi Santangelo-Taccuni. I 56 arresti, i 9 obblighi di dimora, i 101 indagati,hanno decimato gli adepti e i collusi delle due cosche.

Le famiglie mafiose adranesi si sono distinte nel traffico di droga e nel riciclaggio di denaro sporco nel nord d’Italia. Un affare che partendo dall’Albania, tramite la ‘ndrangheta, è arrivato in Sicilia. Ma ci sono state pure le truffe all’INPS: centinaia di migliaia di euro incassati dichiarando falsi braccianti agricoli.

MESSINA E LA SUA PROVINCIA

Un occhio speciale va rivolto al messinese, che di provincia “babba” non ha nulla. Anzi, si è scoperta particolarmente cruenta e spietata.

Nella riviera ionica messinese i clan si sono spartiti locale per locale lo spaccio di cocaina, hashish e marijuana. Un’organizzazione minuziosa ed efficiente che si è avvalsa soprattutto di giovanissimi pusher particolarmente spregiudicati: chi non riusciva a pagare la droga veniva duramente malmenato; chi era sospettato di essere un confidente della polizia, riempito di botte.

Nel quartiere Giostra di Messina, invece,la guerra fra clan si è fatta con sparatorie nei bar, incendi di macchine, attentati alle persone. E questo per controllare l’enorme traffico di stupefacenti che era operativo giorno e notte, movimentando centinaia e centinaia di venditori, pusher, consumatori-spacciatori. L’operazione “Market Place” ha documentato oltre 1.000 episodi di vendita di droga, facendo definire il rione Giostra la Scampia di Messina.


LA STIDDA

Segnali vitali importanti li ha dati la Stidda. Si tratta di bande criminali presenti nell’entroterra e nella costa meridionale della Sicilia (Agrigento, Gela, Ragusa). Nate alla fine degli anni ’80, sono autonome da Cosa nostra, e spesso in contrapposizione o conflitto con essa.

Considerata dai più ormai estinta, a Canicattì è invece entrata nel lucroso affare del commercio dei prodotti ortofrutticoli. In questo caso, l’inchiesta “Xydi” ci ha rivelato che tra le due organizzazioni rivali, Cosa Nostra e Stidda, si è arrivati a una pax mafiosa. Tregua comunque armata, come dicono gli investigatori e ci insegna la storia.

Ma è a Mazzarino, con l’operazione “Chimera”, che si è vista la ferocia primitiva della Stidda. Un ragazzo di soli 22 anni è stato bastonato e strangolato; poi seppellito e diseppellito perché il corpo emergeva troppo in superfice. Un altro ragazzo di 28 anni è stato orrendamente torturato e mutilato: prima delle orecchie, poi del naso, infine delle dita delle mani. Ma il poveretto, che non faceva parte delle varie bande, non sapeva nulla. E a quel punto, però, non poteva che essere ucciso.

Oltre che con le estorsioni e le truffe agricole, la Stidda si è arricchita soprattutto con la droga. Le partite di cocaina da vendere ai consumatori di Gela e Mazzarino arrivavano direttamente dalla Calabria e dalla Lombardia.


IL RITORNO DEI PERDENTI

L’arresto di tutti i corleonesi dopo le stragi del ’92-93 ha liberato dall’incubo della persecuzione “gli scappati”, le famiglie perdenti della seconda guerra di mafia andati in esilio in America. Infatti, tornate ormai da anni a Palermo e in Sicilia, i loro membri si muovono liberamente e fanno affari.

L’inchiesta “Xydi” ha certificato come il clan americano dei Gambino ha ripreso gli storici contatti con la mafia agrigentina, in particolare con quella di Castrofilippo. I traffici sono stati di diverso tipo: attraverso bonifici, e soprattutto con carte di credito “a spesa illimitata”; in Kosovo, con Sandro Mannino legato agli Inzerillo di Palermo; con soldi sporchi che partivano da Singapore e arrivavano nei porti siciliani. In particolare in quello di Catania, che era ancora libero da ipoteche mafiose.

Ma è stata l’operazione antimafia “Crystal Tower”, portata a termine traTorretta e gli Stati Uniti, che ci ha raccontato di un legame mai interrotto. I luoghi sono gli stessi, Torretta e New York. Le famiglie mafiose coinvolte con i medesimi cognomi, Gambino e Inzerillo. Organizzazione, rituali e rapporti sempre uguali e sempre solidi. Un sodalizio indissolubilefra clan siciliani e clan americani.


Matteo Messina Denaro


MATTEO MESSINA DENARO

L’ultimo dei corleonesi e il numero uno dei ricercati è ancora potente e godrebbe di altolocate protezioni. Anche se le persone che gli stanno attorno vengono continuamente arrestate e lui è sempre più braccato.

L’inchiesta “Xydi” ha rivelato che ci vuole ancora l’assenso e il permesso di Matteo Messina Denaro per intraprendere strategie delicate e pericolose. E soprattutto ha confermato la posizione di assoluto predominio del superlatitante non solo sulla provincia di Trapani ma anche sul mandamento mafioso di Canicattì. Una dimostrazione, quest’ultima, dell’unitarietà di Cosa Nostra siciliana.

E che il super-ricercato è rispettato e sempre interessato a fare soldi lo ha confermato l’operazione “Doppio gioco”. Al nipote di Matteo Messina Denaro, Francesco Guttadauro, si stava fornendo il necessario know-how per entrare nel giro del lucrosissimo affaredellescommesse on linela cosiddetta “mafia da tastiera”.


I NIGERIANI

Con l’operazione “Showdown” si è confermata nel quartiere palermitano di Ballarò la capillare presenza dei “cult” nigeriani. In special modo dei Viking,che controllano lo spaccio di droga e la prostituzione delle giovanissime connazionali.

È la vendita del crack il vero affare nel centro storico palermitano. Ottenuto dalla frantumazione della cocaina, l’esiguità del prezzo, 5-10 euro per dose, ne permette l’acquisto da parte dei minorenni. È particolarmente pericolosa, non solo perché crea subito dipendenza, ma soprattutto perché reca forti danni al sistema nervoso centrale. I decessi, inoltre, provocati da questa sostanza sono numerosi.

Mal tollerati e osteggiati all’inizio, i nigeriani sono ben presto venuti a patti con la mafia locale.Sono statele rivelazioni ditre pentiti delle cosche del palermitanoa raccontare come“I nigeriani non si devono toccare. Anzi si devono tutelare”. Perché – dicono i pentiti – i nigeriani, fanno il lavoro sporcocioè il traffico di eroina,che riguarda le fasce basse, le più turbolente dei consumatori. La cocaina, invece,che viene smerciata nei quartieri alti della società, è sotto il controllo di Cosa Nostra.

A impartire l’ordine di buona convivenza e reciproco interesse sarebbe stato Paolo Lo Iacono, esponente della famiglia di Palermo Centro, considerato l’elemento di raccordo fra la mafia palermitana e la criminalità nigeriana.


I LEGAMI ISTITUZIONI – MAFIA

Una delle connotazioni della mafia è quella di avere goduto protezione da parte del potere e avere mantenuto rapporti molti stretti con gli organismi statali. Ebbene,nell’operazione “Sipario” a Catania e “Jato bet” a S. Giuseppe Jato si sono verificati ancora entrambe queste condizioni.

Nella prima inchiesta, un referente dei clan, un vice brigadiere della Guardia di Finanza e tre vigili urbani sono stati arrestati perché d’accordo su affari, favori e scambi elettorali. Nella seconda, un comandante dei vigili urbani ha avuto contatti e ha protetto noti esponenti mafiosi locali.

La domanda drammatica che si pone è: “Come si può pretendere dai cittadini l’osservanza delle leggi e la fiducia nello Stato se alcuni suoi esponenti di rilievo camminano ogni giorno a braccetto con criminali e malavitosi? L’omertà, la rassegnazione, lo scettiscismo verso le istituzioni, non nascono forse da questo sconsolante stato di cose ancora oggi vigente in molti centri siciliani e del sud d’Italia?”.


LA “SIGNORIA TERRITORIALE”

Un altro caposaldo del fenomeno mafioso ha trovato riscontro in due operazioniportate a termine a Palermo.

Nella città simbolo del potere mafioso, vige rigorosamente e viene sempre applicato il concetto di “Signoria territoriale” coniato dallo studioso palermitano del fenomeno mafioso Umberto Santino. Contrade, strade, perfino marciapiedi, sono divisi rigidamente in zone fra le varie famiglie mafiose. E guai se qualcuno si permette di sconfinare senza il necessario permesso.

Nelle intercettazioni di “Game over II”ascoltiamo: “A destra c’è l’Uditore, a sinistra c’è Cruillas”. Che nel linguaggio di Cosa Nostra significa “Qui comanda la famiglia dell’Uditore, lì la famiglia di Cruillas”.

A Pagliarelli, invece, l’operazione “Brevis” ha certificato l’esistenza di un’autorità autonoma all’interno dello Stato italiano, con propri controlli, interventi punitivi, giustizia riconosciuta e rispettata. Un sistema parallelo a quello ufficiale, più efficiente e rapido. Cosa Nostra cioè esercita un potere effettivo e supremo su una parte estesa del territorio statale.


CHI COMANDA ADESSO?

Il quesito più frequente fra chi si occupa di mafia è: “Chi comanda adesso?”.

La risposta non è semplice, e riflette l’attuale condizione di Cosa Nostraallentamento delle tradizionali regole, frammentazione sul territorio, mancanza di una direzione autorevole e riconosciuta. E anche da queste inchieste non esce un’indicazione sola e univoca.

Emblematica la situazione creatasi nel mandamento di San Lorenzo – Tommaso Natale con l’operazione “Bivio 2”. In una delle zone più violente di Palermo si combatte la battaglia fra la vecchia Cosa Nostra e i nuovi capi delle famiglie mafiose.

Mandamento che negli ultimi anni ha subito ben dieci operazioni antimafia, affiliati e capifamiglia si trovano davanti ad una scelta, a un bivio come dice il nome di questa operazione: seguire le direttive dell’ultima Commissione provincialericostituitasi a Baida il 29 maggio del 2018, o negare “la legittimità” di questa nuova Cupola?

Giulio Caporrimo, che ultimamente ha riaffermato il proprio potere, non ha dubbi, e ha le idee abbastanza chiare. Nei frequenti soliloqui captati dalle cimici installate nella sua macchina dice: “Questa non è più Cosa Nostra. Non possono due, tre mandamenti fare la Commissione. E poi sono tutti pentiti, e si spaventano. Quando gli proponi di fare qualcosa di serio, scappano, hanno paura. Si sono ridotti come gli stiddari. Cosa Nostra è ormai come la Stidda. Questa è una “Cosa come ci viene, come ci appare a loro”. Cosa Nostra è come un campo di zingari”. E infattiCaporrimo, uscito dal carcere, non riconosce il potere del reggente designato dalla Commissione.

Quello che è successo a Ciaculli con le due operazioni “Tentacoli” e Stirpe”rende ancora più evidente l’attuale evoluzione della Cosa nostra palermitana. Le famigliedella città, quelle sconfitte dalla seconda guerra di mafia, quelle che comandavano prima della “dittatura dei corleonesi”, si stanno riprendendo a poco a poco tutto il loro potere.

I Greco di Ciaculli hanno restaurato l’antica egemonia e sono tornati a comandare nel loro Mandamento. Infatti, sono i discendenti di Michele Greco il Papa che da qualche anno dirigono le estorsioni e il traffico di stupefacenti. Al contrario, le famiglie di Brancaccio e Corso dei Mille, che negli ultimi trent’anni avevano affiancato Riina e Provenzano, hanno perso terreno e si sono ritirate.

Di segno opposto quello che avviene a Bagheria, dove “i corleonesi” resistono ai palermitani. Nelle intercettazioni dell’operazione “Persefone” sentiamo infatti “Qui a Bagheria comandiamo noi. Nella storia, Palermo ha sempre fatto quello che diceva Bagheria. I palermitani si stessero a Palermo, e quando devono venire qui, devono chiedere il permessoIo sono uno di quelli che ha fatto la storia”. A parlare è il nuovo reggente di Cosa nostra a Bagheria, quello che ha aiutato Bernardo Provenzano nella sua latitanza. Colui che ha preso il posto del nipote di Settimo Mineo, il capo mandamento di Pagliarelli che era al vertice della Commissione provinciale ricostituitasi nel maggio del 2018.

Insomma, a Palermo, ma un po’ in tutto il territorio siciliano, si combatte una lotta fra la vecchia e la nuova mafia per la supremazia nel territorio. 

Giovanni Burgio


https://gioburgio.wordpress.com/2022/03/16/un-anno-di-operazioni-antimafia-in-sicilia/

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