martedì, marzo 08, 2022

Questa crisi e il salto da compiere: DISINNESCARE LA BOMBA



Pubblichiamo l’editoriale di oggi del giornale dei vescovi italiani “Avvenire”. La proposta che avanza, cioè di sviluppare un’azione pacifista globale e straordinaria, utilizzando tutte le istituzioni statali, mondiali e del volontariato, ci sembra - per quanto difficilissima - l’unica che ha senso di portare avanti (dp) 

di MAURO MAGATTI
Con l’invasione dell’Ucraina il mondo rischia di precipitare in una spirale distruttiva.

Rompendo in modo strutturale l’equilibrio nato con il 1989, Vladimir Putin ha infatti imposto il proprio gioco, riportando in auge una logica strettamente politica, estranea alla globalizzazione dei mercati degli ultimi tre decenni. L’obiettivo, più volte ripetuto dallo stesso presidente russo, è quello di ristabilire i confini della 'madre Russia', dentro una visione della storia politicoculturale di tipo imperiale, che ci riporta al ’900 se non addirittura all’800. È questa inattualità dell’azione di Putin che ha scioccato il mondo: come il ritorno di un rimosso profondo che va a sbattere violentemente con la forma complessa del mondo contemporaneo e ne scuote le fondamenta.

Il problema di cui lo stesso uomo forte del Cremlino pare non rendersi conto, però, è che il mondo di oggi è completamente diverso da quello del passato. I legami geopolitici, economici, energetici, comunicativi, ambientali, finanziari – e non ultimo umanitari – tra le diverse aree del pianeta sono infinitamente più stretti ed estesi che nel passato, anche recente.

Per questo l’iniziativa di Putin è tanto pericolosa: è la collisione di modi radicalmente opposti di vedere la realtà e la storia che rischia di far esplodere tutto.

Sono almeno tre le differenze che vanno tenute in considerazione.

Il peso della società civile. Lo si era già visto in tante altre crisi: nel XXI secolo l’idea di occupare un territorio e assoggettarlo a un potere esterno è ancora più fallimentare di quanto non sia stato nel passato. La ragione sta nel fatto che le persone oggi hanno risorse culturali, sociali, economiche nettamente maggiori e non sono disposte a farsi sottomettere tanto facilmente. Lo si è visto in questi giorni.

L’eroica resistenza ucraina ha mandato in fumo i piani di Putin per una conquista veloce, che passasse quasi inosservata. La sua avanzata è stata più difficoltosa del previsto e ciò lo ha spinto a inasprire la ferocia dei suoi attacchi. E anche se prevarrà, sicuramente la resistenza continuerà, col rischio di trasformare l’Ucraina in una terra in stato endemico di guerra. Si tratta di un grave errore di valutazione, che costerà moltissime vite umane tra gli ucraini e tra gli occupanti.

E sta già costando carissimo anche a Putin: la violenza e la drammaticità delle immagini di questi giorni hanno scosso l’opinione pubblica mondiale. Al di lá dei tentativi di nascondere la verità, la disumanità della guerra è apparsa in tutta la sua evidenza. Oggi ci sono miliardi di persone sulla terra che vogliono la pace. E che identificano Putin con la guerra.

L’onda d’urto economica ed energetica. Il Pil della Russia è relativamente piccolo rispetto al mondo (attorno al 2%). Ciò potrebbe far pensare che le conseguenze economiche siano limitate. Ma non è così. Soprattutto perché la Russia è snodo centrale del sistema di approvvigionamento energetico globale, oltre che (insieme all’Ucraina) tra i principali esportatori dì grano.

Il risultato è che, come ha affermato l’economista Nouriel Roubini, quello che ci aspetta è un lungo periodo dì stagflazione, cioè un misto tra recessione e inflazione. Le economie di tutto il mondo saranno messe a dura prova; le disuguaglianze e le povertà aumenteranno; così come cresceranno i rischi di instabilità. L’interdipendenza è oggi così spinta che il prolungarsi del conflitto non può che aumentare i danni economici globali. Chi può avere interesse a questa evoluzione?

Il rischio nucleare. Putin ha minacciato varie volte il ricorso a questo tipo di armi attorno a cui, dopo Hiroshima, l’umanità ha elaborato una sorta di tabù: infrangerlo sarebbe davvero un salto nel vuoto. Tutti i governi sanno benissimo che l’escalation nucleare è lo scenario peggiore. Se dovesse verificarsi, tutti, ma proprio tutti, pagherebbero costi altissimi. Si arriva così a una conclusione: contrapporsi a Putin oggi significa rifiutare la sua logica bellica, cioè lavorare per unire un grande fronte mondialeattorno alle ragioni superiori della pace. L’Europa si faccia promotrice di questa azione. Coinvolgendo gli Usa e la Nato, e costruendo con Cina e India – sotto l’egida dell’Onu – un consenso mondiale per un futuro di convivenza pacifica.

Che la guerra distrugge e la pace costruisce è sempre stato vero. Ma lo è ancora di più oggi nel quadro del mondo che ha preso forma negli ultimi trent’anni. Durante la pandemia abbiamo più volte ripetuto che nessuno si salva da solo. È proprio così. Non si illudano Putin e la 'sua' Russia (che non è tutta la Russia e, certamente, non è 'i russi'): nel mondo contemporaneo, nemmeno loro possono farcela da soli. Ci si può salvare tutti insieme. Accettando la fatica del dialogo della mediazione, della diplomazia. A partire dalla convinzione che la pace è un bene comune universalenell’interesse dì tutti. Difficile? Impossibile? Impensabile? Sì, forse. Come difficile, impossibile, impensabile è stata l’iniziativa militare russa. Per disinnescare la bomba che Putin ha messo nel cuore del mondo, ci vuole una iniziativa altrettanto audace. Capace di trasformare una crisi gravissima in un’occasione per un salto in avanti. Una sfida altissima che bisogna vincere.

Mauro Magatti

Avvenire, 8 marzo 2022

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