venerdì, marzo 11, 2022

Guido Lo Forte: “Il poli-partito di boss e potenti esiste ancora, ma si è inabissato”


di Salvo Palazzolo

L’intervista all’ex procuratore aggiunto di Palermo 

«L’onorevole Lima aveva una stabile collaborazione con Cosa nostra: fin dal periodo in cui fu sindaco di Palermo, alla fine degli anni Cinquanta, instaurò rapporti con mafiosi di rango». Guido Lo Forte, l’ex procuratore aggiunto di Palermo ai tempi di Gian Carlo Caselli, ripercorre i nomi che scandì durante la requisitoria contro Giulio Andreotti, il principale referente politico dell’eurodeputato ucciso il 12 marzo 1992: «Salvo Lima aveva rapporti con Tommaso Buscetta, Stefano Bontate, Michele e Salvatore Greco; infine con i Corleonesi di Totò Riina per il tramite dei cugini Salvo, cui era legato da un solido rapporto di amicizia personale». 

Cosa è stato il potere di Lima? 

«Un’intensa convivenza con la mafia gli assicurava sostegno elettorale in cambio di molti favori: con l’ingresso nella corrente andreottiana, Lima operò a vantaggio dell’associazione mafiosa attraverso il controllo, la spartizione e la gestione degli appalti pubblici banditi nella provincia di Palermo». 

Subito dopo le stragi, il primo grande processo istruito dalla procura di Palermo fu quello per l’omicidio Lima. 

«Quel processo fece emergere tantissime informazioni grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Alcune di carattere generale, ad esempio sulla cosiddetta criminalità dei potenti, ovvero sulle modalità nascoste con cui alcuni segmenti della classe dirigente avevano gestito il potere nel corso di molti decenni. Altre informazioni riguardano più in particolare gli scambi occulti tra lamafia e certi settori del potere politico e del mondo imprenditoriale. Quel poli-partito della mafia trasversale evocato dal generale Dalla Chiesa, che probabilmente esiste ancora e s’è di nuovo inabissato». 

Come descriverebbe il clima di quei mesi a Palermo? Con l’ex procuratore Caselli avete ricostruito quella stagione nel libro “Lo Stato illegale”, edito da Laterza. 

«Dopo le stragi del 1992, sembravano esserci le condizioni necessarie perché tutti, o la stragrande maggioranza dei cittadini, potessero vedere la mafia come qualcosa di estraneo, un nemico alieno da ricacciare lontano e sconfiggere. Se le stragi avevano fatto correre al Paese il pericolo di essere risucchiato in un buco nero sempre più cupo e profondo, ora si invertiva la tendenza. E fra il 1995, anno dellacattura di Bagarella, e il 1996, anno della cattura di Brusca, sembrava che Cosa nostra fosse finalmente alle corde, decimata dagli arresti». 

Intanto, dopo il processo Lima avviavate anche i processi sugli imputati eccellenti. 

«Le indagini sulle relazioni esterne di Cosa nostra avevano provocato una presa di distanza di quei segmenti della società e delle istituzioni che in passato si erano mostrati disponibilia fornire appoggi e coperture. Almeno finché la storia non ha cominciato a ripetersi». 

Cosa accadde quando i processi entrarono nel vivo? Il più importante, quello ad Andreotti. 

«La posta in gioco era enorme, non solo per le ricadute sui diretti protagonisti delle vicende processuali, ma soprattutto e più in generale per l’insieme della politica italiana, e i suoi interessi non sempre confessabili. Ne è derivata — con formidabile sostegno mediatico — una tempesta di vere e proprie “bufale”, quelle che oggi vengono chiamate fake news, miranti a screditare i processi dalle fondamenta. Negare o distorcere la verità era, ed è, come svuotare di significato negativo i rapporti tra mafia e politica. Determinando di fatto una loro legittimazione». 

Qual è, secondo lei, lo stato attuale della lotta alla mafia? 

«Molti progressi sono stati fatti, soprattutto per quanto riguarda il contrasto della componente militare. Altre cose, al contrario, destano seri motivi di preoccupazione. Oggi Cosa nostra sta cercando di riorganizzarsi, mantenendo saldo il controllo del territorio e tentando di recuperare consensi e connivenze attraverso gli affari e la ricostituzione di una salda rete di occulte relazioni economiche. Un disegno particolarmente insidioso: perché — di fronte a una situazione di grave disagio nel mondo del lavoro e dell’economia — è evidente che questo progetto può ricreare quella saldatura tra mafia e società che gli eventi del dopo-stragi avevano bruscamente interrotto». 

La Repubblica Palermo, 11/3/2022

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