venerdì, novembre 05, 2021

Patto di trasparenza per la gestione dei beni confiscati nei comuni del Palermitano

Il convegno di Monreale


di ANGELO MELI

Promosso dal Prefetto di Palermo, si è tenuto un seminario sui beni confiscati alle mafie nell’aula consiliare di Monreale, dove una lapide ricorda il ruolo di consigliere comunale di opposizione (dal 1964 al 1968) svolto diligentemente da Pio La Torre, mentre era segretario del Pci siciliano e deputato all’Ars. Presenti al seminario, e intervenuti, sindaci dei comuni della provincia, rappresentanti delle Associazioni antimafia, delle organizzazioni sindacali, dei Consorzi di legalità, della Regione, dell’Agenzia nazionale dei beni o sequestrati e confiscati, delle forze dell’ordine e della magistratura. 

Obiettivo del seminario mettere a conoscenza il testo normativo elaborato dal tavolo operativo prefettizio, al quale hanno partecipato le Associazioni antimafia, i sindacati, il terzo settore, e proporre ai comuni un modello organizzativo per assicurare rapidamente trasparenza e gestione dinamica per il riuso sociale dei beni confiscati destinati e assegnati per più del 95% proprio ai comuni. 

Per raggiungere tali obiettivi il Centro La Torre e altri intervenuti hanno sollevato il problema del rafforzamento degli strumenti a partire dall’Anbsc che su un organico teorico di 200 dipendenti ne ha solo 69, di mettere a disposizione dei comuni risorse finanziarie e gruppi di supporto tecnico per sostenerne una buona gestione dei beni confiscati. Le recenti indagini e ricerche di Libera e dell’Istat hanno documentato il disordine organizzativo e le difficoltà di gestione da parte dei comuni. Inoltre su oltre 16000 beni confiscati più della metà, risultano inutilizzati. La pubblicazione obbligatoria sui siti comunali della lista dei beni e il loro aggiornamento mensile non vengono dalla maggioranza dei comuni rispettati. La manutenzione e la ristrutturazione dei beni, causa le finanze comunali disastrate, non sono assicurate. 

Il regolamento elaborato dal Tavolo prefettizio, condiviso dal Centro La Torre assieme alle altre associazioni antimafia, sindacali e terzo settore, propone: tutti i comuni si dotino di un Ufficio Beni Confiscati (UBC) per gestire, custodire, assegnare i beni confiscati appartenenti al patrimonio indisponibile dell’ente locale;  la programmazione comunale per l’acquisizione, destinazione e utilizzazione dei beni; la costituzione di una Consulta Civica per coinvolgere gli organismi intermedi e i cittadini nell’utilizzazione dei beni;   massima trasparenza delle procedure di assegnazione, destinazione e riuso sociale e valorizzazione del bene.

Nella stessa direzione si muove la recente proposta di legge della Commissione Antimafia regionale per armonizzare le politiche di sostegno finanziario al riuso sociale del bene utilizzando le risorse del Fondo di coesione, dei Fondi strutturali europei, delle risorse proprie regionali.

Il seminario è stato interessante anche le questioni più generali sollevati da vari interventi. Il presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco,  aprendo la serie degli interventi programmati, dopo i saluti istituzionali, ha ricordato che nel 2022 cadrà il quarantesimo dell’approvazione della legge Rognoni-La Torre avutasi dopo gli assassini politicomafiosi di Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa e il trentesimo delle stragi del 1992/93 che sancirono la sconfitta storica dei corleonesi che si sentirono traditi dall’approvazione della prima legge antimafia dall’Unità d’Italia. Infatti, dopo 122 anni appartenere alla mafia diventa grave reato penale e rende obbligatorio la confisca dei beni proventi di reato, la Cassazione nel 1992 ha sancito, finendo il maxiprocesso, che da quel momento l’esistenza della mafia, fino allora messa in discussione anche da certa magistratura, non doveva più essere provata. Essa ha consentito la repressione delle mafie, ma la debolezza e l’incostanza delle politiche di prevenzione che spettavano e spettano alla Politica e alle classi dirigenti locali, regionali e nazionali non hanno debellato il fenomeno mafioso che ha saputo, usando sempre la sua forza di intimidazione, trasformarsi e penetrare attraverso la corruzione nel sistema economico globalizzato e camuffarsi nella localizzazione del potere. Gli enti locali sono stati il luogo preferito per penetrare nel sistema di potere nazionale usando il voto di scambio, la corruzione, la compiacenza di una certa imprenditoria e la disponibilità di parte della classe politica. 

La Consulta Civica può diventare la chiave di volta per attivare la partecipazione dal basso dei cittadini e proporre uno sviluppo socioeconomico diverso che superi le conseguenze della pandemia, riduca le disuguaglianze e la corruzione, potenzi gli strumenti di contrasto alle mafie. In questo scenario è necessario che tutte le risorse confiscate siano destinate al potenziamento degli strumenti repressivi della giustizia e alle politiche di prevenzione per la diffusione della cultura della legalità. Il nuovo modello di sviluppo necessario per uscire dalla crisi sanitaria, per bloccare il cambiamento climatico che minaccia l’esistenza umana, prefigura anche una società solidale e senza disuguaglianze, senza fenomeni come quello mafioso che per sete di potere non ha alcun riguardo né per la salute del genere umano né dell’ambiente. Basta pensare al narcotraffico, alla gestione dei rifiuti, alla tratta umana, alle estorsioni, all’usura, al riciclaggio ecc, ecc, ecc… 

"Sappiamo dalla storia che la mafia è un “fenomeno afferente le classi dirigenti” (la Torre nella relazione della Antimafia 1976), l’avevano scritto nella seconda metà dell’ottocento anche Sonnino e Franchetti. Per cancellarle dal nostro futuro bisogna impedire ogni loro relazione con l’economia, la politica, la società - conclude Lo Monaco-. La Rognoni-La Torre, diventata madre di tutta la legislazione antimafia nazionale e internazionale, lo sognava e lo prefigurava. Il compito da trasmettere alle nuove generazioni è proprio quello di sconfiggere le nuove mafie così come la nostra generazione ha saputo sconfiggere quella vecchia".

All’evento, che ha visto la partecipazione di numerosi sindaci della provincia, erano presenti, oltre ai vertici delle locali forze di polizia, anche monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale, e monsignor Giuseppe Marciante, vescovo di Cefalù, che hanno portato il loro saluto. Sono intervenuti, tra gli altri, Mariarosa Turchi, Direttore Generale Beni e Affari Generali, dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata  ed Enzo Bivona, professore associato di Economia Aziendale dell’Università degli Studi di Palermo.

5/11/2021

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