venerdì, ottobre 29, 2021

IL REPORTAGE. Il Cantiere navale di Palermo torna a costruire: nave militare del Qatar prima opera dopo dieci anni


di Tullio Filippone

A mezzogiorno, puntuale come dal 1942, l’acuto della sirena irrompe tra l’Arenella e l’Acquasanta per scandire il tempo delle ultime tute blu della città. E gli operai sfilano sotto l’ingresso dove campeggia la scritta Fincantieri, mentre sopra le loro teste, nella stanza del direttore, c’è ancora la pergamena firmata da Ignazio Florio il 21 marzo del 1904 per il varo della nave Caprera. Ma questa volta nel bastione industriale si aspetta solo novembre e il “taglio” della Landing Platform Dock, la nave anfibia militare commissionata dal Qatar che rilancia l’ultimo pezzo della grande industria palermitana: 460 dipendenti diretti e 900 di indotto, che con le grandi commesse arrivano a 1.200. 

Si torna a costruire un gigante nel mare dopo 12 anni nei cantieri navali di Palermo. Il romanzo operaio, che dal 124 anni continua a scrivere le pagine dell’economia della città, è uno degli stabilimenti scelti per la maxi commessa da 4 miliardi per costruire quattro corvette, due pattugliatori e l’anfibio che sarà consacrato proprio nello specchio di mare dell’Acquasanta. 

«Palermo è specializzata nella trasformazione e nella riparazione, ma adesso torniamo a costruire una nave e sentiamo tutta la responsabilità di essere l’ultimo grande bacino industriale della città – dice il direttore dello stabilimento Marcello Giordano, palermitano, tornato a casa a maggio, dopo 16 anni tra Italia ed estero – Con orgoglio, a novembre, taglieremo l’anfibio Lpd, che poi sarà impostato nello scalo a maggio 2022 e varato a novembre 2022, per essere consegnato nel febbraio 2023». 

Il baluardo produttivo di Palermo è tutto schierato in 300mila metri quadrati, come se fosse il plastico dei sogni di ogni bambino che gioca con i Lego e il Meccano. Dalla soglia si vede l’officina prefabbricazione, il cuore dei cantieri, dove lavorano saldatori e carpentieri. Sulla sinistra c’è lo scalo costruzione, dove è adagiato il troncone, l’ossatura, della nave commissionata dall’armatore Regent. Extralusso come l’anfiteatro che si intravede tra le lamiere. 

È qui che si costruirà la nave anfibia per il Qatar, una cambiale per il futuro. E in linea d’aria si vede anche la Valiant Lady della Virgin, 110mila tonnellate distribuite in 278 metri di lunghezza, appoggiate al secondo bacino di carenaggio più grande d’Europa. «Solo Marsiglia ha un bacino più grande del nostro – dice ancora il direttore Giordano – è qui che lavoriamo nella riparazione, una delle nostre specializzazioni». 

È la chirurgia navale. Con i saldatori che operano tra le scintille. E gli operai specializzati che salgono sulle gru per rifinire lo scafo, mentre in basso le grandi eliche di bronzo sono impacchettate per proteggere le superfici ripulite dalle alghe e i molluschi. Di fronte è ormeggiata la Star Pride. Accanto c’è lo specchio d’acqua pronto per l’altro bacino di carenaggio da 150mila tonnellate, fortemente voluto dal presidente dell’Autorità portuale Pasqualino Monti, che bandirà a giorni la gara per lavori da 120 milioni di euro. «Il doppio bacino farebbe decollare la produzione della navi da crociera – dice Monti, che per l’opera è stato nominato commissario straordinario con il decreto “Sblocca cantieri” – Abbiamo già speso 30 milioni per preparare l’area e in tre anni siamo pronti a completare il progetto». 

Attorno è un groviglio di gru, ruspe, travi, lamiere e scavi che circondano il bacino che sarà, dopo il protocollo d’intesa firmato nel 2019 tra la Fincantieri e l’Autorità per ampliare il complesso produttivo a ridosso della marina di villa Igiea. 

«L’ultima nave che abbiamo costruito è il mercantile greco Neptune, ma questa commessa e il bacino che aspettiamo da 40 anni rilancia il polo industriale di Palermo dopo anni di lotte e ridimensionamento», dice Francesco Foti, 47 anni, segretario della Fiom Palermo, entrato al Cantiere nel ‘99 come manutentore elettrico. Nell’età dell’oro, quando i cantieri navali a Palermo erano il sinonimo di classe operaia e plasmavano la vita delle borgate dell’Acquasanta, l’Arenella e della via Montalbo, le tute blu erano settemila. Cinquemila più l’indotto negli anni Cinquanta e 490 oggi. Ne hanno fatte di battaglie che hanno plasmato la città. Dall’occupazione guidata da Giovanni Orcel nel 1920 alle lotte degli anni Sessanta e Settanta. Fino alla visita di Enrico Berlinguer, in mensa con gli operai nel 1979. Perché la pausa pranzo è sacra. Come ricorda la battaglia di quattro anni fa della Fiom, che ricordava la lotta delle operaie nel film “ 7 minuti” di Michele Placido. 

Suona di nuovo la sirena. Si torna a lavoro nel cantieri che da 124 anni non dormono mai. 

La Repubblica Palermo, 28/10/2021

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