mercoledì, gennaio 06, 2021

La Sicilia si ribella al deposito dei rifiuti nucleari

La mappa dei siti per le scorie nucleari in Sicilia

di
CLAUDIO REALE
Anche 4 zone dell’Isola nella mappa nazionale dei possibili siti di stoccaggio delle scorie radioattive Politica e comunità in trincea, ma Legambiente plaude:" Si risolve un grande problema di sicurezza"
Alla fine la voce fuori dal coro è quella di Legambiente. Che, mentre tutti i partiti si ribellano contro quello che giudicano un fantasma nucleare, è l’unica ad aprire le porte. Una contraddizione? No, perché la candidatura di quattro località siciliane – Trapani, Calatafimi- Segesta, Butera e una porzione delle Madonie a cavallo fra Castellana Sicula e Petralia Sottana – fra le 67 che potrebbero ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, viene benedetta dagli ambientalisti che in questa idea vedono l’occasione di mettere in sicurezza le scorie nucleari da tempo sparpagliate per tutta Italia, e promossa dagli osservatori economici, che scorgono nel piano una chance per la crescita economica. Una considerazione su tutte: in Francia questo deposito è ospitato dalla regione dello Champagne, la porzione a nord- est del Paese transalpino che del rapporto con la natura, che lì produce la bollicina per eccellenza, ha fatto il proprio brand.

Come un sigillo

Il deposito è una struttura sigillata per più di 3 secoli: dopo 300 anni, infatti, secondo Sogin, la società che si occupa dello smantellamento delle centrali nucleari, le scorie decadono « a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente » . A ospitarlo sarebbe un’area di 150 ettari: e se 40 sono destinati a un parco tecnologico, 110 sono riservati al deposito vero e proprio, una struttura a matrioska pensata per evitare contaminazioni. L’impianto è composto da 90 costruzioni in calcestruzzo armato, all’interno delle quali verranno collocati i moduli in calcestruzzo speciale, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività. Si tratta dei residui delle centrali smantellate in Italia dopo il referendum del 1987 e i rifiuti prodotti dalla medicina nucleare ( che li usa ad esempio per la cobaltoterapia o per i traccianti anti- tumorali): sui primi, però, c’è un dibattito, perché ad esempio il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciofani, chiede che il deposito ospiti solo i residui medici e non il materiale di scarto della produzione di energia, suggerendo invece per questo un sito di smaltimento europeo da far ospitare a un Paese ancora attivo nel nucleare civile come ad esempio la Francia.

E ti vengo a cercare

Proprio la Francia è indicata come un modello dagli estimatori del deposito: nello Champagne, infatti, l’impianto di stoccoggio ha provocato ricadute economiche enormi nei dintorni per l’indotto generato da un apparato tecnologico di altissimo livello. In Italia i ministeri dello Sviluppo economico e dell’ambiente, che hanno dato il via libera preliminare alla short list da cui dovrà essere scelto il sito che ospiterà il deposito, stimano in 4.200 i posti di lavoro per i 4 anni previsti per la costruzione ( duemila nel cantiere, 1.200 indiretti e mille nell’indotto), in 900 milioni di euro l’investimento e in 700 gli occupati stabili. A questo si aggiunge una politica di compensazioni che però è ancora da definire: un contributo economico – che dovrà essere calcolato dal ministero dello Sviluppo economico – che secondo Sogin verrà corrisposto « non solo come indennizzo per la porzione di territorio che sarà occupata per un lungo periodo, ma anche per riconoscere una forma di valore aggiunto alle comunità che accettano di partecipare alla realizzazione di un servizio essenziale per lo sviluppo del Paese » . L’ipotesi al momento allo studio è una compensazione di 15 milioni all’anno durante l’esercizio e più ridotta durante la costruzione.

Voglio vederti danzare

Il problema, però, è che dei quattro luoghi indicati in Sicilia tre sono ad alta sismicità: « L’unico luogo realmente idoneo – osserva Beppe Amato dell’ufficio di presidenza di Legambiente – è Butera, che ha in zona di sismicità 3, dunque bassa e con scuotimenti modesti. Gli altri tre siti sono invece a sismicità 2, media e con terremoti anche abbastanza forti » . Tutto tranquillo, dunque, nella località in provincia di Caltanissetta? No: « In realtà – annota Amato, che pure è favorevole – al momento del terremoto il Belice era considerato a bassa sismicità » . Nella mappa – elaborata sulla base di 28 criteri e pubblicata ieri dopo un’attesa durata cinque anni – tutti e quattro i siti siciliani, comunque, sono collocati in una fascia di più bassa priorità per la penalizzazione di trovarsi in una regione insulare.

Giù dalla torre

Comunque sia, il progetto riceve già un fiume di " no" dalla Sicilia. Non le prime obiezioni, a dire il vero: la mappa è attesa dal 2015, e da allora gli inciampi sono stati frequenti, appunto spingendo i governi che si sono susseguiti a rinviarla. In estate la realizzazione del deposito era stata agganciata al Recovery plan, che vincolerebbe l’Italia a costruirlo: adesso nella bozza in discussione in Consiglio dei ministri non c’è alcun riferimento al deposito, ma in compenso lo Stato è costretto ad agire per la procedura d’infrazione che l’Unione europea ha aperto nel frattempo. La politica ha già aperto il fuoco di sbarramento: a dirsi contrari sono in un coro univoco Erasmo Palazzotto di Leu e Alessandro Aricò di Diventerà Bellissima, i Centopassi di Claudio Fava e Alberto Samonà della Lega ( oltre allo stesso Matteo Salvini), i grillini all’Ars ( che accusano il governo Musumeci) e l’assessore regionale al Territorio Toto Cordaro (che invece se la prende col governo Conte per una « decisione calata dall’alto » ), ma soprattutto i sindaci dei comuni interessati. La procedura, però, è molto lunga: adesso ci saranno sessanta giorni per presentare obiezioni, ma secondo il cronoprogramma stilato dal ministero dell’Ambiente potrebbero servire anche 5 anni per arrivare alla realizzazione. Per le polemiche, insomma, c’è tempo. Per un progetto appena nato e già nel mirino.



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