martedì, dicembre 22, 2020

Grazie Bonelli, Tex Willer è un "vizio" a cui non so rinunciare


IL BLOG 
di DARWIN PASTORIN
Continuo a leggere da quando ero ragazzino del ranger contro tutte le ingiustizie
Per me Tex Willer è un “vizio”, come era Omar Sivori per Gianni Agnelli. Non riesco a fare a meno del mio fumetto preferito, che continuo a leggere, in tutte le sue varie edizioni, da quando ero ragazzino. Non solo un giornalino: ma una miniera di avventure, di simboli, di galoppate continue tra il sogno e il West, un recupero costante della giovinezza, così come avviene per la tua squadra del cuore. Da giovane avevo tre miti: il centravanti dalla rovesciata proletaria Pietro Anastasi della Juventus, il ranger Tex che combatteva contro tutte le ingiustizie, proprio come il rivoluzionario Che Guevara, che agognava l’Uomo Nuovo.

Il 22 dicembre è un anniversario speciale: nel 1908, a Milano, nasceva Gianluigi Bonelli, lo scrittore che, favoleggiando l’America della frontiera, dei saloon, dei buoni e dei cattivi, dei soldati e degli indiani, ideò Tex, realizzato graficamente da Aurelio Galleppini, per noi devoti il favoloso “Galep”. La prima striscia è datata 30 settembre 1948. Bonelli ha creato, come Emilio Salgari, un universo di personaggi: ma a lasciare il segno continua a essere Tex con i suoi pards: l’amico fraterno Kit Carson, il figlio Kit, avuto dall’amata Lilyth, figlia del sakem Freccia Rossa, morta giovane a causa di mercanti senza scrupoli, e l’indiano navajo Tiger Jack.

Tex è diventato, nel tempo, e grazie a un successo di vendite enorme, un personaggio letterario, un fenomeno politico, filosofico e sociale. Su di lui hanno scritto e meditato Umberto Eco (“Quando è arrivato Tex ero già uscito dai fumetti, quindi non ha fatto parte della mia infanzia. Ciò non toglie nulla alla grandezza di Bonelli, che ha creato un ciclo interminabile con la sua fantasia sfrenata. Un personaggio mitico, come il suo Tex”), Giulio Giorello, Gianni Bono e Claudio Paglieri; Francesco Guccini, Roberto Benigni e Sergio Cofferati sono dei fedelissimi; in libreria è possibile trovare “Il vangelo secondo Tex Willer” di Brunetto Salvarani e Odoardo Semellini, prefazione di Paolo Naso, postfazione di Antonio Staglianò (Claudiana). 

Bonelli ci ha lasciato nel 2001, ma con il suo Tex continua a vivere: proponendoci, con i suoi eredi, storie che non smettono di emozionarci, di spalancarci i cancelli della prateria e dell’emozione, tra l’Arizona e il Messico, in luoghi sperduti e desolati, in città affollate e dense di trappole, con qualche fuga a Cuba o in Guatemala. Il ranger, che ha lottato contro nemici terribili come il mago e illusionista Mefisto, tra una cavalcata e l’altra, ci ripropone, con vigore, il mito eterno dell’eroe senza macchia e senza paura, sempre pronto a schierarsi dalla parte dei deboli, degli emarginati, degli invisibili.

Al papà di Tex dobbiamo, come ci insegna Giorello (“La filosofia di Tex e altri saggi”, Dal  fumetto alla scienza, prefazione di Roberto Festi, postfazione di Gianfranco Manfredi, Mimesis), un “tratto costante” che “va ricercato nella coppia di termini ‘giustizia’ e ‘libertà’”. Ecco: il nostro ranger, capo dei navajos con il nome di “Aquila della notte”, ha come missione la Verità, a costo di rischiare la pelle a ogni missione. E con Willer è meglio non fare mai i furbi: non possiede il senso dell’umorismo del suo pard Kit Carson e ha la Colt facile, facilissima...

22/12/2020

https://www.huffingtonpost.it/entry/grazie-bonelli-tex-willer-e-un-vizio-a-cui-non-so-rinunciare_it_5fe1ff38c5b64e4420ffcb66?utm_hp_ref=it-homepage&ncid=newsltithpmgnews

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