venerdì, ottobre 02, 2020

Il quartiere si ribella e parla con i carabinieri: sgominata la banda dello spaccio al Capo


di Francesco Patanè 
Undici arresti grazie a una ventina di segnalazioni di residenti della zona " Invece di girarsi dall’altra parte hanno scelto di raccontare tutto ai militari"
Una parte dei residenti del Capo si ribella allo spaccio di droga e alla violenza di strada segnalando ai carabinieri quanto accade giorno e notte in piazza Beati Paoli, in via Porta Carini e negli stretti vicoli del rione dove comandano spacciatori, bande di rapinatori e piccoli estorsori con la benedizione dei boss del mandamento di Porta Nuova. Un cambio di atteggiamento che ha un valore enorme in un quartiere stretto fra il tribunale e il comando provinciale dei carabinieri ma che continua ad essere ad altissima infiltrazione mafiosa con una piazza di spaccio fra le più importanti del centro di Palermo e dove l’omertà era la regola. Nell’indagine che ha portato ieri all’arresto di undici fra spacciatori e capi di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga un ruolo chiave lo hanno avuto le segnalazioni ai carabinieri della stazione di Palermo centro di una ventina di residenti «che invece di girarsi dall’altra parte e accelerare il passo, hanno scelto di contattare i militari e raccontare le quotidiane scene di spaccio davanti alle chiese e alle scuole del quartiere » commenta il comandante della compagnia di piazza Verdi Carmine Gebiola che poi sottolinea come " È grazie all’aiuto che i militari danno tutti i giorni a chi è in difficoltà per l’emergenza Covid 19 o perché malato o semplicemente perché in condizioni di estrema povertà che si è creato un rapporto di fiducia con la parte sana del quartiere che vede la stazione di Palermo Centro come un punto di riferimento nella zona » . Certo non sono denunce messe nero su bianco con i nomi dei residenti che si sono rivolti all’Arma, sono confidenze, qualche foto fatta con il telefonino, che all’inizio dell’indagine sono state preziosissime soprattutto perché tutte hanno dipinto un identico scenario confermato dall’attività dei militari.

I quattro fratelli Miccichè erano riusciti a prendere il controllo dello spaccio di droga al Capo. Soprattutto grazie a Benito Miccichè considerato dal gip Fabio Pilato nell’ordinanza di custodia cautelare il capo indiscusso dell’associazione a delinquere. Nella ricostruzione dei sostituti procuratori Salvatore Leopardi e Bruno Brucoli, Miccichè il promotore dell’associazione, l’uomo che gestiva l’approvvigionamento di tutti i tipi di stupefacente, stabiliva i turni delle vedette e degli spacciatori su strada, decideva la rotazione dei piccoli magazzini accanto alle bancarelle del mercato dove conservare la droga. Le indagini, scattate due anni fa e durate sei mesi ( da giugno a novembre del 2018) hanno permesso di interrompere un traffico di droga che nei fine settimana arrivava a fruttare fino a tremila euro al giorno. Soldi che gli investigatori hanno documentato finivano nelle tasche di Miccichè che poi li distribuiva destinando una fetta degli incassi anche alla famiglia mafiosa del quartiere.

L’organizzazione, per come ricostruito dai carabinieri, poteva contare su una copiosa schiera di pusher e vedette, che operavano con serrate turnazioni giornaliere, in sinergia con i responsabili operativi della piazza ai quali spettava la custodia del denaro provento delle cessioni di stupefacente ma soprattutto aveva la disponibilità di magazzini e garage, riconducibili ai membri dell’organizzazione, posti nelle immediate vicinanze della piazza di spaccio, dove poter occultare e stoccare lo stupefacente in modo tale da poterne disporre prontamente.

Che l’aria nel rione Capo stia cambiando da qualche mese lo dimostra anche l’intervento di un residente che ad inizio luglio ha accolto nell’androne di casa sua un giovane senegalese strappandolo alla ferocia di tre malviventi del quartiere che lo stavano picchiando a sangue per una parola di troppo. Anche in quel caso un abitante del Capo raccontò agli investigatori del commissariato Centro della polizia e contribuì all’identificazione dei tre autori del pestaggio arrestai due settimane dopo.

La Repubblica Palermo, 1 ottobre 2020

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