mercoledì, giugno 10, 2020

In Italia la polizia sparava e non si inginocchiava

L'eccidio di Avola nel 1968

EMANUELE MACALUSO
L’uccisione, con ferocia, del giovane afroamericano George Floyd da parte della polizia di Minneapolis, ha provocato negli Stati Uniti un grande movimento antirazzista con manifestazioni alle quali hanno partecipato milioni di persone, tantissimi giovani, neri e bianchi. Mi ha colpito vedere tanti poliziotti solidarizzare con le proteste, inginocchiandosi. Con loro anche la speaker della Camera, Nancy Pelosi. Solo il presidente Trump ha manifestato la sua arroganza, criticando chi dignitosamente si era messo in ginocchio. I poliziotti responsabili dell’omicidio sono in carcere e rischiano una condanna a 40 anni.

Ci sono momenti in cui la democrazia americana dà risposte adeguate ad avvenimenti che meritano una forte condanna. In Italia, negli anni dello “scelbismo”, presidente del Consiglio De Gasperi, e che furono anche gli anni in cui la mafia uccise 36 e più capilega in Sicilia, nessuno pagò, nessuno venne arrestato. Invece, la polizia sparava ai lavoratori che pacificamente lottavano per il lavoro e per la pace. Ricordo l’uccisione nel 1951 del giovane bracciante  Damiano Lo Greco di Piana degli Albanesi (Palermo). A Reggio Emilia, nel luglio 1960, furono fucilati cinque lavoratori: Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli ed Emilio Reverberi. 

Nel 1968, ad Avola (Siracusa) la polizia sparò a freddo contro un pacifico corteo di braccianti che chiedevano lavoro. Due furono falciati a morte: Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona. Mi limito a questi ricordi ma furono molti di più i caduti, nel resto del Paese, sotto i colpi sparati dalla polizia. Ebbene, nessuno ha mai pagato per quegli omicidi. Nessun poliziotto si è mai inginocchiato, nemmeno al momento dei funerali.

Nella storia del nostro Paese le vicende delle lotte del mondo del lavoro sono state archiviate. E sembra che in Italia tutto si sia svolto nel rispetto della Costituzione e della vita di chi lavora e di chi protesta. Non è così. Le vicende di quegli anni andrebbero raccontate e di nuovo ricordate ai giovani di oggi. Dovrebbe farlo anche la Cgil.

(10 giugno 2020)

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