mercoledì, aprile 29, 2020

Intervista ad Emanuele Macaluso: «Cari ragazzi vi dico: battersi per i più deboli, è una vita ben spesa». «Il socialismo è un’idea di uguaglianza ancora valida»


UMBERTO DE GIOVANNANGELI
Novantasei primavere di lucidità e coraggio, il grande vecchio della sinistra italiana mantiene intatte energia e passione politica e indica l’Europa come l’unica possibilità per vincere i sovranisti.
«Una sinistra che è ancora tale non deve avere paura, vergogna, della sua storia, delle sue battaglie, dei principi di giustizia sociale e di progresso che ne hanno ispirato l’azione. Battersi per l’uguaglianza, per il lavoro, per difendere e ampliare i diritti sociali e di cittadinanza, ecco tutto questo lo racchiudo in una parola, nobile, alta: socialismo». Novantasei primavere di lucidità e coraggio. Emanuele Macaluso, grande vecchio della sinistra, mantiene intatte energia, lucidità, passione politica che l’hanno guidato in tutta la sua lunghissima esperienza politica. Una esperienza che ha attraversato il secolo scorso e si proietta, con articoli e rifl essioni che lasciano ancora oggi il segno, ai giorni nostri: la Sicilia dei braccianti, (fu lui a parlare a Portella della Ginestra il Primo Maggio del 1948, l’anno dopo la strage mafi osa, e l’anno scorso, a 95 anni è voluto tornare a parlare nel luogo dove la banda di Salvatore Giuliano sparò contro la folla uccidendo 11 persone), Togliatti che lo chiamò a Roma, la Guerra Fredda, la direzione dell’Unità ai tempi di Enrico Berlinguer, una vita assieme a Giorgio Napolitano nella corrente migliorista. Il Riformista, di cui è stato anche direttore lo ha intervistato e, per chi scrive, è stata una esperienza emozionante.
Biagio De Giovanni ha sostenuto sulle colonne di questo giornale che la sinistra potrà avere un futuro solo se saprà inventare nuove vie all’uguaglianza, lontane dal socialismo. Massimo Salvadori, sempre su “Il Riformista”, ha sostenuto, invece, che fuori dalle socialdemocrazie, non c’è spazio per l’uguaglianza. Lei pensa che nel Terzo Millennio, socialismo sia un concetto, una parola, un orizzonte ideale e politico da archiviare per una sinistra che vuole rilanciarsi?
Io penso di no. Penso che la battaglia di una sinistra che è sinistra, è l’uguaglianza. Una battaglia per i diritti, per il lavoro. Tutte battaglie che il socialismo ha espresso, portato avanti, non solo nel secolo scorso, ma anche nell’800. Si tratta di un patrimonio incancellabile, e dico questo non perché nostalgico del tempo che fu, ma perché la società di oggi, se non ci fosse stata questa forza, sarebbe stata diversa, e non certo migliore. Guai a dimenticarlo. Le prime battaglie laburiste per un sistema sociale più equo, più solidale, più attento e attivo verso le fasce più deboli della popolazione, sono battaglie che iniziarono con Turati e sono tutte cose che non possono, che non devono essere dimenticate. I grandi leader della sinistra sono stati tali perché hanno sempre pensato e agito tenendo in conto gli interessi nazionali e delle classi lavoratrici. Una sinistra degna di sé non ammaina bandiere gloriose e attuali come sono quelle della Resistenza e della Liberazione. Da questo seme sono nate poi nel ‘900 le grandi battaglie della sinistra, e in Italia anche con il Pci che, a mio avviso, esercitò una funzione socialdemocratica. Basti pensare cosa siano stati i Comuni amministrati dalla sinistra, cosa è stata l’Emilia Romagna dove il Pci ha rappresentato una forza fondamentale con una funzione socialdemocratica, con la costruzione di un sistema sociale straordinario. Pensiamo agli asili per i bambini, all’assistenza per gli anziani, al servizio sanitario pubblico... Pensiamo anche al ruolo progressista che a Milano ha svolto l’amministrazione socialista. Ritengo che questa forza è stata essenziale, e che ha contribuito fortemente alla modernizzazione e al progresso dell’Italia.
Cosa rappresenta il “nuovismo ” a sinistra e per la sinistra?
Il nuovismo a sinistra è stato una grande deviazione. Il nuovismo non ha nulla a che fare con la sinistra. Il nuovismo non è sinonimo di progresso, ci sono forme di nuovismo reazionario.
In questo tempo segnato da una crisi pandemica globale, da più parti si è detto e ripetuto che dopo il flagello del Coronavirus, niente sarà più come prima. Cosa significa questo per lei?
Guardi, a certi slogan io ci credo poco. Nulla sarà più come prima se ci saranno forze politiche e sociali che faranno sì che davvero nulla sarà più come prima. Non sarà la pandemia in sé a determinarlo. Se guarisci dalla malattia non è detto che per questo diventi una persona migliore. Una sinistra degna di questo nome non deve aver paura o incertezza nell’affermare che non siamo tutti uguali davanti al virus. Il miglioramento può avvenire solo da un attivismo sociale di forze che si muovono in un orizzonte di progresso. Ma che ciò accada, specie in Italia, è tutt’altro che scontato. In questo sfortunato Paese possono vincere anche forze di destra, e u n a destra reazionaria, d e l l a peggior specie. Sottovalutare questo pericolo sarebbe esiziale.
Guardando non solo al nostro Paese ma all’Europa, c’è il rischio che ad affermarsi sia un sovranismo ultranazionalista?
Questo pericolo c’è, ma c’è anche una consapevolezza nelle forze più mature, non solo progressiste, che l’affermarsi di una economia che regga in questo mondo globalizzato, non può essere garantito dal sovranismo ma dall’Europa. Noi parlavamo dell’attualità del socialismo. Ebbene, io sono fermamente convinto che il socialismo del Terzo Millennio o è europeista o non ha futuro. Se tra gli Stati Uniti e la Cina, i grandi competitori mondiali, ci saranno solo Paesi europei disuniti, ciascuno di essi sarà solo una pedina nello scacchiere dominato da Washington e Pechino. Se vuoi contare davvero c’è bisogno di una Europa più unita, che non sia solo una moneta ma che abbia più poteri statuali, altrimenti con l’America e la Cina non ci sarà partita. Se l’Europa non va verso una federazione, con un esercizio unico del potere, a cominciare da campi cruciali come quelli fi scale, economico, sociale, con una economia sempre più integrata, se non si muoverà, con decisione, rapidità e condivisione d’intenti, in questa direzione, l’Europa si autocondannerà a un inesorabile declino. Nessuno si salva da solo.
In questa ottica e dentro questo orizzonte deve dunque muoversi il socialismo del Terzo Millennio e la sinistra?
Assolutamente sì, ma per farlo la sinistra deve ripensarsi. Di certo non può più vivere di rendita, perché questa rendita non esiste praticamente più. Guardiamo alla Francia, e a cosa si è ridotto quello che con Francois Mitterrand è stato un grande partito: il partito socialista. In Italia c’è il Pd e null’altro, ma non mi pare che sia una forza suffi ciente per esercitare un ruolo incisivo in Europa. In Grecia, è tornata a governare la destra, c’è la Spagna, con un premier socialista, e il Portogallo, con un governo socialista... Sono cose importanti, certo, ma non sufficienti per poter sostenere che nel Vecchio continente spiri un vento socialista...
Lei ha attraversato la storia della sinistra per una vita. E ancora oggi, i suoi scritti vengono letti da tanti giovani. Ecco, se oggi dovesse dire in poche parole a un “millennial” italiano cosa è il socialismo e perché vale ancora la pena di battersi per quei principi che l’hanno ispirato, che parole sceglierebbe?
Gli direi: guarda cosa è questo Paese, il tuo Paese oggi, quello in cui stanno crescendo sempre più le diseguaglianze, guarda come crescono le povertà. Noi abbiamo un processo gravissimo di impoverimento, e ritengo che questo sia dovuto anche alla scarsa forza della sinistra. E quando mi riferisco alla sinistra non penso solo ai partiti, alle forze politiche, ma anche a fondamentali corpi intermedi sociali, come il sindacato. Il sindacato, la Cgil, che pure ha un bravo segretario come Landini, deve fare di più per estendere e radicare la propria rappresentanza. Pensiamo ai migranti, un nuovo proletariato, persone, lavoratori che vengono sfruttati nella raccolta dei pomodori, costretti a vivere in condizioni disumane, alla mercé di caporalati e di padroni senza scrupoli. A costoro, e a chi continua ancora a chiudere gli occhi di fronte a questa tragica realtà, io vorrei gridare loro: miserabili, che avete fatto! Ai migranti che lavorano nei campi, o che badano alle persone anziane, devono essere garantiti dignità, diritti, cittadinanza. Devono essere regolarizzati, perché sono persone inserite e inseribili nel mondo sociale e civile di questo Paese. A un giovane d’oggi direi questo: battersi per i più deboli è una vita ben spesa.
Il Riformista, 29 aprile 2020

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