domenica, maggio 05, 2019

L’Anniversario dell’omicidio del Procuratore di Palermo Scaglione sarà ricordato con un convegno su Mafia e Antimafia durante il fascismo

L'omicidio Scaglione in via dei cipressi a Palermo
Il quarantottesimo anniversario dell’omicidio del procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione e del fedele agente Antonio Lorusso sarà ricordato lunedì 6 maggio, alle ore 16, nell’Aula Magna della Società Siciliana per la Storia Patria, in Piazza San Domenico 1, a Palermo, nell’ambito del convegno “Mafia e Antimafia durante il fascismo”, evento formativo dell’Ordine dei Giornalisti, organizzato da Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Storia Patria. Alla conferenza – introdotta dai professori Salvatore Savoia (Segretario generale della Società Siciliana per la Storia Patria) e Antonio Scaglione (figlio del procuratore assassinato) - interverranno lo storico Giuseppe Carlo Marino, il giornalista Franco Nicastro (consigliere nazionale dell’Ordine dei Giornalisti) e il regista Ottavio Terranova (Vicepresidente nazionale dell’Anpi).

Entrato in magistratura nel 1928, Pietro Scaglione “dimostrò indipendenza di giudizio anche durante il ventennio fascista”(come scrissero anche i giornalisti Enzo Perrone e Rosario Poma nel volume “La mafia: nonni e nipoti”, Vallecchi, Firenze, 1971).Nella sua lunga carriera di giudice e pubblico ministero, le battaglie in difesa dell’autonomia dei magistrati dal potere esecutivo si alternarono con l’impegno per la verità sui misteri siciliani.
In relazione alla strage di Portella della Ginestra del Primo maggio di 72 anni fa, il Pubblico ministero Pietro Scaglione, nel 1953, definì l’uccisione dei contadini come un “delitto infame, ripugnante e abominevole” e accreditò come principali moventi: la “difesa del latifondo e dei latifondisti”; la lotta “ad oltranza” contro il comunismo che Salvatore Giuliano “mostrò sempre di odiare e di osteggiare”; la volontà da parte dei banditi di accreditarsi come “i debellatori del comunismo”, per poi ottenere l’amnistia; la volontà di “usurpazione dei poteri di polizia devoluti allo Stato”; la “punizione” contro i contadini che allontanavano i banditi dalle campagne.
Nel 1954, Scaglione, nella qualità di Sostituto procuratore generale presso la Corte di appello di Palermo, si recò con un segretario, previo incarico del Procuratore generale, nel carcere palermitano dell’Ucciardone per interrogare il detenuto Gaspare Pisciotta, appartenente alla banda Giuliano; il Pisciotta si rifiutò, però, di fare qualsiasi dichiarazione in quanto voleva <<parlare a quattr’occhi con un magistrato>> senza la presenza di altre persone e senza alcuna documentazione delle sue dichiarazioni. Il magistrato Scaglione allora gli fece presente che le norme di legge imponevano la presenza del segretario e la documentazione mediante verbale delle dichiarazioni rese. Pisciotta rispose che, eventualmente dopo un periodo di riflessione, avrebbe richiamato il magistrato (v. LONGONE,Pisciotta annunciò al magistrato gravissime rivelazioni, inL’Unità14 febbraio 1954). Successivamente all’omicidio in carcere del Pisciotta, il magistrato Scaglione si occupò delle indagini e <<aveva cominciato a ricostruire la strada che portò il[medicinale, n.d.r.]Vidalin nella cella di Pisciotta. E come sempre c’erano di mezzo alcuni mafiosi>> (S. PALAZZOLO,Pisciotta non fu ucciso dal caffè, ma i fascicoli sul traditore di Giuliano sono spariti, inla Repubblica, 7 novembre 2000, p. 35).
Il Procuratore Scaglione promosse anche numerose inchieste a carico di politici, di amministratori e di colletti bianchi, come risulta dagli atti giudiziari, dalle sentenze e dalla testimonianza del giornalista Mario Francese (ucciso nel 1979). Come scrisse Francese, infatti,“Pietro Scaglione fu convinto assertore che la mafia aveva origini politiche e che i mafiosi di maggior rilievo bisognava snidarli nelle pubbliche amministrazioni. E’ il tempo del cosiddetto braccio di ferro tra l’alto magistrato e i politici, il tempo in cui la linea Scaglione portò ad una serie di procedimenti per peculato o per interesse privato in atti di ufficio nei confronti di amministratori comunali e di enti pubblici”. Il riacutizzarsi del fenomeno mafioso, negli anni 1969-1971, “aveva indotto Scaglione ad intensificare la sua opera di bonifica sociale”, infatti, richieste di “misure di prevenzione e procedimenti contro pubblici amministratori ……hanno caratterizzato l’ultimo periodo di attività del Procuratore capo della Repubblica” (Il giudice degli anni più caldi, inil Giornale di Sicilia, 6 maggio 1971, p. 3).
Scaglione si occupò anche della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro nel settembre del 1970. L’intervento di Scaglione fu “attivissimo” come dichiarò anche la moglie del giornalista scomparso nel periodico “La Domenica del Corriere” del 13/6/1972.
Il Procuratore Scaglione svolse altresì, con impegno e dedizione, la funzione di Presidente del Consiglio di Patronato per l’assistenza alle famiglie dei detenuti ed ai soggetti liberati dal carcere, promuovendo, tra l’altro, la costruzione di un asilo nido; per queste attività sociali, gli fu conferito dal Ministero della Giustizia il Diploma di primo grado al merito della redenzione sociale, con facoltà di fregiarsi della relativa medaglia d’oro.
Infine, con Decreto del Ministero della Giustizia, previo parere favorevole del Consiglio Superiore della Magistratura, Pietro Scaglione fu riconosciuto “magistrato caduto vittima del dovere e della mafia”.
Il sacrificio del procuratore Scaglione (ucciso il 5 maggio del 1971) è ricordato, oltre che dalla lapide in via Cipressi (luogo del delitto), anche da strade intitolate a Palermo e in altre località, da aule intestate nei Palazzi di Giustizia, da steli collocate nelle Università, da 
da targhe e da alberi piantati nei Parchi e nei Giardini della Memoria.
5 maggio 2019                                                                
I familiari del Procuratore Scaglione
Prof. Antonio Scaglione

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