sabato, maggio 19, 2018

Lettera aperta a Paolo Borrometi: "Benvenuto a Corleone!"

Paolo Borrometi
di DINO PATERNOSTRO
Caro Paolo,
sono contento di poterti incontrare lunedì prossimo nell'aula magna del liceo di Corleone, dove si svolgerà il dibattito "Legalità e libera informazione". Insieme agli studenti di Corleone e ai rappresentanti delle istituzioni cittadine, ti manifesterò la stima e l'apprezzamento per l'importante lavoro di informazione che svolgi e la solidarietà piena e incondizionata per le minacce a cui troppo spesso vieni sottoposto. Fare vera informazione non è facile in nessuna parte del mondo. In Sicilia lo è meno di tanti altri luoghi. Lo sai tu e, purtroppo, lo so anche io. Tanti anni fa, nel lontano 1989, insieme ad un gruppo di giovani abbiamo dato vita ad un giornale locale - "Corleonese Notizie" (poi diventato "Città Nuove") - per sostituire la sub-cultura dell'omertà con la cultura della parola. Una scelta apprezzata da tanti corleonesi e siciliani onesti, ma che infastidì i mafiosi e i loro amici. Infatti, la notte tra il 16 e il 17 aprile 1991, i locali della nostra redazione, siti nella centralissima via Bentivegna, furono dati alle fiamme. Per noi fu uno shock, ma grazie alle tante solidarietà continuammo ad operare a Corleone, facendo finta di vivere a Stoccolma.
Quindici anni dopo, la notte tra il 28 e il 29 gennaio 2006, a svegliarmi di notte furono i poliziotti del commissariato di Corleone. "La sua macchina sta prendendo fuoco", mi dissero. In effetti, la mia Opel Vectra fu distrutta da un incendio. Ero ancora il direttore di "Città Nuove", qualche mese prima avevo scritto "I Corleonesi", la storia della mafia di Corleone, ed ero segretario della Camera del lavoro di Corleone. Anche stavolta scattarono le solidarietà, ma la paura fu tanta e mai del tutto superata. Ma continuai, continuammo ad andare avanti, facendo sempre finta che Corleone fosse Stoccolma.
Lo scorso 28 marzo sono stato chiamato a testimoniare presso il Tribunale di Termini Imerese nel processo contro il genero di Antonietta Bagarella e Totò Riina, Tony Ciavarello, che nel giugno del 2016 aveva definito il giornalista di Repubblica Salvo Palazzolo un buffone, come me, ma io di più perché sono “un paesano” e dovrei conoscere gli usi e i costumi del mio paese. Ciavarello mi aveva sfidato a denunciarlo ed io l'ho fatto. Direi una bugia se sostenessi di non essere preoccupato, ma un cittadino democratico, che ha un ruolo anche piccolo nel mondo dell'informazione, non si può piegare alle offese e alle minacce di un simile personaggio.    
Come vedi, caro Paolo, capisco benissimo come si possa vivere e come ci si possa sentire in una terra di frontiera come la Sicilia, per averlo più volte sperimentato sulla mia pelle. Per questo la mia solidarietà nei tuoi confronti è davvero forte e convinta!
La mafia e la politica complice continuano a martoriare la nostra terra, ma noi abbiamo il dovere di non arrenderci e di combattere per una società migliore. Dobbiamo avere fiducia nelle giovani generazioni, nei ragazzi delle nostre scuole e nei loro insegnanti, nelle ragazze e nei ragazzi del Cidma, nelle associazioni per si battono ed operano per creare lavoro e sviluppo e nella legalità.
Benvenuto a Corleone, Paolo!
Dino Paternostro   

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