mercoledì, aprile 11, 2018

“Dobbiamo colpirlo. Bum a terra”. I boss volevano uccidere il giornalista Borrometi

Il giornalista Paolo Borrometi

Siracusa, nel mirino il direttore del giornale on line "La Spia". Le microspia della polizia svelano il piano: "Ogni tanto un morto vedi che serve" 

di SALVO PALAZZOLO
I mafiosi di Pachino, profondo Sud della Sicilia, stanno perdendo la faccia con gli articoli di Paolo Borrometi, il coraggioso direttore del giornale on line "La Spia", collaboratore dell'Agenzia Agi. E hanno deciso di intervenire, un'intercettazione della polizia ha svelato parole agghiaccianti. Il 20 febbraio scorso, Giuseppe Vizzini dice: "Succederà l'inferno". Sussurra le parole, accenna a una casa da prendere in affitto a Pozzallo. "Picca n'avi". Poco gli resta. "Quindici giorni, via, mattanza per tutti e se ne vanno". È un crescendo. "Scendono, scendono, scendono una decina... cinque, sei catanesi, macchine rubate, una casa in campagna, uno qua, uno qua... la sera appena si fanno trovare, escono". I catanesi sono i killer del clan Cappello, in contatto con il capomafia di Pachino, Salvatore Giuliano, attualmente è libero dopo aver scontato 22 anni di carcere, Vizzini è un suo fedelissimo.
I mafiosi di Pachino avevano un'idea ben precisa sul da farsi per fermare Borrometi, che da quattro anni vive sotto scorta dopo avere ricevuto ripetute minacce da parte dei boss, e anche un'aggressione fisica: "Dobbiamo colpire a quello. Bum, a terra. Devi colpire a questo, bum, a terra. E qua c'è un iocufocu (un fuoco d'artificio - ndr). Come era negli anni Novanta, in cui non si poteva camminare neanche a piedi". I boss di Pachino sono dei pericolosi nostalgici. Il figlio di Giuseppe, Simone, rilanciava: "Così, si dovrebbe fare". E ancora Giuseppe: "Lo sai che ti dico? Ogni tanto un murticeddu (un morto ndr) vedi che serve... per dare una calmata a tutti. Un murticeddu, c'è bisogno, così si darebbero una calmata tutti gli sbarbatelli".
 
Queste parole sono finite nell'ordinanza di custodia cautelare richiesta al gip di Catania dal pm della direzione distrettuale antimafia Alessandro
 Sorrentino. Tre le persone arrestate dai poliziotti del commissariato di Pachino: Giuseppe Vizzini e i figli Simone e Andrea. Una quarta persona è ricercata. Sono accusati di aver fatto esplodere un ordigno per minacciare un curatore fallimentare, l'avvocato Adriana Quattropani, che doveva assegnare un distributore appartenuto alla moglie di Giuseppe Vizzini. Intanto, è in corso il processo a Salvatore Giuliano e al figlio Simone, per le minacce a Paolo Borrometi.
 La Repubblica, 10 aprile 2018

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