martedì, febbraio 13, 2018

L’ex rettore di Messina candidato del Pd. Dallo zio boss ai patti proibiti: Navarra corre contro i veleni

Pietro Navarra, il terzo da sinistra, accanto a Davide Faraone
Dal nostro inviato EMANUELE LAURIA,
Il volto nuovo dei dem della Sicilia: basta strumentalizzare Ma accuse e sospetti non si fermano
MESSINA - «So che si può fare, so che ci riusciamo» . Il cambio di set è rapido. E nel salone del nuovo comitato elettorale il manifesto di Pietro Navarra, l’ex rettore candidato di punta del Pd, riempie d’un tratto un’enorme parete. Con tanto di slogan apotropaico: perché ai margini di una Sicilia che, con il referendum e le regionali gli ha riservato cocenti amarezze, Renzi punta sul miracolo della vittoria di un collegio.

Lui, il timido Navarra, si è già calato nel nuovo ruolo: «Noi non siamo sparapalle » . Il suo è il volto della nuova sfida « del sapere e della capacità amministrativa » che unisce Messina alle Marche, dove è in corsa l’ex rettore di Camerino, Flavio Corradino. Navarra vanta il merito di aver « fatto fare passi da gigante » a un ateneo con 3.500 dipendenti, tormentato sin dagli anni ’90 da scandali e arresti. «Non si parla più di verminaio ma di un’università che ha fatto aumentare del 23% le immatricolazioni: qui non ci sono ragazzi che scappano al Nord, ci sono ragazzi che tornano » , spiega il professore di Economia.
Ma è una campagna strana, fatta di poche grida e tanti sussurri. Animata, in avvio, dalla bomba gettata dall’ex governatore Rosario Crocetta, fatto fuori dalle liste. Che ha ricordato come il Magnifico ha sì tutti i titoli accademici ma è anche il nipote di Michele Navarra, storico boss di Corleone: « Prima il Pd candidava i parenti delle vittime, ora i parenti dei mafiosi » . Il rettore ha ricordato che lo zio, fratello del papà, è deceduto dieci anni prima che lui nascesse e ha minacciato querele preventive a chi riportasse la notizia. Finendo per essere censurato dall’ordine dei giornalisti. Ora sbotta: « Nessuno può darmi patenti di moralità, tutti sanno a Messina chi è Pietro Navarra. La mia storia prescinde dai parenti, delinquenti o premi Nobel. Questo tema in campagna elettorale è irrilevante: non ne parlo più». Solo che Renzi, appena sette mesi fa, ha selezionato proprio da queste parti il responsabile legalità del Pd, scegliendo il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci. E Antoci, alle manifestazioni di Navarra, ha deciso di non farsi vedere: « Non entro nel merito ma credo che il concetto di legalità si trasferisca ai nostri elettori anche attraverso la scelta delle candidature. E mi piacerebbe tanto sapere cosa vorranno fare i nostri rappresentanti, da grandi, contro la criminalità » . Parole che celano la richiesta di una chiara presa di distanze dell’ex rettore dal passato familiare, per quanto lontano. Che però, almeno per ora, non c’è. La sua campagna, anzi, prosegue con pochi riferimenti alla mafia.
Difficile schivare i rumors in riva allo Stretto. L’altro, insistente, riguarda un benevolo accordo con Francantonio Genovese, l’ex deputato del Pd passato a Fi, condannato a 11 anni per le truffe nella formazione professionale. Questione di segnali: Fi, nel collegio di Navarra, non fa correre un uomo di Genovese ma la giovane Matilde Siracusano, stagista alla Camera, ex finalista di Miss Italia, da 7 anni lontana da Messina: «Berlusconi? Un uomo senza tempo. Sapevo che cercava candidati e ho mandato il curriculum. Mi ha chiamato Micciché per dirmi che ero stata prescelta». Una storia che non allontana il sospetto di un patto di desistenza a favore di Navarra: «Se non è dichiarato è almeno praticato», dice Gioacchino Silvestro, ex vicepresidente dell’Ars, oggi esponente di Leu.
E si arriva dritto ai buoni rapporti fra i rampolli della borghesia messinese. Genovese e Navarra si conoscono dai tempi della militanza comune nella federazione giovanile della Dc. Qualcuno ricorda oggi che il padre del rettore, il chirurgo Salvatore Navarra, è stato coordinatore cittadino di Fi negli anni ’ 90. Insomma, chissà che alla fine non torni a prevalere quell’asse fra poteri forti che, dice il sindaco ribelle Renato Accorinti, «a Messina non se ne sono mai andati e sono controllati trasversalmente da poche famiglie » . « Qui ci sono solo due imprese, quella dei traghetti e l’Università, e chi le gestisce non si è mai pestato i piedi » commenta Francesco D’Uva, il rivale grillino . « Poteri forti? Non so cosa siano - taglia corto Navarra – I Genovese sono avversari politici, capaci di buone affermazioni. No, non mi offendo se mi votano anche da quella parte, ma ora basta strumentalizzazioni ». Solo un auspicio, nella campagna dei sussurri e dei confini indefiniti.

La Repubblica, 13 febbraio 2018

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