mercoledì, settembre 20, 2017

Fiammetta Borsellino racconta depistaggi e anomalie processuali. “Io non faccio la guerra contro nessuno, voglio conoscere la verità”

Fiammetta Borsellino
Un’idea sul carisma e sulla forza nella ricerca della verità da parte di Fiammetta Borsellino,  della figlia del magistrato ucciso il 19 luglio del 92’, arriva dalla dettagliata e puntuale descrizione di quelle che  chiama anomalie processuali e delle quali, sottolinea  è stata ampiamente informata anche la Commissione antimafia. In modo scrupoloso conquista la platea di un l caffè del centro storico .  “Quello che sto per dire è supportato da documentazione e da atti depositati dalle parti nel processo Borsellino quater – racconta Fiammetta Borsellino- e costituisce una goccia nel mare di atti che comprovano le gravissime anomalie che hanno caratterizzato le indagini ma anche i processi del Borsellino uno e bis”. Ma per capire il quadro processuale bisogna fare un passo indietro e ricostruite il team di magistrati che ha condotto i diversi filoni processuali. Procuratore Tinebra (oggi defunto, il procuratore Carmelo Petralia, il pm Anna Maria Palma e il pm Nino Di Matteo dal novembre 94’ ( è subentrato nella fase dibattimentale). Mentre la Boccassini e Saieva si sono occupati della strage di capaci ma anche loro partecipano ai processi di via D’Amelio, salvo andare via nell’ottobre del 1994. I due magistrati scrivono due lettere di fuoco e che mira a prendere le distanze dai colleghi.In queste missive racconta fiammetta Borsellino ci sono dei richiami che mirano a effettuare gli interrogatori nel rispetto del codice.

“Sarebbe la Boccassini, continua Fiammetta Borsellino a rendersi conto della inattendibilità di Scarantino e ammonisce i colleghi di verbalizzare tutto”.
Scarantino è il pentito che si accusa della strage di via d’Amelio e poi smentito da Spatuzza nel 2011. Ma occorre delineare anche chi erano i poliziotti  sin da quegli anni conducevano le indagini. “ Formano il cosidetto gruppo Falcone- Borsellino – sottolinea la Borsellino- capeggiato da Arnaldo La Barbera (deceduto) e poi ci sono Ricciardi, Bo, Guerrera, Guttadauro, Zerilli e tutte queste persone hanno fatto brillantissime carriere”.
Le indagini sono caratterizzate da vari punti oscuri. E armata di taccuino e fogli Fiammetta Borsellino scende negli “inferi” processuali e procedimentali, ripercorrendo evento su evento.
“Si parte dalla mancata assunzione come teste del procuratore Giammanco, diretto superiore di mio padre. E’ colui che omette di avvertire mio padre sull’esistenza di un’ informativa dei carabinieri che avvertiva dell’ arrivo del tritolo in città e che poi sarebbe servito alla strage.Mio padre ne verrà a conoscenza il 23 giugno 92’ incontrando a Fiumicino, l’onorevole Salvo Andò. E quando mio padre sconvolto ha chiesto una risposta, il procuratore riferisce di aver mandato gli atti alla competente procura di Caltanissetta.I rapporti tra i due non erano semplici, Borsellino tornato da Marsala voleva occuparsi della mafia palermitana, delega arrivata solo durante una telefonata alle 7 del mattino del 19 luglio dove gli delegava le indagini.
Tra le stranezze vi è il mancato esame del Dna nella borsa .“Mia sorella Lucia in realtà nel novembre del 92’ aveva dichiarato che mancava dalla borsa l’ agenda rossa. Una delle cose che si è appreso nel borsellino quater, è che borsa è stata per molto tempo abbandonata nel divanetto della stanza dei La barbera. Quest’ultimo aveva dichiarato il 24-25 luglio del 92’ all’ Ansa chel’ agenda non esisteva e se esisteva era andata distrutta. Sinceramente non si capisce come mai la borsa salva e l’agenda distrutta”.
Una delle più eclatanti riguarda il sopralluogo del garage Orofino dove Scarantino dichiarava di essere stato per imbottire la macchina di tritolo.“Scarantino sembra non riconoscere la modalità di apertura del garage e soprattutto non c’ è stato nessun magistrato di allora che abbia ritenuto di presenziare a un sopralluogo coì importante ne è stato stilato un verbale.Altra cosa è il ritardato deposito di un confronto tra Scarantino e i tre mafiosi ( Cancemi, Di Matteo Santo e Salvatore La Barbera) . Questi umiliarono Scarantino. Peccato che se il confronto fosse stato depositato nel 95’ sarebbe crollato il teorema su Scarantino .“Un’ altra stranezza rigurada la ritrattazione di Scarantino il 26 luglio del 1995, già pentito. Si trovava a San Bartolomeo al Mare decide di ritrattare tutte le sue dichiarazioni dinanzi un giornalista di Studio Aperto e indica nel dott. Arnaldo La Barbera come l’ autore del depistaggio. Questa cassetta viene fatto sparire da La Barbera senza che di questo vi sia un provvedimento autorizzativo. E che l’intervista viene resa in forma privata alle ore 14,30 e resa pubblica la sera tra le 18 e le ore 19,30. Quello stesso giorno Scarantino dinanzi al pm Petralia cambia la sua ritrattazione. I pm Palma e Petralia prima ancora che l’intervista divenisse pubblica, con dispacci Ansa, Agi smentiscono Scarantino. Mi chiedo come facessero a saperlo”.
Ma gli elementi sono davvero tanti.“L’interrogatorio dove Scarantino ritratta in aula viene preceduta da una rissa tra lo stesso e Mario Bo e nessuno dei poliziotti presenti ritiene di stilare una relazione di servizio. Ma la cosa inquietante è che un funzionario di Imperia ci racconta che aveva accompagnato dello Scarantino alle 17 mentre l’interrogatorio inizia è alle 20 come indicato nel verbale. In questo arco di tempo- continua Fiammetta Borsellino- lo Scarantino faceva lunghissime pause durante l’interrogatorio ma di questo non si parla di questi momenti”.Dopo tre anni arriva un’altra ritrattazione di Scarantino, questa volta è 15 settembre 1998.“ Scarantino accusa poliziotti e magistrati di averlo indottrinato- sottolinea Fiammetta Borsellino- inoltre lui depositerà dei verbali che dichiara gli furono consegnati prima del 24 maggio 1995 prima dell’udienza del Borsellino uno. La cosa strana è che questi verbali contengono annotazioni di alcuni poliziotti che si giustificheranno dicendo che visto l’infimo spessore dello Scarantino dovevano aiutarlo a ripassare. I giudici fino alla Cassazione hanno ritenuto tutto plausibile”.Quando Scarantino accuserà i pm Palma, Di Matteo e Petralia si beccherà una condanna per calunnia. E poi anni non si sono resi conto che al primo piano di via D’ Amelio abitava Salvatore Vitale che ha avuto un ruolo attivo nel rapimento del piccolo Di Matteo. Quel Vitale che il 19 luglio porta la famiglia in un maneggio a Castelbuono salvo ritornare in via D’Amelio per costatare i danni dell’esplosione.
Un’ora di dettagli e di emozioni che solo una figlia coraggiosa e speranzosa è in grado di consegnare a un pubblico attento e curioso, per poi affidargli un pensiero finale.“ Mai come oggi l’accertamento di questa verità sembra connesso all’accertamento delle ragioni della disonestà di chi doveva attivarsi. Credo che le persone che sanno devono dare un contributo di onestà, lo devono ai familiari delle vittime ma anche a loro stesse”.

SiciliaInformazioni, 20 settembre 2017

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