martedì, maggio 09, 2017

La vedova di Capaci Tina Montinaro: “Caro Antonio ti spiego perché lotto ancora”

Tina Montinaro
TINA MONTINARO
Alla vigilia del venticinquesimo anniversario della strage, lettera al marito caposcorta di Falcone. In questi giorni Tina Montinaro sta attraversando l’Italia mostrando l’auto saltata in aria il 23 maggio del 1992 sull’autostrada che dall’aeroporto di Punta Raisi arriva a Palermo. Questa lettera apre il Blog Mafie, su Repubblica.it, dedicato ai massacri di Palermo di 25 anni fa
CARO ANTONIO, marito mio, questa è una lettera per te. ...Beh, vuoi sapere cosa è successo in questi ultimi venticinque anni? Non è proprio semplice da spiegare e sinceramente credo ci vorrebbero 100 lettere e 1000 pagine per poterlo raccontare, ma cercherò di darti un’idea. È cambiato tanto, non c’è dubbio; dopo quella tragica data, la coscienza dei palermitani sembra essersi risvegliata. Ci volevano le due stragi per portare migliaia di persone giù in strada?
Non lo so, non riesco a capirlo, ma è un dato di fatto: da quelle date si è cominciata a sviluppare una genuina coscienza antimafia che però ahimè, ti devo confessare, credo che negli ultimi anni si sia persa. I familiari delle vittime vanno nelle scuole, parlano a ragazzi che in quegli anni non erano ancora nati, ma ti sembra giusto che la difesa della memoria tocchi a tutti noi che già così crudelmente siamo stati colpiti?
Certo, oggi raramente si sente di uccisioni o regolamenti di conti mafiosi, la strategia stragista è rientrata, ma non credo di poterti rassicurare sul fatto che tutto questo sia sinonimo di una vittoria sulla mafia. A mio avviso la mafia c’è ancora ed è presente più che mai; certo, è cambiata, camaleonticamente si è adattata alle circostanze, ha compreso che il terrore non paga e si è inabissata nuovamente nei luoghi più profondi della società.
Paradossalmente oggi, il rischio più grande è quello di rivivere i momenti precedenti alla strategia del terrore, quei momenti in cui tutto sembrava normale, quando invece di normale non c’era nulla.
Ecco perché oggi giro l’Italia in lungo e in largo, mi dovresti vedere, ho fatto dell’Italia civile la nuova Quarto Savona 15 — così si chiamava la tua squadra — e naturalmente adesso sono io il caposcorta. Ecco perché voglio parlare ai giovani, è necessario che loro sappiano, che loro conoscano, per non lasciarsi sopraffare dalla stessa indifferenza che ci ha portato a quei tanto devastati tempi. No, non è stato facile in questi venticinque anni, oggi Gaetano e Giovanni sono grandi, lavorano ed hanno la loro vita, ma come dimenticare i tempi della scuola, le domande sul loro papà e l’assenza in famiglia, i silenzi ed i pianti senza farmi vedere.
No, non è stato facile, certo, ho trovato tante persone per bene sul mio cammino, gente che mi è stata e mi sta accanto e mi aiuta in questa lotta senza quartiere, però, i conti con me stessa, quelli, li ho dovuto fare da sola, senza l’aiuto di nessuno.
Vuoi sapere qual è la mia più grande paura? Forse sorriderai, ma la mia più grande paura, Antonio mio bello, è che un giorno, quando ci rivedremo, tu non mi riconosca. Sei rimasto giovane e bello, i tuoi ventinove anni sono diventati eterni, mentre i miei hanno continuato inesorabilmente a scorrere, ogni ruga sul mio viso è una sofferenza che ho vissuto sulla mia pelle e solo tu, un giorno, potrai lenire e porre fine a quell’urlo che in me, da venticinque anni, non ha mai smesso di farsi sentire.
Ti bacio Antonio, marito mio. Tua per sempre, Tina.

La Repubblica, 9 maggio 2017

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