giovedì, maggio 04, 2017

La Corte costituzionale boccia la legge sull'acqua votata dal parlamento siciliano

La norma, che prevedeva il taglio delle tariffe, la riduzione delle concessioni ai privati e l'avvio della ripubblicizzazione del settore è stata smontata dai giudici costituzionali dopo l'impugnativa di Palazzo Chigi. Il dem Panepinto: "La grande lobby dei privati non pensi di averla vinta"
di ANTONIO FRASCHILLALa Corte costituzionale boccia definitivamente il cuore della legge sull'acqua approvata dall'Ars due anni fa e che, nelle intenzioni di governo e maggioranza, doveva portare alla ripubblicizzazione del settore affidato in alcune province ai privati con conseguente incremento delle tariffe. Proprio la parte della legge regionale che prevedeva il taglio delle tariffe, da fissare con decreto del presidente della Regione, è stata dichiarata dai giudici incostituzionale. Così come la parte che riduceva gli anni dei contratti affidati ai privati e ridisegnava il sistema.
L'ex assessore Gaetano Armao attacca: "Altra figuraccia dell'Ars, la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità della legge regionale 19 del 2015, di cui avevamo denunciato per tempo l'irragionevolezza - dice Armao - dopo la vicenda dei sindaci defenestrati per mancata approvazione del bilancio, i manager ASP è un susseguirsi di norme incostituzionali. L'eliminazione del controllo preventivo da parte del Commissario dello Stato sancito dalla Corte costituzionale avrebbe dovuto determinare un supplemento di responsabilità da parte del Parlamento regionale. Siamo invece in preda ad un delirio dove politici senza scrupoli o pivelli senza conoscenze legiferano su tutto danneggiando i siciliani. Occorre istituire subito un organismo indipendente che impedisca questo scempio dell'autonomia, indicando sin da subito le norme che non possono essere votate per palese incostituzionalità". 

Ma il deputato dem Giovanni Panepinto attacca: “La sentenza della Corte Costituzionale che ha sostanzialmente cassato gli articoli che riguardano la gestione del servizio idrico in Sicilia e il modello tariffario - compresa la parte relativa al costo dell’acqua fornita da Siciliacque - di fatto azzera il referendum al quale hanno votato 27 milioni di italiani e calpesta l’Autonomia siciliana e le prerogative statutarie. È evidente che la grande lobby dell’acqua non pensi che sia una partita chiusa. Chi oggi festeggia questa sentenza dovrebbe ricordare che nel 2004 fu stipulata una convezione di 40 anni con una società per la gestione di risorse idriche, strutture e dighe pagate dai contribuenti siciliani. Credo che questa vicenda metta in discussione anche i rapporti fra il Partito Democratico, il governo regionale che non si è costituito di fronte ai giudici della Corte e che non ha applicato la legge in questi due anni, e il governo nazionale che ha impugnato la legge”.

La Repubblica, 4 maggio 2017

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