sabato, aprile 29, 2017

L’intervento di Marta La Torre: «Non dimenticate Pio La Torre, mio nonno, e le altre vittime: non arrendetevi mai alle mafie»

Pio La Torre
La nipote del sindacalista che divenne parlamentare del Pci e morì assassinato dalle cosche ricorda l’uomo conosciuto attraverso i racconti familiari e i libri: «Il suo coraggio è una lezione per tutti contro disonestà e prevaricazione»
di MARTA LA TORRE
Si sono svolte ieri a Palermo, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, le commemorazioni ufficiali per i 35 anni dalla morte del deputato e segretario regionale del Pci Pio La Torre (nella foto l’inaugurazione del busto in suo ricordo) e del suo collaboratore Rosario Di Salvo, assassinati dalla mafia il 30 aprile 1982. Tra i tanti giovani giunti ad assistere alla cerimonia, c’era anche la nipote Marta, vent’anni, iscritta alla facoltà di Psicologia a La Sapienza, che ha scritto per il Corriere questo intervento:

Il francobollo commemorativo
"Pio La Torre, un uomo, mio nonno, strappato alla sua famiglia, brutalmente, senza umanità. Perché è questo ciò che rappresenta la mafia per me: disumana brutalità. Non sono di certo l’unica, tra i miei coetanei, a non avere più il proprio nonno con sé, ma la ragione differisce. Non è semplice accettare, anzi impossibile, il fatto che la sua morte sia stata una decisione. Qualcuno ha deciso che io non avrei potuto avere un nonno, questo nonno, che a oggi avrebbe potuto trasmettermi i suoi principi e i suoi valori, stringendomi la mano, guardandomi negli occhi — quegli occhi che in molti dicono io abbia ereditato da lui —, mentre ho dovuto costruire con lui un rapporto basato sempre su racconti.
Invisibile ma presente: l’Impegno con la I maiuscola
Nonno per me, è sempre stato invisibile ma presente ogni giorno, il mio punto di riferimento. Sono nata 69 anni dopo di lui, e non ho mai dovuto affrontare le sfide e le situazioni difficili che lui ha dovuto affrontare in quegli anni, ma nella mia quotidianità, nelle piccole cose, mi chiedo sempre come è giusto comportarsi, e per me il giusto è come avrebbe agito lui. Nonno mi ricorda cosa vuol dire l’Impegno. L’Impegno con la I maiuscola, quello che lo ha portato a divenire deputato nonostante la provenienza contadina, con tutte le difficoltà che questo ha comportato. E una volta assunto questo ruolo, non ha mai messo davanti ai suoi principi e ai suoi valori il proprio benessere: si è sempre preoccupato prima di quello degli altri.
Dai campi alla rivolta contro l’omertà
Mio nonno, Pio La Torre, è stato un genitore presente, come mi racconta mio padre. Ma nella sua vita, comunque, ci fu sempre il partito, e con il partito la lotta. La lotta ai soprusi, la lotta alla mafia. La mafia era la ragione per la quale i latifondisti, la classe contadina — quella di nonno —, così come altri gruppi sociali, erano nella condizione tragica in cui versavano in quegli anni. Pio La Torre lo sapeva. La ragione di questa situazione a quei tempi non si poteva dire, ma lui la disse ad alta voce in un’epoca in cui i più tacevano. Della mafia si parlava sotto voce, finché mio nonno, e con lui tanti altri uomini, di cui tutt’oggi ricordiamo il coraggio, ruppero questo omertoso silenzio, che fu il manto della mafia da quando nacque.
I media sbagliano a sottolineare la forza delle cosche
Durante tutto il tempo della sua lotta, nonno è sempre stato consapevole del pericolo che correva, ma questo non lo fermò mai. La sua causa, per lui, valse sempre più della propria vita. Molti miei coetanei non hanno però presente il valore che queste lotte — costate la vita a tante persone come mio nonno — hanno avuto, e soprattutto hanno ancora. I media hanno una influenza non sottovalutabile sugli adolescenti. Ma ho l’impressione, purtroppo, che non riescano a far trapelare il messaggio più importante: la mafia in nessun caso è accettabile, e il suo aspetto di «forza» — quella che fa sentire, a guardarla, i più insicuri protetti — non andrebbe mai sottolineato, bensì affiancato sempre all’altra faccia della medaglia, quella più importante: la mafia è prevaricazione, disonestà e per nulla al mondo può e deve essere giustificata.
Non rendiamo vano il sacrificio di tanti uomini giusti
La mia generazione è nata dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio. Falcone e Borsellino sono figure — come quella di nonno — che abbiamo imparato a conoscere attraverso libri e giornali. Ma il sangue di Pio La Torre è lo stesso che scorre nelle mie vene e questo in qualche modo mi rende più sensibile. Quando leggo di un crimine o di un sopruso, che sia commesso in Sicilia o altrove, non è mai così lontano dal mio orizzonte quanto lo è, invece, da quello di tanti miei coetanei. A loro vorrei ricordare che la mafia è la piovra che prova a strozzare il nostro Paese, e l’impegno degli uomini come mio nonno, che non si sono piegati davanti a minacce e morte, perseguendo piani politici lucidi e lungimiranti, ha permesso al nostro Stato di difendersi, di respirare. La loro morte, il loro sacrificio, sono serviti a dare il via ad un percorso che oggi sta a noi continuare. Non arrendiamoci mai davanti alle mafie. Non rendiamo la morte delle sue vittime vana (e tantomeno la loro vita).

Corriere della sera, 29 aprile 2017

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