venerdì, marzo 17, 2017

Segreto professionale, vale per i giornalisti pubblicisti?

Una nuova sentenza, l'ennesima conferma. Anche questa volta i giudici sostengono che i giornalisti pubblicisti possono avvalersi del segreto professionale come i colleghi professionisti. A darne notizia con una nota congiunta il presidente dell'Ordine dei giornalisti di Sicilia Riccardo Arena e il presidente dell'Associazione siciliana della Stampa Alberto Cicero. La vicenda nello specifico riguarda i giornalisti Josè Trovato e Giulia Martorana, corrispondenti da Enna rispettivamente del Giornale di Sicilia e della Sicilia. Erano stati accusati di favoreggiamento per non aver voluto rivelare le fonti di una notizia: l'imputazione era collegata al fatto che il codice di procedura penale riserva la facoltà di avvalersi del segreto solo agli iscritti all'elenco dei professionisti, mentre i due erano entrambi pubblicisti.


Nel processo i due imputati erano stati assolti sia dal giudice monocratico di Enna che dalla Corte d'appello nissena. Nelle motivazioni – ora depositate – di quest'ultima decisione, la presidente del collegio, Andreina Occhipinti, scrive che l'ordinamento della professione di giornalista non evidenzia, “fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista, differenze di ordine qualitativo”, ma solo di tipo quantitativo, che “non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma” sul segreto professionale. “È la tesi che sosteniamo da anni, con forza e nonostante resistenze e pregiudizi, alimentati da chi specula su anacronistiche divisioni tra professionisti e pubblicisti – dicono Cicero e Arena – certi come siamo che non vi siano differenze sostanziali, né possano essere avallate discriminazioni di alcun tipo: l'unica distanza che va tracciata con forza è tra coloro che fanno e vivono di questo mestiere e coloro che, pur non facendolo o non avendolo mai fatto, pretendono di governarlo”.
Nell'articolo 2 della legge n° 69 del 1963 si legge che: "Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori". L'articolo 200 del codice di procedura penale stabilisce che non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria: 

·                     i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano;
·                     gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
·                     i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
·                     gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.
Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga. E tutto questo si applica "ai giornalisti professionisti iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni".
Il segreto professionale dei giornalisti è salvaguardato in maniera efficace dall’articolo 10 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e dalle sentenze Goodwin e Roemen della Corte di Strasburgo sull’argomento. L’articolo 10 (Libertà di espressione), che recita: “Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiere”. Questo aspetto viene affrontato da Franco Abruzzo in un vademecum per il cronista pubblicato sul suo sito

http://www.redat24.com, 18 febbr. 2017

Nessun commento: