martedì, marzo 28, 2017

I 25mila sbirri di Locri (e i 500 mila degli altri luoghi di speranza)

Il corteo di Locri
LORENZO FRIGERIO 
Alla vigilia del 21 marzo a Locri, in occasione della XXII edizione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, avevamo manifestato dubbi e speranze sul possibile esito finale della manifestazione. Non era però davvero possibile prevedere che il 21 marzo sarebbe stato un così straordinario successo, tanto in termini di presenze complessive, quanto di diffusione su tutto il territorio nazionale, soprattutto in ragione della grande qualità di molte delle iniziative che si sono concretizzate intorno al tema del ricordo delle vittime. Le più rosee previsioni, infatti, sono state superate dai numeri straordinari della giornata, sia in terra di Calabria, sia nel resto d’Italia: 25mila presenze a Locri – secondo il dato fornito dalle autorità di pubblica sicurezza – e mezzo milione di persone scese in piazza negli altri 4mila “luoghi di speranza” organizzati dalla rete nazionale di Libera. Un successo ben oltre quanto fosse lecito attendersi.

L'intervento di don Luigi Ciotti
Locri e l’intera regione hanno risposto alla chiamata e all’invito a “far sorgere il bello”, mostrandosi una volta tanto all’Italia intera non per le brutture e la violenza criminale, ma con il suo volto migliore. Le vie del centro della cittadina calabrese, fin dalle prime ore della giornata, si sono riempite all’inverosimile, tanto che quando la testa del corteo era arrivata in piazza dei Martiri, molti gruppi e scuole erano ancora alla partenza sul lungomare!
E in tutta Italia è avvenuto lo stesso, con l’organizzazione di piazze e luoghi per un totale stimato di circa mezzo milione di presenze: Napoli, Trapani, Roma, Milano, Perugia, Rimini, Genova, Verbania, Bari, Olbia per citare solo le città principali hanno visto camminare per le loro vie migliaia e migliaia di persone.
Uno straordinario risultato ulteriormente arricchito dal fatto che, accanto alle piazze, ci sono state anche le scuole, le sedi di associazioni, le carceri, le fabbriche e i supermercati: tantissimi luoghi dove sono risuonati i 950 nomi che, quest’anno, hanno riempito l’elenco delle vittime innocenti delle mafie. Un elenco che, purtroppo, di anno in anno si va allungando, estendendosi in avanti per l’ovvia progressione cronologica, ma anche colmando buchi neri della storia e della giustizia di anni passati. Storie di morte e violenza che si pensava avessero matrici differenti e che, poi, invece si scoprono avere alla loro origine fatti e moventi di criminalità mafiosa.
Chiesa e Quirinale, compagni di viaggio dei familiari
La piazza del 21 mattina a Locri è stato il logico traguardo di un crescendo rossiniano che ha animato i giorni precedenti, nei quali i protagonisti sono stati i familiari delle vittime giunti da ogni parte d’Italia.
Nel pomeriggio di sabato 18 marzo, presso il teatro del Palazzo della Cultura di Locri, si è tenuta la consueta assemblea dei familiari, all’interno della quale hanno preso la parola alcuni di loro, rompendo il silenzio che ha spesso circondato le storie dei propri cari, per lo più sconosciuti alla pubblica opinione.
L’incontro, sempre veramente emozionante per la carica di dolore e passione che accompagna le diverse testimonianze, è stato ulteriormente impreziosito dalla presenza di Monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana. “La mia presenza qui a Locri – ha dichiarato il presule – ha due motivazioni: innanzitutto, sono venuto per portare personalmente il messaggio di vicinanza di Papa Francesco che più volte ha detto e fatto sentire. E, poi, per dire concretamente la vicinanza di tutta la Chiesa italiana a ciascuno di voi”.
Nella mattinata del 19 marzo, c’è stato il tanto atteso incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha voluto fortemente venire in Calabria, nonostante i molti impegni istituzionali, legati alla celebrazione della sottoscrizione dei Trattati di Roma, fondativi della prima Comunità Economica Europea. Anche se per poche ore, Mattarella ha potuto sentire da vicino battere il cuore di Libera, rappresentato dalla comunità morale dei familiari delle vittime. Alla sua presenza, nella tensostruttura montata all’interno dello stadio comunale di Locri, è stato letto l’elenco delle vittime delle mafie.
Sicuramente importanti sono state le parole di ringraziamento e di incoraggiamento che il capo dello Stato ha rivolto ai presenti: “Il ricordo dei vostri morti, martiri della mafia rappresenta la base sulla quale costruiamo, giorno dopo giorno, una società più giusta, solidale, integra, pacifica”.
Parole che hanno confermato una delle speranze formulate alla vigilia di Locri e, cioè, la necessità che la storia dei familiari delle vittime divenga sempre più parte fondante della storia del Paese, in ragione della carica morale che le vicende fin qui dimenticate invece rivestono, se davvero vogliamo voltar pagina nel contrasto alle mafie e vincere la battaglia contro il malaffare.
Dura e senza alcuna possibilità d’appello, invece, è stata la condanna per chi fa parte delle organizzazioni criminali: Mattarella ha dichiarato che “i mafiosi non hanno onore”. Anche questo un messaggio autorevole e deciso, del quale non è possibile equivocare nulla.
Di quella giornata, ci piace anche sottolineare la disponibilità del presidente a rompere le rigide procedure predisposte per lo svolgimento dell’incontro. Accompagnato da don Luigi Ciotti ma sotto lo sguardo preoccupato degli uomini della sicurezza, Mattarella ha voluto salutare e abbracciare molti familiari, finendo poi per spingersi fin sotto le tribune dello stadio, dove avevano preso posto i tanti cittadini della Locride, giunti fin lì per incontrarlo. Una presenza, quella dei cittadini calabresi, che non era non del tutto scontata, ma che è sembrata piuttosto una conquista, innanzitutto per loro. E quindi anche l’incontro informale, fuori programma, è diventato un momento autentico, suggellato dai lunghi applausi tributati al presidente da parte dei presenti.
Nel pomeriggio di domenica 19 marzo, si è tenuta la veglia ecumenica di riflessione e di preghiera presso la locale cattedrale, al termine della quale la maggior parte dei familiari ha preso la via del ritorno nelle regioni di residenza. Questo ha comportato che la delegazione si assottigliasse, riducendosi alla sola componente calabrese, pur sempre numerosa, ma ha consentito che le tante piazze e iniziative, predisposte nella giornata del 21 nelle altre regioni, fossero impreziosite dalla partecipazione dei familiari e dalla loro testimonianza.
Raid notturni e finalmente il 21
Dopo l’incontro con Mattarella e la partenza della maggior parte dei familiari, era lecito attendersi una giornata di tranquilla preparazione del 21 marzo, ma nella notte tra domenica e lunedì le scritte che sono state realizzate sul muro del vescovado di Locri e in altri due luoghi simbolici della città – una scuola e un centro di aggregazione giovanile – hanno fatto salire improvvisamente la tensione.
“Don Ciotti sbirro” e “più lavoro e meno sbirri”: nel gergo della ‘ndrangheta hanno significato l’offesa peggiore per il sacerdote presidente di Libera, accompagnata da un messaggio non troppo subliminale, ma dai toni insolitamente politici, sicuramente rivolto alla cittadinanza che il giorno prima si era data appuntamento per incontrare Mattarella.
È stato come se la ‘ndrangheta volesse marcare, anche fisicamente il territorio, proprio nel momento in cui lo stesso sembrava essersi sottratto al suo dominio, tributando un omaggio sincero sia ai familiari delle vittime che al capo dello Stato. È stato come se la ‘ndrangheta volesse ribadire la propria presenza, nonostante le manifestazioni antimafia e la presenza del presidente della Repubblica.
L’amministrazione comunale ha prontamente reagito facendo affiggere in giro per Locri alcuni cartelli recanti la scritta “Orgogliasamente sbirri per il cambiamento”.
Non ci appassionano per nulla la discussione e la polemica su esecutori e mandanti delle scritte, né tanto meno stabilire se sia davvero credibile o meno che la ‘ndrangheta possa arrivare a compiere gesti del genere, richiamando su di sé l’attenzione in un contesto quale quello del 21 marzo, dove i riflettori sono già accessi sul territorio calabrese. Saranno le autorità a stabilire i fatti; intanto crediamo che giustamente il comunicato ufficiale di Libera, diffuso nelle ore immediatamente successive all’accaduto, abbia rimarcato il valore del lavoro vero, compreso quelle delle forze dell’ordine, evidenziando inoltre la straordinaria voglia di riscatto e di cambiamento della Calabria.
Riscatto e cambiamento che, a distanza di qualche ora nella mattinata del 21 marzo, si sono materializzati plasticamente nel lungo corteo per le vie di Locri. Di fronte alla piazza dei Martiri, gremita all’inverosimile, si sono letti i nomi delle vittime. L’intervento di Matteo Luzza a nome dei familiari calabresi e di Roberto Montà, presidente di Avviso Pubblico, hanno preceduto il lungo discorso di don Luigi Ciotti, rimbalzato in tante altre piazze italiane e sui teleschermi del Paese, grazie alla diretta Rai.
“Siamo tutti calabresi, siamo tutti sbirri” ha esordito il sacerdote, esprimendo la propria gratitudine per le forze dell’ordine, il cui lavoro è a presidio della tranquillità dell’intera cittadinanza: “Sbirro non è un’offesa per me, ma un complimento”.
Il presidente di Libera ha anche voluto ricordare come indifferenza, superficialità e quieto vivere possano uccidere, al pari di omertà e violenza: “Se oggi i diritti sono così deboli non è solo a causa di chi li attacca, ma anche di chi li difende troppo debolmente o peggio si nasconde dietro di essi per giustificare inadempienze e negligenze”. Ciotti ha invitato quindi a non rassegnarsi alle mafie come ad un male inevitabile, ma ad impegnarsi singolarmente e collettivamente perché il loro potere venga ridotto e la loro presa sulla società debellata.
Un discorso appassionato e carico di affetto quello di don Luigi anche rivolto ai tanti familiari presenti, con l’augurio che la loro sete di giustizia possa essere saziata, arrivando a conoscere la verità sulla scomparsa dei propri cari.
Un lungo applauso ha chiuso la manifestazione in piazza, proseguita nel pomeriggio con affollati seminari su memoria, informazione, beni confiscati, appalti pubblici, scuola e formazione.
Quel lungo applauso liberatorio – in contemporanea con le altre piazze italiane – è stato come il segnale dell’appartenenza ad una sola comunità, quella dei molti cittadini che hanno compreso di dover fare la propria parte nel contrasto alle mafie.
Quel lungo applauso è stato anche il segnale della raggiunta consapevolezza della speranza ritrovata per Locri e per la Calabria, proprio grazie al 21 marzo, vissuta come una giornata di riscatto e piena di futuro.
Da questa comune appartenenza, da questa consapevolezza acquisita ora si riparte, con rinnovato entusiasmo e tanta gratitudine nelle battaglie di ogni giorno.
Non ci dimenticheremo di quei volti, di quelle voci, di quei colori che animeranno i ricordi delle intense giornate trascorse nella Locride. Vogliamo credere che il percorso avviato dalla splendida terra di Calabria, luogo di speranza, testimone di bellezza, sia irreversibile e che la ‘ndrangheta da oggi debba fare i conti anche con quei 25mila sbirri scesi in piazza a Locri il 21 marzo 2017.
Post scriptum
Mentre stiamo aggiornando il sito, nella giornata di domenica le agenzie ribattono la notizia da Palermo di nuove scritte anonime, apparse nel quartiere Noce, sul muro di cinta di una villetta pubblica intestata a Rosario Di Salvo, ucciso insieme a Pio La Torre il 30 aprile 1982.
“Sbirri siete voi, don Ciotti secondino” e “Dalla Chiesa assassino”: questi i messaggi lasciati nella notte. L’ultima scritta anonima riporta a fianco la sigla BR e la falce e martello.
In attesa degli accertamenti delle autorità, rimaniamo convinti del fatto che il messaggio di riscatto proveniente da Locri, dalla Calabria abbia colto nel segno e che la battaglia contro le mafie debba continuare nel segno della prevenzione, sia in termini di operato delle forze dell’ordine e della magistratura, sia in termini di welfare sociale, con il rilancio dell’occupazione e dello sviluppo di un Mezzogiorno, colpevolmente assente nell’agenda della politica.
Nel frattempo, l’impegno di Libera e di altre realtà impegnate nel contrasto culturale alle mafie e nel riutilizzo dei beni confiscati alle cosche va avanti.
Nel frattempo, “siamo tutti sbirri”.


25 marzo 2017

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