martedì, febbraio 07, 2017

Valeria Fedeli: “Il mio primo obiettivo è riformare le medie libri e giornali in classe per imparare a scrivere”

CORRADO ZUNINO
La ministra e l’allarme di 600 professori: “Non sanno l’italiano? Lo vedo ogni giorno. Però le elementari funzionano”
ROMA. Ministra Valeria Fedeli, ha letto il documento dei seicento docenti universitari?
«Sì».
Dice: «Molti studenti alla fine del percorso scolastico scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente».
«Me ne accorgo tutti i giorni e ne avevo consapevolezza prima di diventare ministra. Non ci sono solo studenti così, intendiamoci. Ne ho accompagnato cento ad Auschwitz, di recente. Preparati, bel linguaggio».
I seicento prof, che d’altro canto replicano i pareri già conosciuti dell’Ocse, aggiungono: «Non si vede una volontà politica adeguata alla gravità del problema».

«Un po’ di cose le stiamo organizzando, altre sono state fatte nel recente passato. Non siamo all’anno zero. Con 180 milioni del Programma nazionale rafforzeremo le competenze di base e combatteremo le disuguaglianze. Da sette stagioni il sistema delle Olimpiadi d’italiano porta nuovi studenti a impegnarsi per eccellere. Quest’anno si sono iscritti in cinquantasettemila, erano meno di quindicimila nel 2014».
Tullio De Mauro, suo predecessore, recentemente scomparso, avvistò per tempo i rischi linguistici della nostra gioventù.
«Rilanceremo la figura di De Mauro, attiveremo uno studio vivo del suo pensiero didattico. Fu lui, in un incontro negli Anni Ottanta, a farmi capire la necessità del buon italiano e di una sua diffusione corretta e capillare tra i giovani. Ancora nel 2013, De Mauro ha messo in luce i nostri ritardi scolastici rispetto all’Europa. Con il ministero dei Beni culturali, a questo fine, organizzeremo una promozione della lettura dei libri extrascolastici, con la Federazione della stampa porteremo i giornali nelle classi. La scuola, va detto, non può fare tutto, anche l’università deve farsi carico del problema della lingua scorretta».
Veramente, già se ne fa carico: diverse facoltà trascorrono il primo anno accademico a organizzare corsi di recupero di lingua italiana per studenti sgrammaticati. 
«Incontrerò a breve i promotori della raccolta delle seicento firme, ascolterò da loro quali sono i punti di crisi. Mi do quindici giorni di tempo, poi partirà il primo avviso pubblico per le competenze di base».
Secondo lei, quali sono i punti di crisi?
«La scuola media, un problema conosciuto. Le elementari, in Italia, funzionano. È alle medie che dobbiamo far crescere la lettura, la scrittura, la capacità di sintesi. I nostri docenti delle superiori e gli esperti dell’Invalsi ci aiuteranno a capire».
Si potrà intervenire sulla scuola media in tempi brevi?
«Abbiamo due deleghe aperte in Parlamento, sistema di valutazione e reclutamento. Se saremo rapidi si possono fare miglioramenti per metà marzo».
La scrittrice Paola Mastrocola dice che ortografia e sintassi iniziarono a sgretolarsi con il ‘68, quando si iniziò a chiedere più libertà alla didattica.
«Nel 2017 non si possono dare ancora colpe al ‘68».
Massimo Cacciari dice: se un ragazzo non sa scrivere, non saprà neppure divulgare le sue idee.
«Non fa una piega. Cacciari sbaglia, però, quando sostiene che la scuola italiana oggi è solo tesa a professionalizzare. Non sono due aspetti contrapposti: il buon italiano e l’insegnamento tecnico-pratico. D’altro canto, siamo indietro anche nell’insegnamento tecnico-pratico».
Ministra, come sono stati questi primi due mesi trascorsi in Viale Trastevere?
«Difficili, faticosi. Ho guardato tutti i dossier aperti, li ho approfonditi con il dialogo, il più possibile li ho condivisi. Molte cose impostate dalla Buona scuola restano giuste, sto cercando di realizzarle con i necessari miglioramenti».
Quali saranno, allora, i prossimi miglioramenti?
«A maggio faremo una conferenza europea sull’adolescenza e, comunque, lavoriamo per avere tutti gli insegnanti necessari in classe a settembre».
Volete riavvicinare un corpo docente che ha contestato la Buona scuola per due anni.
«Quel mondo è molto segnato. Un passo dopo l’altro proviamo a ricucire e a tenere in equilibrio il diritto primario degli studenti con i diritti dei docenti».

La Repubblica, 6 febbraio 2017

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