sabato, luglio 16, 2016

Giovanni Perrino, a tre mesi dall'inaspettata scomparsa di Pino Governali

Da sx: Pino Governali, Giovanni Perrino,
Dino Paternostro e Nino Di Nino
Pubblichiamo l'intervento di Giovanni Perrino fatto a Corleone, nei locali della biblioteca "Patti" , per ricordare Pino Governali a tre mesi dalla sua inaspettata scomparsa. A seguire tre bellissime poesie che Giovanni ha dedicato all'amico perduto...
di GIOVANNI PERRINO
"Storia non è solo quella conservata negli annali del sangue e della forza; bensì quella legata al luogo, all'ambiente fisico e umano in cui cia­scuno di noi è stato educato. Storia è il gesto con cui s'intride il pane nella madia o si falcia il grano; storia è un nomignolo fulmineo, un pro­verbio cattivante, l'inflessione d'una voce, la sagoma d'una tegola, il ri­tornello d'una canzone; tutto ciò, infine, che reca lo stemma del lavoro e della fantasia dell'uomo. Materia che deperisce prima d'ogni altra e di cui nessuno, quasi, si cura di custodire i reperti... R i e s s e r e , questo è il problema, ma ci sarebbe voluto più amore, più pietà, più fede, un cuore più forte. "
G.Bufalino: Museo d'ombre- pag. 22
Questo luogo è due volte caro, primo perché fa parte del complesso edilizio della Chiesa madre, secondo perché da tempi recenti ospita una Biblioteca inizialmente frutto della generosa donazione delle sorelle Patti che Pino Governali si era preoccupato di catalogare e rendere alla fruizione pubblica come nel desiderio delle docenti.
In questo luogo Pino ha trascorso gli ultimi anni della sua intensa esistenza e qui abbiamo chiesto l’ospitalità di poterci ritrovare per questo momento di incontro.
Nei mesi scorsi sono mancate importanti figure di persone care ma anche impegnate nella comunità corleonese.
Oggi sono fra noi presenti in spirito accanto a Pino, Cosimo Di Carlo, scomparso il 15 agosto 2015, Carmen Bonanno che ci ha lasciato il 5 gennaio scorso, e Mario Mancuso che ha preceduto Pino il 9 Febbraio. Ho detto sono qui presenti perché il loro ricordo ci è caro e indelebile come aspra la loro nostalgia.
Voglio partire da questa riflessione dal primo libro che Pino Governali ha pubblicato per le edizioni Eleusi nel 1996 “Come in cielo come in terra”.
Ricordo che a questo primo saggio sono poi seguiti:
nel 2006” Santi, santini e tradizioni popolari di Corleone” – Quaderni del Museo Etnografico Tip. Cortimiglia;
nel 2009 “ Maritati chi abbenti”- Quaderni del Museo Etnografico- Tip. Cortimiglia;
nel 2010 “ Corleone storia e arte” Guida alla città Ed. Palladium.

Inizio con un ricordo personale: per non so quale motivo ho tenuto a lungo il libro di Pino Governali in macchina posato sul lunotto posteriore.
Tale presenza contrastava con il ritmo delle mie giornate, mi ricordava con la sua copertina così insolita che c'era un tempo "altro" e più volte mi sono chiesto quanto questo tempo altro mi appartenesse ancora, se e in quale misura facesse parte, anche residuale, di me, se scorreva ancora nelle vene quel sangue o se la mia esistenza era ormai irrimedabilmente lontana. Quel libro in realtà era il mio specchio retrovisore, il luogo del ritrovamento e ancor oggi quel libro è il più bel regalo di Pino.   
"Come in cielo così in terra " è il frutto maturo di un'identità culturale e professionale dominata dalla passione civile e dall'impegno perchè la cultura, in primo luogo quella popolare, possa essere utile e servire so­prattutto a coloro che, pur sentendosi esclusi, ne sono portatori e talora protagonisti inconsapevoli.
 E' un libro che blocca la tendenza corrente a scordare il passato, a non ridurre alla dimensione temporale del ricordo ciò che invece merita di farsi memoria, acqua di montagna che irriga e rafforza le radici. Oggi non si ama più ciò che si ha o ciò che si fa e di questo Pino era dolorosamente consapevole. Era questo il suo e nostro punto di vista:
FARE TESORO DI CIO’ CHE SI SA E DI CIO’ CHE SI E’ PRIMA ANCORA DI CIO’ CHE SI HA
Pino indirizzava la sua attenzione alla parte sana del mondo…alla campagna, agli abbeveratoi nascosti da un'intrigante ve­getazione dove è possibile sentire nel silenzio il cupo salmodiare dei nonni, la durezza ma anche il ritmo della loro esistenza, quel si­lenzioso chiacchierio fra rosari interminabili di cantilene e preghiere in­trise di terribili verità dette con semplici rime baciate.
Quel Tempo, cancellato da una cultura ottimista ed espansionista che tutti, con maggiore o minore consapevolezza, abbiamo assimilato, non tornerà più.
A quel Tempo, a quel ripetersi di Stagioni sono stati inferti colpi mortali di cui la nostra esistenza è testimonianza povera e a volte disperata.
 L'amore di Pino per il materiale che sapientemente ha raccolto nei suoi libri con cura certosina, non era fine a se stesso ma serviva a capire il presente e definire il nostro posto in esso.
Non è mai rimpianto ma amore per le cose che non piacciono, è rabbia per gli errori commessi, è impegno e tenace ricerca perchè le cose cambino sotto il segno di verità che non tramontano perchè parte essenziale di ogni uomo.
I canti, i rosari, i proverbi, il salmodiare delle donne in processione sono un dizionario "altro" rispetto al nostro linguaggio scarno e umiliato dalle esigenze di “Questo Tempo”.
Le parole spesso hanno senso oscuro per tanti giovani.
Oggi l'astratto, scioccamente rimosso dalle nostre laiche co­scienze, non ha più un vocabolario di riferimento, può apparire inutile quanto difficile.
Chi usava quel linguaggio, chi vi attingeva a piene mani nei piccoli e grandi momenti dell'esistenza non c'è più ed era questo il tormento che muoveva l’intelligenza di Oino Governali
Tuttavia non v'è una sola ragione che ci permetta di dimenticare e l'oblio è oggi colpa terribile che, come una maledizione, ricade dai padri sui figli.
La morte delle parole è evento ancor più drammatico della morte stessa soprattutto perchè la responsabilità ricade interamente su noi stessi. Pino Governali conosceva bene “questo dono tremendo di parole” che religiosamente affidava a Dio ma laicamente insegnava ai giovani. Era questo il suo Credo e i giovani erano la sua cura quotidiana.
Certo, per non dimenticare non basta un libro anche se noi, per cultura, annettiamo molta importanza alla parola scritta. .E’ comunque un dato che " Come in cielo così in terra ", questo dono tremendo di parole che Governali ci consegna, assieme agli altri suoi libri fino alla Guida storica e artistica alla città di Corleone, ci richiama con forza ad un dovere che abbiamo per primo verso noi stessi e i nostri figli, perchè non vaghino smarriti alla ricerca di radici recise troppo in fretta.
A noi, alla nostra dignità di uomini liberi dobbiamo il recupero di questa memoria, di questa
"devozione".
Certamente ci farà gran bene portare fiori ed erbe, deporre canti e pa­role davanti alle loro umili ombre ma il loro sentire, la loro lingua potrà veramente servire a ridare senso e dignità alla nostra esistenza?
E' questo, a dire il vero, la domanda più amara che i libri di Pino Governali pongono.
Mi è parso che nella rievocazione della vecchiaia dei padri e della nostra in­fanzia ci fosse dell'altro, un non detto di paura e angoscia, una sensa­zione di freddo quale si prova nelle mattine grigie d'inverno o di quei tristi giorni nei quali la primavera si rifiuta di esserci ancora.
Tutto ciò è presente nelle pubblicazioni e negli studi di Pino Governali con lucida intelligenza, senza cupezza nè ombra di dispera­zione, anzi!. 
Pagina dopo pagina, si sente bussare alle nostre porte blin­date, si aprono con parole antiche varchi nuovi di pietà e di speranza, è allora che ci si accorge che non c'è tempo da perdere, che dobbiamo af­frettarci perchè fare memoria è impegno, è testimonianza di vita e di parola. Questo ci chiede nei suoi libri Pino Governali che parla anche a nome e per conto di tutti noi.
E’ questo il suo lascito di immenso valore etico esistenziale che vale la nostra gratitudine.
Personalmente raccolgo come un impegno personale il suo coraggio di andare, quand'è il momento, c o n t r o c o r r e n t e, di opporsi all'oblio che è  segno di morte, no definitivo e sconsiderato in nome di un quotidiano senza progetto e, quel che è più grave, senza prospettiva di futuro.

Giovanni Perrino 8 luglio 2016 a tre mesi dalla scomparsa di Pino Governali

G. PERRINO: TRE POESIE PER PINO

PATRASSO 1969
Napoli, appena in tempo per l’imbarco.
Come scapestrati scacciamo l’ansia cantando
Voce e’notte ai rèfoli caldi del vento
È trovatella l’immagine che riaffiora
Racconta un’estate afosa una cinquecento in corsa
Sull’asfalto che si sfoglia lucente il mare a destra
abbiamo percorso il paese in silenzioso volo
Il traghetto bianco in partenza per Patrasso
Kiri kiri parakaloumen gioia per la lingua ritrovata
Leggevamo stupiti nei sottopassi zito o’stratos
Ma sapevamo a memoria Teodorakis Pireo nel cuore
Aria leggera e profumi d’oriente le nostre terre patrie
In esse ci specchiammo quando il futuro giocava con noi

MEMINI
Dovrei pensarti non così lontano amico caro
Ma so quale luogo abiti fra lunghi filari di vite
Le betulle qui non hanno prezzo, nelle notti urlano
Senza fine alla luna ghiacciata e le terre nere
Hanno paura, per molte verste s’odono voci roche
Scricchiolii che annunciano imminenti crolli
I lupi fuggono e all’alba i contadini si segnano.
Nessuno osa cantare il dolore qui già germogliano
I frutti nel gorgoglio d’acque e tacciono i vicoli
Dove è tutto un mugolio di gatti padroni di pietre
E gerani a guardia delle ore deserte della tua siesta.
Attendo il giorno per ascoltare le tue parole
All’imbarco alla stessa ora di oggi in cui voliamo
In cieli diversi sopra le stesse nuvole cielo e terra.
Ricordi Malastrana metafora del mondo? La corsa
In auto verso i sogni blu e le luci di Turkulimano?
A quel tempo i versi non si scioglievano liquidi
Come su questo treno su cui scorrono abeti storditi
Dall’inverno col ghiaccio che rapprende le radici
Ed io non vedo oltre il vuoto di un mancato sms
Mentre scivola il ricordare fra memoria e nostalgia
In questo vagone semideserto di volti senza nome
Già putrida la ferita ripete il verso risaputo sordo
Alla voce che dal tunnel giunge amicale eco… Zuanì
                                                                 
AMICO CIAO
La barca che ti porta è solo un punto all’orizzonte
La foschia impedisce di vedere il confine
Tu nel regolare ritmo del remo fendi l’onda
Spargi gocce di saggezza esperta di memorie
Storie che si dipanano dalla comunione di luoghi
Come umani le radici di questa foresta pluviale
Possenti stringono templi in un abbracci mortali
Come queste pietre del Tom Wat docile t’affidi
Alle radici che da mesi propendevano dai rami
Innocue alla vista ma crudeli nella pretesa




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