martedì, novembre 24, 2015

Corleone. Il boss all'assessore: "Abbiamo i voti"



di SALVO PALAZZOLO
 Nelle intercettazioni sul clan di Corleone le richieste di assunzioni dei mafiosi
Il capomafia di Corleone, Antonino Di Marco, parlava direttamente con l'assessore comunale ai Lavori pubblici Ciro Schirò. E gli chiedeva di assumere alcune persone: innanzitutto, un ex detenuto davvero particolare, il boss Carmelo Gariffo, il nipote prediletto di Bernardo Provenzano. Poi, un altro parente eccellente della grande famiglia dei corleonesi. Il boss Di Marco, ufficialmente solo il custode dello stadio comunale, parlava chiaro con l'assessore: «Ciro, ce li giochiamo tutti questi voti, vedi che là abbiamo una marea di voti... perché là sono tutti legati, cosa fa uno fanno tutti». Parole pesanti, che impensierivano l'assessore Schirò: «Tutti allo stesso posto non è possibile Nino, capiscimi». Ma non era un «no» assoluto alle assunzioni. Bisogna solo trovare il sistema per assumere tutti i raccomandati di Cosa nostra nei vari cantieri aperti a Corleone. E l'assessore, che qualche tempo dopo si è dimesso, spiegava: «Ora c'è via Bentivegna che deve partire, poi c'è il costone roccioso».

Eccole, le intercettazioni che raccontano delle pesanti infiltrazioni mafiose all'interno del Comune di Corleone. Sono agli atti dell'inchiesta del sostituto procuratore Sergio Demontis che venerdì ha portato a sei fermi. Il 14 maggio dell'anno scorso, i carabinieri di Monreale e di Corleone ascoltavano in diretta le pressioni di Antonino Di Marco: «Per quel discorso che avete fatto?». E l'assessore rispondeva: «No, a Lea per questa cosa e mi ha detto: "Devo parlare con l'assistente sociale", gli ho detto vedi che la pratica ce l'hai tu sul tavolino perché l'assistente sociale ha fatto tutte cose». "Lea" è Lea Savona, il sindaco di Corleone. Le pressioni nei suoi confronti andavano avanti già da settimane, da quando Gariffo era tornato in libertà. E il 29 marzo il primo cittadino si era rivolto al comandante della stazione dei carabinieri. Ma Gariffo continuava a contare sull'assessore Schirò e sui suoi buoni consigli per trovare un imprenditore disponibile all'assunzione. Così, Di Marco rassicurava Gariffo: «Siccome con Ciro siamo rimasti che in questi giorni ci dovremmo sentire e vediamo qual è questo lavoro che dice».
I boss tenevano parecchio alle assunzioni. E se la prendevano col sindaco. «Il problema - diceva Gariffo - è che questa all'apparenza sembra tutta disponibile, però si spaventa. Ora quando tu trovi a qualcuno che non ha la spina dorsale per poter fare certe cose. Tu capo dell'amministrazione sei... io non ti dico che non lo vuoi fare, tu acchiappa un tecnico, acchiappa un consigliere, senti spirugliami queste cose, e invece non fa neanche questo». In un altro dialogo, Gariffo diceva: «Quante persone ci sono che dicono... a disposizione, a disposizione, abbiamo un esempio, il sindaco, a disposizione, a disposizione. Fallo».
La Repubblica, 24 novembre 2015

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