venerdì, marzo 07, 2014

Il socialista Giuseppe De Felice interpreta la mafia negli anni del processo Notarbartolo

Per le «Edizioni di storia e studi sociali» è in libreria, a cura dello storico Rosario Mangiameli, Maffia e delinquenza in Sicilia di Giuseppe De Felice Giuffrida, tra i maggiori esponenti dei Fasci siciliani e sindaco di Catania nel primo ventennio del XX secolo. De Felice scrisse questo libro in occasione del processo che si celebrò a Milano, tra il 1899 e il 1900, per l’assassinio dell’ex direttore generale del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo. Fu quello il primo «assassinio eccellente» compiuto dalla mafia, segno della sua pericolosità e capacità di muoversi al di fuori degli ambiti territoriali e sociali in cui la tradizione la confinava. Il processo pose così per la prima volta all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale la questione mafiosa. Con una serie di articoli pubblicati sul quotidiano socialista «Avanti!» e poi raccolti in questo libro De Felice contribuì non solo alla controinformazione, sventando tentativi di insabbiamento delle prove, ma alla stessa incriminazione dei presunti colpevoli: il deputato Raffaele Palizzolo e il campiere Giuseppe Fontana, protetti da una spessa cortina di solidarietà nella Palermo di quegli anni.

Maffia e delinquenza è un esempio della capacità politica di contrastare la mafia, ma anche della qualità di un dirigente popolare, che la storiografia ha troppo spesso relegato al solo ruolo di amministratore locale. Nel saggio introduttivo Mangiameli annota: «Per quanto importante e incisiva nella storia della città, che attraversò con lui uno dei momenti di maggiore sviluppo, la sua attività, però, non è circoscrivibile alla sola amministrazione dell’ente locale, piuttosto De Felice fu tra coloro i quali meglio riuscirono a coniugare la dimensione locale dell’impegno politico amministrativo con quella sovralocale, regionale e nazionale. Di questo aspetto è testimonianza anche il saggio su Maffia e delinquenza in Sicilia che qui si ripubblica. L’argomento stesso apparirebbe estraneo agli orizzonti della vita politica e dell’osservazione sociale catanese, la città che sottolineava la sua diversità rispetto alla Sicilia occidentale in cui il noto fenomeno criminale era confinato. Lo stesso De Felice avrebbe contribuito con il suo scritto a sottolineare questa diversità facendone un punto fondamentale della sua analisi». Spiega ancora Mangiameli che «De Felice aveva acquisito la consapevolezza che la mafia fosse un fenomeno residuale, frutto di una non risolta transizione dalla fase feudale alla modernità, convivenza di strutture sociali e di potere altrove tramontate a confronto con la modernità dello stato di diritto, capaci tuttavia di stravolgerne il ruolo regolatore e inceppare i meccanismi della giustizia».

Giuseppe De Felice Giuffrida, Maffia e delinquenza in Sicilia, a cura di Rosario Mangiameli, Edizioni di storia e studi sociali, collana «Questioni storiche», marzo 2014.

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