giovedì, febbraio 13, 2014

Vera Pegna, la ragazza coraggiosa che sfidò la mafia

Vera Pegna con la sua tessera del Pci del 1962
LA LETTERA. «Dedichiamo una strada al sindacalista della Cgil, Filippo Intile, ucciso da Cosa Nostra il 7 agosto 1952»
Non è più la ragazza “terribile”, che nella Caccamo del 1962, regno incontrastato di don Peppino Panzeca, riuscì a presentare la lista del Pci, capace di eleggere ben quattro consiglieri comunali. Non è più la giovane “consigliera” che nella prima seduta fece togliere dalla sala consiliare la grande poltrona incredibilmente riservata al capomafia. Ancora oggi, però, Vera Pegna, 80 anni ben portati, è capace di stupire e tenere in fibrillazione l’opinione pubblica di Caccamo, dove è tornata dopo 50 anni. Stavolta, con una lettera aperta indirizzata al presidente del consiglio comunale Domenico Porretta, ha chiesto che la città di Caccamo riscatti il suo passato (?) di mafia, dedicando una targa ed uno spazio pubblico a Filippo Intili, sindacalista della Cgil assassinato dalla mafia il 7 agosto 1952 a 51 anni, e revocando l’intitolazione a don Teotista Panzeca del locale liceo sociopsico-pedagico.
Vera Pegna si è sempre distinta per le sue battaglie di legalità e di trasparenza e davvero si può considerare una sorta di “pietra miliare” nel territorio di Caccamo sotto tanti punti di vista. Ancora oggi è forte e coriacea. Ancora nel 1962 a Caccamo il grano di divideva a 50 e 50, con sementi e concimi a carico del mezzadro. Qualcuno aveva cercato di cambiare le cose: era Filippo Intili, comunista, morto ammazzato per mano della mafia. Gaetano Piraino, segretario della Cgil: «Due volte il partito è venuto da Palermo e ci ha fatto presentare la lista. Due volte è finita male. La prima volta il capolista, Pusateri Pino, è stato ricoverato in manicomio, ci è rimasto dieci anni con la moglie e i figli che morivano di fame e poi è uscito e l’hanno fatto emigrare. Il compagno Intile Filippo, capolista la seconda volta, è stato tagliato in due con l’accetta sul monte e nessuno voleva andarci per la paura, che c’era la luna che gli strappava il cervello…». Vera Pegna chiese a Peppe Li Volsi di accompagnarla a casa della sorella di Intili. Mi raccontò volentieri del fratello: «un uomo così diritto, non inquietava nessuno, faceva i fatti suoi. Pensi, non aveva mai rubato, neanche una pecora. Con la sua accetta lo presero a tradimento, mentre insaccava sommacco. Era il 7 agosto 1952. Era estate e il pretore era in vacanza; il sindaco diceva che non erano fatti suoi e così rimase per due giorni a terra, con la testa spaccata, fu preso di luna e anche i vermi ci si misero. Era agosto e c’era scirocco. Aveva 51 anni, moglie e 3 figli. Una tragedia per una famiglia che veniva garantita, dal necessario per vivere, dal capofamiglia. Il maschio, il maggiore, aveva 25 anni. Nessuno della famiglia si occupò di niente, per paura». Si era nei tempi in cui era “difficile e pericoloso” denunciare la mafia, testimoniare, rompere il muro dell’omertà. E a Caccamo la mafia aveva una sorta di “roccaforte” dove i padrini facevano il bello ed il cattivo tempo. Il cognato: «A me il maresciallo chiese: “ne sa niente cu fu? ” e io ci dissi: “nunsaccio, che sono sbirro io?”. La sorella: «Lasciò la terra, il figlio e si vendette gli animali e tutto. Poi la moglie di mio fratello morì un anno e mezzo dopo e i tre figli andarono a Pisa dove sono tuttora. Arrestarono due uomini che si presero l’avvocato Panzeca per essere difesi. Si vendettero le terre e poi chissà, soldi e soldi, e sei mesi dopo i due vennero fuori e Filippo morì una seconda volta. Non si sa chi fu, logicamente, ma lui amava la legge e sulla terra che aveva a mezzadria da Pietro Catanese (che l’aveva in affitto da Lorenzo Di Gesù, che l’aveva presa in affitto dal comune), a0veva diviso a 60 e 40. Nessuno s’interessò. Solo due deputati e una dottoressa, comunisti, che lasciarono 25.000 lire: “tè, fatevi il lutto”».
DINO PATERNOSTRO

LA LETTERA APERTA DI VERA PEGNA

Lettera aperta al Signor Presidente del consiglio comunale di Caccamo
Signor Sindaco,
Ho ascoltato alla radio l’ultima seduta del Consiglio comunale, gli interventi del Consigliere Comparetto che chiede chiarimenti sul passato della vostra cittadina e del Consigliere Cecala che rievoca persone, un partito e un tempo che lo hanno visto protagonista anche in seno all’amministrazione comunale.
Ciò che mi spinge a scrivere la presente lettera aperta è il mio debito di gratitudine verso i caccamesi con cui ho condiviso un breve pezzo del mio passato, nonché la fiducia che nutro in quelli che, con immenso piacere, ho conosciuto e ritrovato quando sono tornata a Caccamo dopo 50 anni di assenza. Dunque lo scopo della presente lettera è quello di contribuire a ricostruire il passato in modo veritiero, riferendomi alla documentazione ufficiale di cui dispone il parlamento italiano e, in primis, la Commissione parlamentare antimafia, al riguardo  delle persone nominate nel Consiglio comunale dell’8 novembre u.s., ovvero l’ex sindaco Salvatore Cordone e altri tre protagonisti della storia di Caccamo: Mons. Teotista Panzeca, suo fratello Giuseppe Panzeca ma anche Salvatore Ganci, impiegato all’ufficio tecnico del comune, carica sempre molto ambita dove è facile far prevalere interessi personali a scapito di quelli collettivi e del bene comune. Aggiungo qualche mia riflessione che spero avrete la pazienza di leggere.
Preciso che mi sono limitata a riportare le segnalazioni provenienti dalle forze dell’ordine omettendo volutamente quelle anonime, quelle dei giornali dell’epoca nonché quelle riportate nel mio esposto alla Commissione antimafia, da me firmato ma frutto di un intenso lavoro collettivo con i miei compagni di partito.
Estratti di alcuni fascicoli intestati alle persone di cui sopra:





Non solo tali documenti rispondono in modo inequivocabile alle domande del Consigliere Comparetto e alle 
affermazioni del Consigliere Cecala ma, a loro volta, ne pongono altre in modo altrettanto inequivocabile a coloro che, dentro e fuori il Consiglio comunale, sono intenzionati ad eliminare le tracce lasciate dai mafiosi di allora. Una di queste tracce è stata eliminata dalla presente Amministrazione intitolando ai magistrati Falcone e Borsellino la delibera che per vent’anni le Amministrazioni precedenti hanno omesso di attuare in ossequio alla mafia. Inoltre, l’attuale Amministrazione intende proseguire su questa strada collocando a Piano Margi un cippo funerario alla memoria del contadino Filippo Intili ucciso dalla mafia il 7 agosto 1952 perché si batteva per applicare la legge Gullo sulla divisione dei prodotti. Bene. Ma andiamo avanti. Un luogo istituzionale, il Liceo Socio-Psicopedagogico Statale di Caccamo è intitolato a Mons. Teotista Panzeca ed  è  quindi inquinato dalla presenza prepotente della mafia; la Civica Amministrazione che propose tale intitolazione diede altresì il proprio patrocinio alla realizzazione di un busto in bronzo rappresentante il Panzeca medesimo. Dunque, al Consiglio comunale e, in particolare a chi vi partecipa da diversi mandati io, da cittadina italiana, chiedo: qual è la figura esemplare che l’Amministrazione di Caccamo vuole indicare agli alunni delle scuole e ai giovani? Quella di Intili, sindacalista, che si batté per la legalità o quella di Teotista Panzeca, mafioso?  La scelta è fra legalità e delinquenza.
Durante la seduta del Consiglio è stata ricordata una frase di De Gasperi secondo il quale non c’è futuro se non si riconosce il proprio passato. Pertanto, assumendo il proprio passato, i caccamesi possono costruire il proprio futuro su valori di convivenza improntati alla legalità; compito tanto più difficile quanto necessario in particolar modo per coloro che sono portatori di cognomi pesanti il cui riscatto risulterà benefico per essi stessi e per l’intera comunità.
Colgo quest’occasione per ringraziare il Sindaco Galbo, il Presidente del Consiglio Porretta e il Consiglio tutto della calorosa accoglienza riservatami il 17 ottobre u.s. e assicuro la mia disponibilità a partecipare a un dibattito pubblico sui temi trattati nella presente lettera.
Con i miei cordiali saluti,



P.S. La prego, Signor Presidente, di trasmettere la presente a tutti i Consiglieri comunali. Grazie.

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