giovedì, ottobre 24, 2013

Operazione "Araba Fenice"

I Carabinieri della Compagnia di Palermo Piazza Verdi hanno condotto, dalle prime ore del mattino, una vasta operazione antidroga con l’esecuzione di 42 misure di custodia cautelare (di cui 32 in carcere  e 10 agli arresti domiciliari), emesse dal G.I.P. del Tribunale di Palermo su richiesta della locale D.D.A., nei confronti di altrettanti indagati ritenuti responsabili, a vario titolo, di  “associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti(art. 74 D.P.R. 309/1990), per essersi associati tra loro al fine di commettere più delitti di acquisto, detenzione, trasporto, cessione, commercio di sostanza stupefacente del tipo hashish, cocaina e marijuana, e di “produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenticontinuata e in concorso, per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, detenuto ai fini di spaccio e ceduto a più persone sostanza stupefacente del tipo hashish, cocaina e marijuana (artt. 110 e 81 cpv C.P. e 73 D.P.R. 309/1990).
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L’esecuzione dei provvedimenti conclude una complessa attività investigativa sviluppata dai Carabinieri della Compagnia di Palermo Piazza Verdi sotto la direzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo – DDA  (Procuratore Aggiunto Teresa PRINCIPATO, Sostituti Procuratori Dott. Sergio BARBIERA, Dott. Maurizio AGNELLO, Dott.ssa Amalia LUISE).
Le indagini, sviluppate dal 2010, nascono dalle evidenze raccolte dai Carabinieri nel corso di pregresse attività che avevano già mostrato l’importanza di “Piazza Guadagna” nel mercato degli stupefacenti, nonché la capacità dell’organizzazione che la gestiva di rinascere a nuova vita nonostante numerose operazioni di contrasto portate a termine dalle Forze di polizia: da qui il nome convenzionale dell’indagine “Araba Fenice”.
Con l'intento di non fermarsi al primo anello della catena, gli investigatori hanno sfruttato tutti i mezzi previsti dal quadro normativo di riferimento, compreso l'istituto del ritardato arresto, attivando intercettazioni telefoniche, video-ambientali e continuando ad osservare con mirati servizi i principali attori di questa attività al fine di inquadrare l’organizzazione criminale nella sua interezza.
È stato necessario oltre un anno di indagini per riuscire a raccogliere le prove necessarie ad individuare due distinte associazioni finalizzate allo spaccio di stupefacenti nonché un consistente numero di spacciatori che operosamente cedevano la sostanza nel dedalo di vie difficilmente controllabili limitrofe a Piazza Guadagna. Grazie al costante impegno si è riuscito a dimostrare come “Piazza Guadagna”, immersa nel cuore dell'omonimo quartiere palermitano, rappresentasse un vero e proprio ipermercato dello stupefacente in grado di fornire ai sui avventori cocaina, eroina, hashish e marijuana, sia al dettaglio che in quantità più consistenti che, acquistate, venivano a loro volta tagliate e rivendute anche in altre province dell'Isola.
A riscontro delle 42 ordinanze eseguite oggi sono state documentate centinaia di “cessioni”, talvolta di pochi grammi per una decina di euro, altre di etti per parecchie centinaia di euro, che hanno portato altresì a:
ü    segnalare 69 persone alla Prefettura di Palermo ex art. 75 D.P.R. 309/90 (“uso personale”);
ü    arrestare 51 persone per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti;
ü    arrestare 2 persone responsabili di coltivazione di marijuana ed individuare 2 piantagioni di marijuana, una “indoor” ed un'altra mimetizzata tra le coltivazioni, ad ulteriore riprova che parte dello stupefacente commercializzato veniva direttamente prodotto sull'Isola;
ü    sequestrare oltre 6 kg di HASHISH , 8 kg e 505 piante di MARIJUANA, nonché  COCAINA ed EROINA per un valore di svariate migliaia di euro e la somma contate di 16.000 euro
Elemento importante che emerge nel corso dell’intera attività d’indagine, è il fatto che il quartiere “Guadagna” si propone  quale mercato di sostanze stupefacenti non solo per la città di Palermo perché si è constatato che buona parte degli acquirenti all’ingrosso  provenivano dalle province di Agrigento, Trapani, Enna, Caltanissetta e Messina ove poi rivendevano lo stupefacente.
Le Associazioni

Nell’ambito del quartiere  sono state individuate due associazioni finalizzate allo spaccio di sostanze stupefacenti, entrambe dotate di una struttura tendenzialmente gerarchica e legate dalla consapevolezza del singolo di aderire in maniera attiva e stabile ad un’organizzazione permanente volta ad individuare le fonti di approvvigionamento della sostanza, condividere le basi logistiche utili per lo stoccaggio, il taglio ed il confezionamento al dettaglio della sostanza, piazzare sul mercato lo stupefacente e dividerne i frutti. Mai in contrapposizione tra di loro, le due associazioni erano anzi disponibili a scambiarsi reciprocamente lo stupefacente ed a collaborare  per il controllo della piazza e la gestione dei singoli pusher e vedette[1].
Delle due associazioni[2], la più importante è sicuramente quella capeggiata da LUCERA Antonino, classe 1976, detto anche “NINO”, che rappresenta il vero e proprio punto di riferimento di tutta la piazza anche per via delle parentele di spessore mafioso che lo stesso non esitava a sfoggiare. A bordo della sua macchina, trasformata in ufficio mobile, LUCERA decideva l’acquisto dello stupefacente, l’approvvigionamento da questo o da quel produttore diretto ovvero “l’importazione” da fuori dell’Isola, commentava il lavoro dei pusher e li avvicinava per dar loro delle dritte su come spacciare e non farsi arrestare (“gliel'ho detto, a sto picciutteddu... siete soci e lavori tu solo, e lui non c'è... almeno fatti guardare la strada, l'altro ieri, qualche dieci che aspettavano là davanti, che aspettavano a...e lui da solo... gli dissi, onestamente, non sono cose che... tu ti vai a cercare la galera, così?... almeno quello ti guarda la strada... no, tu solo là davanti significa, arrestatemi...ah”) e sul quanto dovessero lavorare (“… e se vendi 20 stecche al giorno, di dieci euro… guadagni 300 euro la settimana… con scommessa di sopra… 20 stecche al giorno devi vendere…”), manteneva i conti dell’attività lamentandosi spesso della presenza delle forze dell’ordine (“…lo sai cos’è, cugino?…ci sono troppi sbirri e non possono lavorare certuni…ho… ho due di DALLAS, che mi lavorano forte… ed ha quattro giorni che ci sono queste Kawasaki che ci sca… e quello dice, NINO, per venti…per venti euro, dobbiamo perdere tutte cose?)
L’attività di spaccio pare essere per il Lucera una questione di famiglia: dalle ultime intercettazioni è infatti riemersa la vicenda della morte del padre, Luigi LUCERA, che nel marzo del 1990 venne trovato morto unitamente allo zio SANTO all’interno di un casolare ubicato in zona Villagrazia di Palermo, dove i due, al termine di uno “schiticchio” a base di capretto e patate, vennero uccisi a colpi di ascia. Il delitto, ancora irrisolto, venne inquadrato come un regolamento di conti nell’ambito dello spaccio di stupefacenti: nell’intercettazione Antonino pare essersi convito che il padre sia stato tradito da una parte della sua “parentela” che allo stato attuale è “rovinata …chi è in galera, chi ha l’ergastolo, chi si è fatto pentito, di loro…” e con la quale invita i propri soci a non fare più affari. Nell’ambito dell’intercettazione emerge poi un particolare di colore che fa ben comprendere come l’attività di spaccio in queste famiglie sia spregiudicata ed intrinsecamente legata alla quotidianità: Arizzi si lamenta con Lucera del comportamento del proprio figlio che a tre anni e mezzo “ripete tutte cose… è andato a dire… mio padre vende il fumo… ahhh… e lo sai come fu… che gliel’ha detto… ed è venuto il bidello della scuola…e sono venuti… mi fa, vedi che tuo figlio mi disse così… che fa? …e che ti ha detto? … e che gli ho dovuto fare? …gli ho levato giocattoli… la play station gli ho levato… gli ho levato… “legnate abbuscò

L’attività di spaccio: pusher e vedette

Nella piazza operavano costantemente tra i dieci ed i quindici soggetti che fungevano sia da “pusher” che da vedette. Per rendere più complessa l’individuazione della cessione e la configurazione del reato, gli spacciatori operavano in totale sintonia tra loro effettuando gli scambi in concorso (chi riceveva i soldi non era mai chi consegnava la singola dose così come nessuno aveva mai la disponibilità diretta ed immediata di un quantitativo di droga che potesse di per sé integrare la detenzione ai fini di spaccio) sotto la stretta sorveglianza dell’area da parte delle vedette che a bordo di potenti scooter “pattugliavano” tutto il giorno la zona “Guadagna”, sia per avvertire del passaggio di pattuglie delle Forze dell’ordine che per indirizzare qualche acquirente spaesato. Nell’ambito dell’organizzazione, i ruoli di Pusher o Vedetta erano assolutamente intercambiabili anche nell’arco della medesima giornata. Intercambiabili erano anche i clienti che spesso si fidelizzavano alla piazza e cominciavano a fare ordini di quantitativi ben precisi via telefono a quello che era diventato il loro spacciatore di fiducia che poi li indirizzava, al momento dell’acquisto, al pusher di turno.
Pur non potendo documentare una gerarchia tra gli spacciatori si è potuto notare come questi fossero più o meno capaci nel loro “mestiere” sia per le accortezze utilizzate che per i richiami ricevuti dal “capo-piazza”: solo a titolo di esempio si nota come i più accorti e capaci tra i pusher avessero un loro giro di clientela ben selezionata e molto attenta a “non sbagliare a parlare per telefono”, utilizzassero delle vere e proprie “schede di servizio” dedicate unicamente allo spaccio ed intestate a terzi, spesso tossicodipendenti, che erano disposti a cedere la loro “sim” in cambio di una dose.  Anche nel parlare i più “anziani” non facevano mai apertamente riferimento alla droga chiacchierando al più dei caffè da prendere al bar piuttosto che dell’acquisto di macchine, motori, scarpe, borse o ancora di appuntamenti con Maria o Marilena. I meno esperti invece utilizzavano telefoni intestati a loro stessi, o a parenti prossimi, parlavano con i clienti in maniera chiara di fumo, erba e quantitativi da cedere e non si curavano di farsi guardare le spalle mentre spacciavano: questo comportamento veniva ripetutamente criticato dal capo piazza, irritato dal rischio di interrompere l’attività per l’arrivo delle forze dell’ordine con la conseguente perdita dello stupefacente che doveva essere immediatamente buttato via.
Nell’arco dell’indagine sono stati documentati centinaia di scambi che hanno permesso infine di arrestare 35 spacciatori al dettaglio i quali, in concorso tra di loro, operavano mantenendo attiva la piazza giorno e notte, per conto dei promotori dell’associazione.
Palermo, 22 ottobre 2013





[1] Le indagini hanno comprovato che tutto lo stupefacente veniva ceduto con identico confezionamento (un involucro di cellophane trasparente chiuso con nastro adesivo/isolante di colore bianco/grigio/nero/verde/rosso) e che, a secondo dei periodi, panetti di hashish da 100 gr. dello stesso tipo, come dimostrato dai simboli su di essi stampati,  veniva ceduto all’ingrosso da entrambe le associazioni;
[2] La prima  capeggiata da LUCERA Antonino, detto anche “Nino”,  coi sodali ARIZZI Carmelo Francesco, PALAZZO Raimondo, MARSALONE Salvatore, detto anche “U GIGI BULL”; la seconda capeggiata da ALGOZZINO Matteo unitamente alla moglie BILLITTERI Rosalia e RAGOLIA Marco Antonio

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