mercoledì, ottobre 16, 2013

OPERAZIONE : “ NUOVO MANDAMENTO 3 ”

Non si fermano più le indagini dei Carabinieri di Monreale. Dalle prime luci dell’alba, in provincia di Palermo, è stata condotta una importante operazione antimafia, concentrata soprattutto sul paese di Montelepre. I militari hanno eseguito 7 misure di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Palermo su richiesta della locale DDA (indagini coordinate dal Proc. Agg. dott. Vittorio Teresi e dai Sost. Proc. dott. Sergio Demontis e dott. Daniele Paci), nei confronti di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo, di “concorso in associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in estorsione aggravata e continuata, concorso in tentata estorsione aggravata e continuata, furto di bestiame”. L’operazione è un ulteriore approfondimento dell’indagine di più ampia portata denominata convenzionalmente “Nuovo Mandamento”, che ha documentato la riorganizzazione territoriale di cosa nostra nella parte occidentale della provincia di Palermo con la creazione di una nuova sovrastruttura di coordinamento, individuata nell’area di Camporeale, dei due storici mandamenti mafiosi di San Giuseppe Jato e Partinico, e che ha già portato, l’8.4.2013 e il 17.9.2013, all’esecuzione di due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di complessive 46 persone, tra capi e gregari, per un totale di 53 arresti. Una indagine che ha realmente disarticolato cosa nostra in alcuni dei suoi centri nevralgici.

Antonino Lombardo
In particolare, le indagini, proseguite nell’immediatezza dell’esecuzione della misura cautelare dell’8.4.2013, hanno consentito di:
-     verificare la partecipazione all’associazione mafiosa di altre 5 persone, a vario titolo ritenute affiliate alle famiglie mafiose di Montelepre e Monreale;
-     anche grazie alla collaborazione delle vittime, delineare la condotta:
·    in concorso con il responsabile della famiglia mafiosa di Montelepre (già tratto in arresto in esecuzione della misura sopra citata), dell’autista dell’ex Sindaco di Montelepre (quest’ultimo già tratto in arresto in esecuzione della misura sopra citata e successivamente decaduto ope legis dalla carica elettiva) nella vicenda estorsiva in danno di un imprenditore che si stava occupando del rifacimento esterno della palestra comunale;
·    in concorso con i responsabili della famiglie mafiose di Giardinello e Montelepre (già tratti in arresto in esecuzione della misura sopra citata), di un ulteriore indagato nel tentativo di estorsione in danno di un imprenditore di Giardinello che si stava occupando della costruzione di un parcheggio multipiano per conto del Comune di Montelepre;
-     ricostruire, in aggiunta a quanto già verificato nella precedente operazione, un furto di bestiame (90 ovini) in danno di un allevatore della provincia di Trapani.

Giacomo Maniaci
L’ASSOCIAZIONE MAFIOSA
L’indagine “Nuovo Mandamento” ha permesso di monitorare l’evoluzione delle dinamiche interne al mandamento mafioso di San Giuseppe Jato ed in particolare della famiglia mafiosa di Montelepre, contesa tra tale mandamento e quello di Partinico. A seguito della scarcerazione del boss camporealese SCIORTINO Antonino, avvenuta nel novembre 2011, si verificava il riassetto dei confini territoriali dei mandamenti dell’area iatina, all’esito del quale il nuovo mandamento di Camporeale veniva ad  inglobare, oltre al mandamento di San Giuseppe Jato, quello di Partinico. In tale fase di assestamento si documentavano gli avvicendamenti ai vertici della famiglia mafiosa di Montelepre, capeggiata dall’anziano boss LOMBARDO Salvatore cl. 21, retta di fatto dal nipote LOMBARDO Giuseppe, il quale, a causa della sua condotta, veniva destituito dalla carica di reggente nel novembre 2011 e sostituito da MANIACI Giacomo cl. 76.
LOMBARDO  Giuseppe, reinsediatosi quale reggente grazie alla mediazione di LIBRANTI LUCIDO Giuseppe di Pioppo, veniva nuovamente destituito dalla carica nel marzo 2012, poco dopo i riassetti territoriali definiti da SCIORTINO, ma soprattutto dopo l’omicidio BILLITTERI, in favore di CUCCHIARA Vincenzo Giuseppe. In merito, le indagini avevano consentito di appurare che la candidatura era stata direttamente avanzata a SCIORTINO Antonino da ABBATE Santo, che lo aveva incontrato segretamente, sfruttando una vecchia amicizia che intercorreva da tempo fra loro.

L’ESTORSIONE PER I LAVORI DELLA PALESTRA DI MONTELEPRE
Nel corso dell’indagine si evidenziava una conversazione ambientale tra LOMBARDO Giuseppe, all’epoca reggente della famiglia di Montelepre, e VASSALLO Francesco, esponente della famiglia di Altofonte. Nel corso di tale conversazione il LOMBARDO raccontava al suo interlocutore una vicenda risalente nel tempo e riferita all’imposizione del pizzo che lui aveva esercitato nei confronti di un imprenditore di Misilmeri, che si stava occupando, nell’estate del 2008, del rifacimento esterno della palestra comunale di Montelepre.
Si tratta, in sostanza, della conversazione sulla base della quale il GIP aveva già disposto la misura cautelare in carcere del Sindaco Giacomo TINERVIA, ritenuto responsabile in concorso di estorsione aggravata e continuata (accusa ad oggi decaduta) e concussione. A seguito della vicenda penale, TINERVIA, oggi sottoposto all’obbligo di firma nel Comune di residenza dopo avere scontato un periodo di detenzione ai domiciliari, decadeva ope legisdalla carica elettiva. Per tale circostanza il Ministero dell’Interno, su proposta della Prefettura di Palermo, ha disposto un’indagine amministrativa, tuttora in corso, all’interno del Comune di Montelepre, al fine di verificare eventuali condizionamenti di cosa nostra nei confronti dell’amministrazione locale.
Subito dopo gli arresti dell’8 aprile u.s., data della più consistente operazione “Nuovo Mandamento”, la Procura della Repubblica di Palermo ed i Carabinieri di Monreale, con solerzia e perizia, iniziavano un’intensa attività istruttoria ed eseguivano approfonditi accertamenti, anche sulla base delle dichiarazione di vittime e indagati, proprio per delineare in maniera più netta i contorni delle fattispecie criminose.
L’ipotesi iniziale si fondava come detto su una principale fonte di prova, ovvero la conversazione tra VASSALLO e LOMBARDO, in cui si parlava della sospensione forzata dei lavori, al fine di indurre l’imprenditore a sottostare alla richiesta estorsiva, e di un incontro tra il Sindaco TINERVIA e LOMBARDO Giuseppe per il tramite di DE SIMONE Salvatore (autista del Sindaco e zio del capo mafia) nel corso del quale i due avrebbero stabilito come suddividere la somma di denaro, in parte da destinare alle casse dell’organizzazione criminale ed in parte nella casse del Municipio.
Il proseguo delle indagini delineava ulteriormente la condotta proprio del DE SIMONE.
Infatti, dalla ricostruzione emerge che l’imprenditore, dopo la sospensione forzata dei lavori, si recava presso il Palazzo del Municipio al fine di chiedere al Sindaco come si sarebbe dovuto comportare. L’incontro sarebbe avvenuto al di fuori del Comune, nella parte antistante, alla presenza anche di altri Assessori. Nella circostanza, il Sindaco, che aveva subito inteso di chi l’imprenditore stesse parlando sulla base della descrizione che egli gli fece della persona che aveva costretto gli operai ad interrompere i lavori, concordò con lo stesso imprenditore di trattare la questione con il suo autista, DE SIMONE Salvatore, zio di LOMBARDO Giuseppe. Il giorno successivo, infatti, DE SIMONE si presentava al cantiere, rappresentando all’imprenditore che per sistemare la questione avrebbe dovuto corrispondere a cosa nostra ed al Comune, per svolgere feste e piccoli lavori di ristrutturazione e manutenzione del centro urbano, il 3% del totale dei lavori che ammontava a 800.000 € circa, corrispondente a 24.000 €. Per una forma di “cortesia”, lo stesso DE SIMONE riferiva che si sarebbe “accontentato” di 18.000 €, corrisposti poi in più tranche fino ad una cifra di 12.000 €, più altri 2.000 € consegnati direttamente nelle mani di LOMBARDO Giuseppe, che in maniera estemporanea si era presentato per “chiedere unprestito al fine di fare fronte alle richieste di un creditore” (a riscontro della sua drammatica situazione debitoria, causa peraltro della destituzione di cui si è detto sopra).

IL TENTATIVO DI ESTORSIONE PER LA COSTRUZIONE DEL PARCHEGGIO MULTIPIANO A MONTELEPRE
Già nel corso dell’operazione dell’8 aprile scorso erano stati tratti in arresto i responsabili delle richieste estorsive nei confronti degli imprenditori che si stavano occupando di costruire un parcheggio multipiano a Montelepre. Un’opera importante per la comunità di Montelepre, per un valore complessivo di 1.000.000 € circa, e per la quale i responsabili dicosa nostra avevano richiesto in questo caso non il solito 3% di pizzo, per costringere le imprese a “mettersi a posto” con l’organizzazione criminale, bensì un 5% da suddividere fra la famiglia di Montelepre ed il mandamento di San Giuseppe Jato.
Durante la citata operazione, erano infatti stati tratti in arresto LOMBARDO Giuseppe e ABBATE Giuseppe, rispettivamente reggente delle famiglie di Montelepre, comune ove si stavano eseguendo i lavori, e di Giardinello, paese sede dell’impresa aggiudicataria.
Gli ulteriori approfondimenti di indagine hanno consentito oggi di trarre in arresto anche LOMBARDO Antonino, padre di Giuseppe, resosi responsabile in ripetute circostanze di aver cercato di contattare l’imprenditore, il quale si rifiutava di pagare, facendosi sempre negare.

LA NOTIZIA DELL’OMICIDIO
LOMBARDO Antonino, arrestato oggi nel corso dell’operazione, è il figlio dell’anziano boss di Montelepre LOMBARDO Salvatore e padre di Giuseppe, ed è già stato condannato per partecipazione ad associazione mafiosa il 7 giugno del 2002. Seppure non investito in prima persona della gestione della famiglia mafiosa di Montelepre, le attuali attività investigative hanno provato la sua partecipazione alle dinamiche interne al sodalizio mafioso, con particolare riferimento alla sua conoscenza del progettato omicidio di BILLITTERI Giuseppe e la sua condotta nel tentativo di estorsione ai danni dell’imprenditore di Giardinello per la costruzione del parcheggio multipiano.
Nello specifico, LOMBARDO Giuseppe, nel corso di una conversazione con VASSALLO Francesco, entrambi tratti in arresto l’8 aprile scorso, rivelava il suo status di uomo d’onore,al pari del padre LOMBARDO Antonino e del nonno LOMBARDO Salvatore.
Nella circostanza, i due indagati disquisivano sui ruoli e sullo status di “uomini d’onore” dei soggetti preminenti in seno alle varie articolazioni del nuovo mandamento dell’area iatina, quali MULE’ Salvatore, LO VOI Giuseppe, VASSALLO Giuseppe (detto Pinuzzo)MARFIA Giuseppe (detto lo scienziato)LIBRANTI LUCIDO Giuseppe e MADONIA Vincenzo.
LOMBARDO Giuseppe precisava, inoltre, che, secondo le regole di cosa nostra, per ricoprire un ruolo di vertice in seno all’associazione mafiosa si deve necessariamente essere stati affiliati formalmente (“E per essere questo, non deve essere per forza fatto, ah?”).
Sempre nello stesso contesto, LOMBARDO Giuseppe rivelava i dettagli relativi al suo status di uomo d’onore: l’affiliazione era risalente a circa cinque anni prima ed era avvenuta grazie a una cerimonia alla presenza di altri quattro uomini d’onore, non indicati, tra cui il suo rappresentante o padrino di affiliazione, responsabile o capofamiglia del mandamento di appartenenza; alla stessa maniera era stato affiliato suo padre LOMBARDO Antonino,uomo d’onore da più tempo rispetto a lui.
Con riferimento all’omicidio, già nella ricostruzione delle fasi della scomparsa di BILLITTERI Giuseppe, era stata analizzata la condotta di LOMBARDO Giuseppe nel momento in cui preparava i “lacci” verosimilmente utilizzati per lo strangolamento della vittima. In quella occasione, Giuseppe LOMBARDO riceveva dal genitore Antonino  consigli a più riprese sulle modalità di utilizzo dei “lacci” (“Attento con questo a stringere, che struppia”) e le cautele da adottare (“Stai attento!”). Nel contempo, LOMBARDO Giuseppe ed Antonino discutevano delle tensioni in seno al mandamento mafioso dell’area iatina e della relativa fase di assestamento dettata dall’espansione dei confini territoriali del sodalizio mafioso sotto la direzione del boss SCIORTINO Antonino, con particolare riguardo alla necessità di intervenire in maniera drastica sulla famiglia mafiosa di Monreale (COMINCIÒ LA GUERRA!”).
La riprova della conoscenza da parte di LOMBARDO Antonino del piano delittuoso in danno del BILLITTERI si rinveniva anche nella conversazione ambientale del giorno successivo all’omicidio, nel corso della quale LOMBARDO Giuseppe e il padre Antonino discutevano in maniera esplicita della mancata pubblicazione sul giornale della notizia della scomparsa del BILLITTERI. Infatti, il giorno dopo l’omicidio, il 23.3.2012,  LOMBARDO Giuseppe si recava dal reggente del mandamento di San Giuseppe Jato, MULE’ Salvatore, presso la masseria di c.da Arcivocale di Monreale, dove lo incontrava.
Nel stesso pomeriggio LOMBARDO Giuseppe rivelava al padre che MULE’ Salvatore: “Non sapeva che … inc… che è sparito… non lo sapeva perché ieri non è che ci siamo visti… Hai capito? Gliel’ho detto stamattina… Minchia mi ha abbracciato. Io non gliel’avevo detto… inc…”.

IL FURTO DI BESTIAME
Già nell’operazione dell’8 aprile scorso si era evidenziato come una delle illecite fonti di reddito dell’organizzazione criminale fossero i furti di animali, ossia l’abigeato.
Le indagini avevano permesso di poter ricostruire in maniera dettagliata il “modus operandi” ed i compiti dei soggetti che hanno partecipato alla commissione di tali delitti, evidenziando il ruolo di comando di MULE’ Salvatore, che ha promosso, ordinato e autorizzato la commissione di tali furti. Ogni ricostruzione dei furti ha consentito di individuare il “basista”, cioè colui che aveva il compito di scegliere la vittima, studiarne le abitudini ed il luogo dove doveva essere effettuato il colpo. Veniva, inoltre, accertato per ogni singolo furto anche chi aveva il compito del “palo”, cioè deputato alla vigilanza ed al controllo, mentre i complici compivano il furto degli animali. Questi, oltre ad essere destinati alla macellazione clandestina, venivano anche reimpiegati per il pascolo nelle aziende agricole degli stessi mafiosi.
L’attività delittuosa ha rappresentato per l’organizzazione criminale un’importante fonte di sostentamento, ad integrazione dei proventi delle estorsioni e della droga.
Con l’odierna operazione, viene ricostruito un ulteriore furto (rispetto ai 5, tra consumati e tentati, già contestati con la precedente operazione) avvenuto in danno di un allevatore della provincia di Trapani (90 ovini). Il furto era stato anticipato però da un tentativo, andato a vuoto perché gli autori materiali, dopo diversi sopralluoghi e dopo essersi appostati (secondo i ruoli ad ognuno di essi assegnato, tra cui anche un complice per il controllo della vittima presso la sua abitazione), fuggivano spaventati da una luce azzurra simile a quella dei lampeggianti di una pattuglia dei Carabinieri: “Ma se c’era un lampeggiante, c’era…Come abbiamo visto quel lampeggiante, minchia ho detto… minchia ho detto sbirri sono! E infatti ci siamo buttati di qua, di più quello ha detto minchia mio figlio, infatti abbiamo lasciato il camion là e siamo partiti”. In verità la luce che li aveva fatti scappare era: “Lo sai che cos’è che è… zanzariera è”.
Gli ulteriori approfondimenti di indagine consentivano, comunque, di dimostrare che il furto di ovini era stato solamente rimandato ed effettuato poi in

ARRESTATI
1.         LOMBARDO Antonino nato a Tunisi il 12.5.1948, residente a Montelepre (PA);

2.         MANIACI Giacomo, nato a Palermo l’11.3.1976, residente a Montelepre (PA);

3.         CUCCHIARA Giuseppe Vincenzo nato a Montelepre (PA) il 27.2.1960 detenuto;

4.         ABBATE Santo nato a Montelepre (PA) il 28.5.1936, ivi residente (agli arresti domiciliari);

5.         LA CORTE Vincenzo nato a Palermo il 9.6.1986, residente a Monreale (PA);

6.         LIOTTA Raimondo nato a Camporeale (PA) il 6.8.1966, detenuto;

7.         DE SIMONE Salvatore nato a Palermo l’8.6.1956, residente a Montelepre (PA);

Palermo, 15 ottobre 2013


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