sabato, settembre 21, 2013

Processo D’Alì, parla il prete Treppiedi: “Non volevano Linares”

Antonio D'Alì
di RINO GIACALONE
L’ex capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares non era solo un’ossessione dei mafiosi che addirittura negli anni ‘90 avevano anche pensato di eliminarlo. Lo era anche di un politico, il senatore pidiellino Antonio D’Alì, che a tutti i costi voleva vederlo trasferito da Trapani. A raccontarlo con particolari e dettagli è un sacerdote, padre Ninni Treppiedi, nuovo testimone di accusa contro il politico trapanese. A luglio Linares è stato nominato a dirigere il centro Dia di Napoli, lasciandosi alle spalle la Squadra Mobile (dopo la promozione del 2010) e la direzione divisione anticrimine della questura trapanesi; tuttavia, già da tre anni non fa più parte del gruppo di investigatori impegnati nella ricerca del boss Matteo Messina Denaro. Un gruppo che per un periodo fu diretto da un poliziotto indagato per rapporti con la camorra, Vittorio Pisani, ed oggi coordinato dal vice della Squadra Mobile di Palermo Antonino De Santis.
L’astio (e non solo) di D’Alì contro Linares è uno dei capitoli dei verbali di accusa presentati oggi dai pm Paolo Guido e Andrea Tarondo al processo dove il politico trapanese è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il dibattimento si sta svolgendo con il rito abbreviato dinanzi al gup Gianni Francolini. Per oggi erano previste le repliche delle parti e poi la sentenza. Così però non è stato, poiché i pm, che durante la requisitoria hanno chiesto sette anni e 4 mesi, hanno avanzato la richiesta di audire il teste Vincenzo Basilicò e il sacerdote Treppiedi, personaggio al centro di cronache giudiziarie trapanesi, coinvolto nello scandalo che ha scosso la Curia, con due indagini avviate sia dal Vaticano sia dalla procura di Trapani. Ed è di questi giorni la notizia che il sacerdote è stato sospeso per cinque anni. La procura indaga su di lui e su altre tredici persone per una sottrazione di beni e soldi alla Diocesi fatta pare proprio da Treppiedi, nonché su reati come la diffamazione e la calunnia. Treppiedi è dunque indagato nell’indagine sulla Curia, ma da oggi veste anche i panni di testimone nel processo contro il senatore D’Alì. Nei verbali sono raccontati i rapporti pericolosi del senatore, i contatti con gli imprenditori come Tommaso Coppola, il controllo delle istituzioni (leggasi trasferimento da Trapani del prefetto Sodano), l’indurre a falsa testimonianza l’ex sindaco di Valderice Camillo Iovino, il controllo serrato sulla stampa. Le rivelazioni di padre Ninni Treppiedi rendono quindi un quadro aggiornato delle connessioni mafia-politica-imprenditoria in provincia di Trapani; rivelazioni che potrebbero aggravare la posizione già non facile, rispetto al quadro delel accuse, del parlamentare trapanese. Tra gli episodi citati anche le pressioni fatte esercitare dalla mafia nel 2001 nei confronti del deputato regionale di Forza Italia Nino Croce, affinché questi optasse per il ll seggio conquistato con il listino e non per quello ottenuto quale primo eletto nella lista del suo partito. Croce non voleva cedere il passo al secondo della lista, l’imprenditore Giuseppe Maurici, allora vicino a D’Alì, ma “emissari mafiosi del senatore – racconta padre Treppiedi – convinsero Croce a fare diversamente da come voleva fare”. Accusato nel tempo da diversi collaboratori di giustizia, il suo nome è finito spesso intercettato nei colloqui tra i boss di Cosa nostra, addirittura ci fu un imprenditore in carcere per mafia che mandò il nipote a contattare il politico per garantirsi una serie di accordi pregressi al suo arresto. Fino ad oggi non c’erano mai state rivelazioni fatte dal suo entourage. Ninni Treppiedi è notoriamente un frequentatore dei salotti della città, ai pubblici ministeri ha deciso di rendere un’ampia testimonianza sugli affari del senatore al quale è stato vicino per tantissimo tempo. Nei verbali depositati dai pm Andrea Tarondo e Paolo Guido c’è la ricostruzione attualizzata anche dei fatti contestati al senatore D’Alì nel processo dove è imputato: dai rapporti con i mafiosi come i Messina Denaro, a quelli con gli imprenditori vicini a Cosa nostra o mafiosi loro stessi, sino al controllo degli appalti. Tra gli incarichi svolti da padre Treppiedi per conto di D’Alì anche quello di convincere l’ex moglie del politico, Picci Aula a non riferire particolari sui rapporti con i Messina Denaro e sulle illecità commesse nella vendita della Banca Sicula.
Narcomafie, 19 set 2013


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