giovedì, luglio 11, 2013

Omicidio Fragalà, tre arresti. L'ombra di Cosa nostra sul delitto

L'avv. Enzo Fragalà
di ALESSANDRA ZINITI
Il penalista ed ex parlamentare di An fu aggredito e picchiato brutalmente davanti al suo studio la sera del 23 febbraio 2010. Morì in ospedale tre giorni dopo. Due degli arrestati sono affiliati alla mafia
PALERMO - A tre anni e mezzo dall'omicidio dell'avvocato Enzo Fragalà, massacrato a colpi di bastone all'uscita dal suo studio davanti al palazzo di giustizia il 23 febbraio 2010 e morto tre giorni dopo in ospedale, i carabinieri eseguono tre ordini di custodia cautelare emessi dal gip Ferdinando Sestito. Due raggiungono due pregiudicati per mafia già in carcere, Francesco Arcuri e Salvatore Ingrassia, il terzo è  per Antonino Siracusa. A incastrarli un'intercettazione, effettuata dalla polizia durante un'altra indagine, un'ora prima dell'aggressione a Fragalà.

"Chiddi un turnaru cu ddi cosi i lignu", dice Siracusa ad Arcuri e Ingrassia. Poi le telecamere della zona fanno il resto e ritraggono l'uomo a bordo di uno scooter subito dopo il delitto. Poco chiaro resta invece il movente del delitto. Secondo la pentita Monica Parisi, amante di un picciotto di Borgo Vecchio, Fragalà sarebbe stato ucciso per motivi passionali, avrebbe dato fastidio alla moglie di un suo cliente in carcere.

Così la pentita dice di aver saputo da Tommaso Di Giovanni, il boss di Borgo Vecchio, mentre parlava con l'amante della donna. ma resta in piedi anche la pista della punizione professionale. IL penalista avrebbe pagato con la vita le confessioni rese in aula da due suoi assistiti, Vincenzo Marchese e Salvatore Fiumefreddo, processati per aver fatto da prestanome al boss di Pagliarelli Nino Rotolo. In questo caso, dunque, a decidere la morte di Fragalà potrebbe essere stato il reggente di Pagliarelli Gianni Nicchi, figlioccio di Rotolo, e amico di uno degli arrestati, Arcuri, che era con lui la sera prima della cattura del superlatitante. L'inchiesta dunque non fa piena luce sul movente ma gli inquirenti ritengono di aver raggiunto le prove quanto meno sugli esecutori materiali dell'aggressione.

(La Repubblica, 11 luglio 2013)

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