lunedì, aprile 22, 2013

Perché ho detto no a Napolitano


di CORRADINO MINEO *Per il protagonista di tante battaglie, per l'uomo che ha avuto successi quanti ne ha raccolti, nella sua lunga vita politica, Giorgio Napolitano, ci vuole davvero molta generosità e spirito di servizio per correre in soccorso di un gruppo di dilettanti allo sbaraglio. Per il protagonista di tante battaglie, per l'uomo che ha avuto successi quanti ne ha raccolti, nella sua lunga vita politica, Giorgio Napolitano, ci vuole davvero molta generosità e spirito di servizio per correre in soccorso di un gruppo di dilettanti allo sbaraglio, che stava precipitando le istituzioni della Repubblica in una crisi gravissima. Gli sono grato, sinceramente.

E tuttavia ho votato no, all'assemblea dei Grandi Elettori del Partito democratico, quando Bersani ha proposto di rieleggere il Presidente uscente. L'ho fatto perché so che Napolitano è una persona seria. Il suo schema è di dar vita a un governo delle larghe intese, come ha detto, giorni fa, commemorando Chiaromonte. Inoltre,con tutta evidenza, il lascito che Presidente Napolitano lascia al suo successore Napolitano è quel governo Monti, che egli ha voluto, sostenuto, difeso. Io penso, però, che le grandi intese segnino oggi la fine della sinistra, almeno di quella che conosciamo. E ho votato no. Osservo che il significato delle parole cambia con il passare dei decenni. Una cosa erano le grandi intese del '76, tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista. Un altro valore avrà un accordo rinnovato tra Partito Democratico e Popolo della libertà, che hanno perso insieme quasi 10 milioni di voti. Si poteva pensare di confrontarsi con Moro (anche con Andreotti). Difficile immaginare un patto con Berlusconi, che confonde accordo e baratto, e si fida solo di chi ha comprato. Inoltre l'esperienza del governo Monti ha mostrato come non si possa fare un passo avanti, nell'Italia della crisi, se non si mettono sul banco degli imputati evasori e parassiti, imprenditori che vivono di commesse pubbliche e vogliono la pelle degli operai, mafiosi e uomini della finanza che con le mafie fanno affari. Se non si rompe il circolo chiuso delle élites (bancarie, politiche, universitarie, giornalistiche) che controllano tutto o quasi, e decidono senza darne conto. Tutto ciò non si può fare governando insieme alla destra. Certo non con questa destra. Né si può più tacere il non detto, con ipocrita pudore. La voglia, che c'è dietro questo voto, quella di arroccarsi nel triangolo Montecitorio, Palazzo Chigi, Palazzo Madama. Con la speranza di tener fuori dalla «zona rossa» operai, precari e "moralizzatori fanatici" a 5Stelle. Il desiderio di non incontrare gli elettori almeno per i prossimi due - tre anni, sperando che la situazione si decanti. Penso, invece, che la sinistra debba cercare di conquistare il cuore e la mente degli italiani. Che si debba confrontare ogni giorno con il disagio sociale e la protesta. E debba rompere con le politiche liberiste e le ideologie interclassiste, con quella cultura che, in tempi di rigore di recessione, impone sacrifici sempre più pesanti agli operai e al ceto medio che sta precipitando verso una condizione proletaria.
* Senatore Pd
Il manifesto, 22.4.13

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