giovedì, marzo 07, 2013

Stato-mafia, tutti a giudizio


Via libera dal gup di Palermo, Morosini, che però bacchetta la Procura. Il processo comincerà il 27 maggio. I dieci imputati sono ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l'ex senatore Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Mancino. Il pm: "Troppe critiche preconcette"
PALERMO - Il gup di Palermo Pier Giorgio Morosini ha rinviato a giudizio tutti i dieci imputati dell'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia. Sotto accusa ex ufficiali del Ros, capimafia, Massimo Ciancimino, l'ex senatore Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino.

PROCESSO IL 27 MAGGIO. Il processo comincerà il 27 maggio prossimo davanti alla Prima sezione della Corte d'Assise di Palermo. Per gli ex ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, per i capimafia Totò Riina, Leoluca Bagarella, Antonio Cinà, per il pentito Giovanni Brusca e per Dell'Utri l'accusa è violenza o minaccia a corpo politico dello Stato. Ciancimino è accusato di calunnia e concorso in associazione mafiosa, mentre Mancino di falsa testimonianza. Ad ascoltare la decisione del gup per la Procura c'erano l'aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Lia Sava e Roberto Tartaglia.

IL GUP BACCHETTA I PM. "Fonti di prova indicate genericamente nella richiesta di rinvio a giudizio" e una memoria che sfiora soltanto "le finalità e gli approdi dell'inchiesta": il gup Piergiorgio Morosini non ha risparmiato critiche alla Procura. E nel decreto con cui ha disposto il giudizio bacchetta i pm per non avere indicato specificamente le prove a carico degli imputati e per avere presentato una memoria decisamente vaga a completamento della richiesta di rinvio a giudizio. Alle carenze del lavoro dei pm rimedia il gup che, dopo avere letto oltre 300 mila pagine di carte depositate, indica nel decreto specificamente le prove che sostengono le accuse agli imputati.

IL PM DI MATTEO: "TROPPE CRITICHE PRECONCETTE". "Quella di oggi è la decisione di un giudice terzo particolarmente preparato e rigoroso: questo costituisce la riprova che molte critiche mosse all'indagine erano preconcette e, a volte, in malafede", ha commentato il pm Nino Di Matteo. "La decisione di oggi è per noi uno stimolo ulteriore ad approfondire anche tutti i temi di indagine residui a carico di altre persone - ha aggiunto - collegati all'inchiesta sulle stragi mafiose e sul periodo relativo al passaggio tra la prima e la seconda Repubblica. Le indagini proseguiranno".

MANCINO: "SONO INNOCENTE"
. "Chiedo un processo rapido che dimostri la mia innocenza", ha affermato Nicola Mancino, commentando il suo rinvio a giudizio. Una decisione che Mancino dice di "non condividere" e basata sul fatto che il giudice si è "preoccupato di non smontare il teorema dell'accusa". "Ritengo che il Giudice dell'udienza preliminare di Palermo - ha dichiarato Mancino - si sia preoccupato di non smontare il teorema dell'accusa sulla conoscenza da parte mia - trascrivo integralmente - dei 'contatti intrapresi da esponenti delle Istituzioni con Vito Ciancimino e per il tramite di questi con esponenti di Cosa nostrà e, perciò, abbia accolto la richiesta di rinvio a giudizio per falsa testimonianza formulata dal Pubblico Ministero". "Non condivido la decisione: sono certo - ha concluso Mancino - che le prove da me fornite all'udienza preliminare sulla mia totale estraneità ai fatti contestatimi saranno accolte dal Tribunale in un dibattimento, che spero si concluda in tempi brevi".

INGROIA: "RISTABILITA LA REALTA' DELLE COSE". Antonio Ingroia, leader di Rivoluzione civile, ex procuratore aggiunto che ha coordinato l'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia affida ogni commento a un comunicato stampa: "La decisione di rinvio a giudizio che conferma in pieno la ricostruzione della Procura, attesta la bontà di un'indagine fondamentale per il Paese, portata avanti con convinzione nonostante gli insulti e le accuse infamanti che io e i colleghi del pool abbiamo dovuto subire". "La decisione del giudice terzo, tra i più autorevoli e competenti, ristabilisce la realtà delle cose e direi che di fronte all'enormità della prova che lo Stato italiano ha trattato con la mafia mentre c'erano ancora per le strade i detriti delle stragi, un Parlamento responsabile risponderebbe istituendo immediatamente una Commissione d'inchiesta sulla trattativa. Speriamo che finalmente i tanti che hanno pontificato contro questa indagine abbiano il buon gusto di tacere o quantomeno di chiedere scusa", conclude.
La Sicilia, 7 marzo 2013

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