sabato, marzo 23, 2013

San Giuseppe Jato ha ricordato l'ex sindaco Nino Maniscalco


Un momento del dibattito di San Giuseppe Jato
(leas) Compagni e avversari hanno ricordato in aula consiliare l’ex sindaco Nino Maniscalco, scomparso il mese scorso all’età di 87 anni. Hanno risposto in tanti, domenica mattina, al “trigesimo laico” organizzato dal Centro “Pio La Torre” per commemorare uno dei protagonisti della storia jatina del Dopoguerra.
SINTESI DEGLI INTERVENTI 
Per il sindaco Giuseppe Siviglia “Maniscalco è stato un uomo che ha contribuito a costruire una bella pagina della storia di questo paese”. “Uomo non povero che scelse di stare coi poveri - ha ricordato Vito Lo Monaco.
Era un uomo pubblico dalla personalità forte che contribuì a fare del Pci  una forza in grado di primeggiare a San Giuseppe Jato”. Il presidente del centro studi ha ricordato l’incontro fra Pio La Torre e Nino Maniscalco, durante il terremoto del ’68: “Si fece trovare all’ingresso del paese e – racconta Lo Monaco - già all’alba aveva organizzato l’accoglienza con le cucine da campo e le coperte per i senzatetto”. Ricordi confermati anche dall’ex sindaco democristiano Pino Miceli, avversario ed amico. Per l’ex deputato nazionale del Pci, Nino Mannino “Maniscalco fece della lotta alla mafia una lotta di classe. Ci volevano forza e coraggio e lui era uno che non esitava a confrontarsi duramente con gli avversari. Ma era anche in grado di trovare soluzione politiche nel bel mezzo di delicatissimi congressi di partito”. A detta del nipote Totò Maniscalco, “alzò la bandiera rossa perché era il simbolo del riscatto”. Elio Sanfilippo, presidente della Legacoop Sicilia: “Fu uno dei pionieri della politica delle alleanze sociali. Uno dei costruttori del tessuto democratico. Uno dei primi a capire che bisognava organizzare gli interessi dei contadini, degli artigiani e dei commercianti”. Per Michele Spatafora, sindaco di San Giuseppe Jato nel 1976: “Maniscalco non era un soggetto facile, ma aveva una lungimiranza fuori dal comune. Fu uno dei protagonista dell’occupazione delle terre nel feudo Palastanga. Lottava contro la mafia e allo stesso tempo era sempre alla ricerca delle forze sane dentro la Dc”. Per Ottavio Terranova (autore di numerosi video sulle lotte contadine) “Maniscalco è la dimostrazione che la Valle dello Jato non è stata solo mafia, ma ha una storia di democrazia lunga 60 anni”. Dal racconto fatto da Vito Romano (esponente della Democrazia cristiana di allora) Maniscalco era uno che sapeva parlare a muso duro coi mafiosi. Enza Maniscalco (nipote di Nino Maniscalco): “Mio zio fece costruire le prime case popolari e diede dignità ai più poveri (fu ‘chiddu ca pigghiò i viddani ra valanca e i purtò a passiari nna chiazza). Il deputato di Rifondazione Comunista, Daniela Dioguardi ha sottolineato invece la sua apertura verso l’ingresso delle donne in politica. Una di questa era Maria Maniscalco che, appena laureata, divenne sindaco per la prima volta nel 1976-77. A proporla fu proprio Nino Maniscalco. “Per me è stato sicuramente un maestro – racconta l’ex sindaco-. Aveva una sensibilità verso il nuovo e soprattutto nei confronti dei giovani e delle donne che si affacciavano in politica. Non era istruito, ma era ugualmente un intellettuale formato dal partito”. Maria Maniscalco, che venne rieletta sindaco per due volte nel ’93 e nel ’97,  ha voluto ricordare anche i motivi che negli ultimi anni allontanarono Nino Maniscalco dal Partito comunista: “Aveva una visione “togliattiana” delle alleanze che lo portava a pensare che ci si potesse alleare con tutti pur mantenendo la propria identità. Noi, al tempo giovani compagni, non eravamo d’accordo”.
CORSIVO

Fin qui il resoconto necessariamente veloce e sintetico di tanti interventi. 
Qualcuno, durante la commemorazione di domenica, ha definito Nino Maniscalco “un uomo con luci ed ombre”.Noi di Vallejato sappiamo di lui che è morto lo scorso 7 dicembre, all’età di 87 anni. Era un uomo forte che, costretto da anni su una sedie a rotelle, si è spento nel buio di una lunga malattia, resa forse più cupa dalle ombre di vecchi rancori. Fino a domenica troppi sembravano averlo dimenticato e tanti (noi compresi) non lo avevano ancora conosciuto. Eppure, appreso della sua scomparsa, molti hanno sentito il bisogno di ricordarlo: forza, lotte contadine e coraggio, sono le parole che più abbiamo sentito ripetere. Così attraverso un rito laico, domenica mattina si è voluta probabilmente esorcizzare la morte. Non quella fisica, che è inevitabile, ma quella della memoria, che può e deve essere sconfitta. 
 

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