martedì, ottobre 30, 2012

Un grido d'allarme. Traffico civile su Sigonella a rischio droni


di Antonio Mazzeo
Tutto pronto o quasi per il cosiddetto Piano Sigonella 2012: da lunedì 5 novembre sino a mercoledì 5 dicembre il più grande scalo militare Usa e Nato del Mediterraneo ospiterà il traffico aereo civile del vicino aeroporto internazionale di Catania Fontanarossa dove saranno effettuati i lavori di rifacimento delle piste e di realizzazione delle strip di sicurezza. Settantadue voli al giorno con quattro movimenti l’ora tra partenze e ritorni, dalle ore 6 a mezzanotte, grazie all’accordo sottoscritto tra l’Aeronautica militare italiana, l’ente nazionale di aviazione civile (Enac) e Sac, la società di gestione dello scalo etneo.

“Grazie a Sigonella 2012, l’aeroporto di Fontanarossa, per tutta la durata dei lavori straordinari di riqualificazione della pista, eccezionalmente resterà aperto al pubblico, proprio in considerazione dell’importanza che esso riveste per i siciliani”, spiegano i dirigenti Sac. Lo scalo catanese è oggi il più grande del Sud Italia ed occupa il sesto posto fra quelli nazionali quanto a volume di traffico, con circa 7 milioni di passeggeri l’anno. Secondo la società di gestione, il trasferimento dei voli su Sigonella causerà solo “difficoltà di ordine logistico” per gli utenti. Essi dovranno raggiungere l’aeroporto di Catania per le operazioni di check-in e controllo sicurezza almeno tre ore prima della partenza prevista, mentre le operazioni di accettazione si chiuderanno 90 minuti prima della partenza.
“Dopo il passaggio ai varchi di sicurezza e le eventuali operazioni di dogana e frontiera i passeggeri, ormai in area sterile, verranno trasportati a bordo di bus navetta nella base di Sigonella, scortati da personale della security”, spiega la Sac. I bagagli, invece, giungeranno a bordo di furgoni blindati. “Non è consentito l’accesso autonomo a Sigonella da parte di passeggeri e/o eventuali accompagnatori”, avvertono i gestori. “All’interno della base non sarà consentito fare foto o riprese video e i trasgressori saranno puniti secondo quanto previsto dal Codice penale”. Disagi pure all’atterraggio: per lo sbarco e il trasporto con bus navetta a Fontanarossa ci vorrà non meno di un’ora dall’arrivo a Sigonella. La Sac però mette in guardia sulla possibilità di ulteriori ritardi “in considerazione della complessità delle operazioni di sbarco e di trasferimento a Catania dei bus per i passeggeri e dei furgoni per i bagagli”. Sempre per ragioni di “sicurezza”, i passeggeri disabili e a ridotta mobilità dovranno raggiungere Sigonella a bordo di “mezzi di trasporto speciali” e senza i loro accompagnatori.
Il Piano Sigonella con relativo vademecum per i passeggeri è stato approvato dalla società di gestione lo scorso 28 settembre. La Sac si farà carico dei costi aggiuntivi per il trasporto da e per Sigonella e di quelli per attrezzare lo scalo militare all’attività del traffico civile, condizione richiesta da Enac e ministero della Difesa per autorizzare l’uso delle piste.
L’accordo che consentirà di coprire il 60% circa del traffico massimo ospitato a Fontanarossa ha sollevato perplessità e interrogativi tra gli attivisti della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella che da un decennio invocano la riconversione ad uso civile dell’infrastruttura e la sua trasformazione in hub mediterraneo. “Dalla grande stazione aeronavale di Sigonella decollano quotidianamente i famigerati droni, gli aerei senza pilota utilizzati dalle forze armate statunitensi per la sorveglianza e i bombardamenti in Africa e in Medio oriente”, afferma Alfonso Di Stefano. “Oltre ad essere strumenti di morte, i velivoli telecomandati rappresentano un rischio insostenibile per il traffico civile e le popolazioni che risiedono nelle vicinanze dello scalo utilizzato per i loro decolli e atterraggi. A questo punto è d’obbligo chiedersi se si potrà volare da Sigonella solo con qualche disagio in più per i passeggeri oppure in condizioni di sicurezza insufficienti. Chi ha voluto che si utilizzasse la grande stazione Usa per il traffico aereo civile è a conoscenza che l’intensità operativa dei droni crescerà in modo esponenziale proprio il prossimo mese di novembre?”.
Gli attivisti No war siciliani rilevano in particolare come lo scorso 3 settembre, prima che venisse varato il Piano Sigonella, sono state emesse tre notificazioni a tutti i piloti di aeromobili (i cosiddetti “NOTAM”), distinti dai codici B6164, B6166 e B6167, che hanno prorogato sino al 30 novembre 2012 i provvedimenti che impongono la sospensione delle procedure strumentali standard nelle fasi di accesso, partenza e arrivo degli aerei a Catania Fontanorssa, “causa attività degli Unmanned Aircraft”, gli aerei senza pilota delle forze armate statunitensi e Nato. “Tre NOTAM con identiche prescrizioni sono stati emessi pure per lo scalo di Trapani Birgi nel periodo compreso tra il 31 agosto e il 28 novembre 2012 a riprova che il traffico dei droni sarà intensissimo e riguarderà buona parte dello spazio aereo siciliano”, aggiungono i portavoce della Campagna per la smilitarizzazione.
A determinare l’ennesima escalation nell’uso dei velivoli senza pilota, oltre all’acutizzarsi delle crisi in Corno d’Africa, nella regione dei Grandi Laghi, in Yemen e in Siria, la decisione della Casa Bianca di autorizzare un blitz militare in Libia contro i presunti responsabili dell’attacco jihadista dell’11 settembre scorso al consolato di Bengasi, nel quale furono uccisi l’ambasciatore Chris Stevens, un agente dei servizi segreti e due contractor statunitensi. Secondo alcuni quotidiani Usa, le attività d’intelligence per individuare i potenziali obiettivi sono state affidate proprio ai droni ospitati in Sicilia. E come accaduto lo scorso anno durante la guerra in Libia, è presumibile che saranno ancora una volta gli aerei telecomandati di Sigonella ad assumere un ruolo centrale nei bombardamenti. Il Pentagono, congiuntamente alla Cia e al Dipartimento di Stato, hanno predisposto piani di attacco con droni pure contro le milizie di al-Qaeda nel Maghreb Islamico (Aqmi) che hanno assunto il controllo del Mali settentrionale.
Due anni fa, l’Aeronautica militare e l’Enac siglarono un accordo tecnico per le attività di aeronavigazione nello spazio aereo italiano dei Global Hawk, gli aeri senza pilota di grandi dimensioni schierati a Sigonella da Washington. Senza attendere una normativa europea che disciplini in via definitiva l’impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo generale, è stato consentito che essi operino nell’ambito di spazi aerei “determinati” e con l’adozione di procedure di coordinamento tra autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto sulle attività aeree civili”. Secondo l’accordo, i profili delle missioni, le procedure operative, le aree di lavoro e gli equipaggiamenti dovrebbero essere stabiliti “nel rispetto dei principi della sicurezza del volo”, fermo restando che in caso di “operazioni connesse a situazioni di crisi o di conflitto armato” l’impiego dei droni non può essere sottoposto a limitazioni di alcun genere.
La pericolosità di questi nuovi sistemi d’arma è documentata in numerosi studi. “Effettivamente il rateo d’incidenti dei sistemi aerei senza pilota (UAS) non è incoraggiante per poter essere ottimisti sui tempi di integrazione di questi sistemi nello spazio aereo nazionale”, ammette il maggiore dell’aeronautica Luigi Caravita, autore di una ricerca sui droni pubblicata per il Centro Militare di Studi Strategici (Cemis). “Da fonti ufficiali si apprende che nelle prime 100.000 ore di volo il tasso d’incidente del MQ-1 Predatorammontava a 28, oltre il doppio del cacciabombardiere F16. Altri sistemi a pilotaggio remoto come il Pioneer, l’Hunter e l’RQ-7 Shadow hanno invece un rateo di incidenti di almeno uno-due ordini di grandezza superiore (…) Ad oggi gli UAS militari non sono autorizzati a volare, se non in spazi aerei segregati, perché non hanno una banda aeronautica protetta, non sono ancora considerati sufficientemente affidabili, non sono dotati di una tecnologia sense & avoid (senti ed evita) matura, non hanno ancora totalizzato un numero di ore di volo sufficiente da costituire un safety case rappresentativo e convincente, non è stata ancora dimostrata adeguata resistenza da attacchi di cyber warfare”.
Nel marzo 2010, l’agenzia europea per il controllo del traffico aereo (Eurocontrol) ha indicato le linee guida a cui gli stati membri dovrebbero attenersi per la gestione dei Global Hawk nello spazio europeo, considerato il fatto che “sino a 20 velivoli Uav di questo tipo saranno schierati a Sigonella dalle forze armate statunitensi o entreranno in funzione con la Nato con il nuovo programma di sorveglianza terrestre AGS”. Eurocontrol raccomanda di prevedere “normalmente rotte specifiche” evitando che i droni “sorvolino aree densamente popolate aree o uno spazio aereo congestionato o complesso”. In considerazione che i droni “mancano delle capacità di sense & avoid e di prevenzione delle collisioni con altri velivoli che potrebbero incrociare le proprie rotte”, Eurocontrol ha chiesto inoltre d’isolare i Global Hawk nelle fasi di ascensione ed atterraggio (le più critiche) e durante le attività di volo in crociera che “devono avvenire in alta quota al di fuori dello spazio aereo riservato all’aviazione civile”. Sigonella è tutt’altro che un aeroporto isolato e gli aerei che atterrano a Fontanarossa eseguono rotte che sfiorano il perimetro della base militare. Come sia stato possibile autorizzare la trasformazione del grande scalo Usa in “capitale mondiale” dei droni è un interrogativo sino ad oggi senza risposta. Che oggi si appresti a far convivere il traffico civile con le evoluzioni belliche di Global Hawk e Predator sembra quasi una follia.
Che l’uso dei droni fosse incompatibile con l’ipotesi di trasferire a Sigonella il traffico aereo di Fontanarossa, lo aveva ripetutamente dichiarato il comando del 41° Stormo dell’Aeronautica militare italiana nel corso della prima decade di settembre. In un articolo pubblicato l’8 settembre sul quotidiano La Sicilia, il noto giornalista Tony Zermo, citando fonti militari, aveva rilevato come il vero problema per il trasferimento degli aerei di linea nella base militare fosse rappresentato proprio dai velivoli senza pilota “che quando atterrano e decollano non possono avere vicini aerei civili”. Tre giorni dopo, il capo ufficio stampa dell’Aeronautica, colonnello Cazzaniga, pubblicava su La Sicilia una nota per spiegare le ragioni che “impedirebbero il regolare flusso del traffico civile e commerciale da e per l’aeroporto di Sigonella”: la presenza dei cavi di arresto installati sulla pista per l’atterraggio dei caccia utilizzati nel 2011 durante la guerra in Libia e – testuale - le operazioni dei velivoli senza pilota (droni).
Ciononostante, sotto il pressing dei parlamentari, degli industriali e degli operatori turistici siciliani e dopo un vertice tra i ministri Corrado Passera (sviluppo economico) e Giampaolo Di Paola (difesa), il 13 settembre veniva istituito un tavolo tra l’Enac, l’Ami e la Sac per trovare una soluzione alle “criticità” evidenziate e consentire di trasferire a Sigonella il traffico civile di Fontanarossa. Giorno 16, era ancora Tony Zermo ad annunciare il raggiungimento dell’accordo per l’utilizzo da parte degli aerei di linea di “entrambe le piste di volo” di Sigonella. “I Global Hawk destinati a controllare dall’alto le emergenze certamente si muoveranno, ma a Sigonella sono soltanto tre”, aggiungeva l’editorialista. “L’unica difficoltà che ci può essere è che quando questi grandi aerei dall’apertura alare di 40 metri stanno per atterrare o stanno per partire dalla base hanno bisogno di avere tutti gli spazi aerei: e quindi gli aerei commerciali dovranno stare in stand by consumando più benzina del solito. È un costo che le compagnie sosterranno”. Come dire che pur di non perdere affari e profitti si è sempre pronti a tutto…

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