domenica, ottobre 14, 2012

È COME NEL 1992 O PEGGIO? SI RUBAVA PER IL PARTITO E NON AL PARTITO…


E’ come nel ’92? È peggio? Se la fanno in tanti questa domanda, in specie in Sicilia, dove ci sono le elezioni regionali e oltre che discettare e proporre analisi ci si scontra in modo furibondo per accaparrarsi consensi. Ci fu nell’Isola, venti anni fa, una Tangentopoli “di ritorno”. Quella originale aveva eletto la sua capitale a Milano, dove era la testa dell’acqua. Eppure il repulisti siciliano non fu certo di minore intensità. La metà, e forse di più, dei deputati regionali finirono nelle maglie della giustizia e si verificarono casi di straordinaria severità che lasciarono senza fiato anche giustizialisti trinariciuti. Si ricordano ancora oggi le immagini Rai del vice presidente della Regione con le manette e le catene portato a spasso su un treno da Roma a Ragusa è rimasto nella storia dei blitz ai politici.
C’è chi conserva la memoria di un blitz durante a Cagliari, nel corso di un summit, con le manette al vice presidente dell’Assemblea regionale siciliana o delle dimissioni “coatte” del presidente dell’Assemblea, della custodia cautelare dell’ex presidente della Regione. Manette, carcere e processi. Un assessore regionale rimase in galera due anni con la terribile accusa di essere il mandante del delitto di un alto funzionario della regione (omettiamo i nomi per rispettare il diritto all’oblio)
Ogni “rivoluzione” ha la sua stagione giacobina. Ma resta una risposta al bisogno di rimettere in sesto le cose. Che poi ci si riesca è un’altra cosa. Oggi, infatti, ci si interroga sul fallimento di Tangentopoli come strumento di moralizzazione della politica.
Nel ’92 si rubava per il partito, oggi si ruba al partito, osserva giustamente Ugo Magri su La Stampa. «Ma adesso è molto peggio», avverte Bruno Tabacci, in una intervista a la Repubblica (nel ‘92 venne indagato e assolto). “Sono delinquenti matricolati, non politici”, sostiene Tabacci. “Chiedergli se temono la giustizia è come chiedere a Vallanzasca se, quando ammazzava, si preoccupava che poi gli dessero la caccia”.
“Vogliamo paragonare Citaristi a questi ladri?”, s’indigna Tabacci. “ Il tesoriere della Dc affrontò 60 processi e quando la Democrazia cristiana sparì, cominciò a pagarsi gli avvocati di tasca sua. Questi rubano per la casa, la barca, le vacanze. È molto peggio di allora. Batman Fiorito, prima di finire dentro, è stato una settimana in televisione a prenderci per il culo. Sergio Moroni imbracciò un fucile e si sparò in faccia”.
Non è servita a niente Tangentopoli?
Il “dopo” è una lezione di furbizia e malandrineria. C’è stato l’edonismo reganiano alla Berlusconi, ed una sostanziale unanimità d’intenti all’interno delle istituzioni sui soldi pubblici. Le tangenti sono state sostituite dalle consulenze, e i finanziamenti ai partiti dai rimborsi elettorali e dai contributi ai gruppi parlamentari e consiliari. Gettoni generosi, indennità, benefit. Una montagna di soldi, che dal ’93 ad ogg, hanno accresciuto a dismisura i costi della politica e trasferito il cordone della borsa dai partiti agli uomini delle istituzioni.
Nessun controllo delle spese, nessun rendiconto: i quattrini sono affluiti nei conti attraverso i rimborsi (elettorali e non) forfettari e i contributi ai gruppi parlamentari. Così si è regalato ai nuovi “padroni” della politica il potere di succedere a se stessi. Il Porcellum, l’attuale legge elettorale, è l’apoteosi di questa svolta: non solo i soldi, che assicurano la rielezione, ma anche il potere di “nominare” senatori e deputati.
Ora la montagna “tracima”: dieci regioni subiscono inchieste giudiziarie, dal Lazio di Batman, all’Emilia alla Sicilia, alla Lombardia, il Molise.
Si corre ai ripari, nell’illusione che basti cancellare prerogative e poteri per risanare l’ambiente,ma la strada maestra è un’altra, la trasparenza. L’obbligo di far sapere tutto e subito. E’ la sola deterrenza efficace, perché suggerisce cautela e morigeratezza, svolge opera di prevenzione, spaventa.
Nelle assemblee legislative non c’è controllo né trasparenza. I parlamentari decidono sui soldi pubblici senza doverne rendere conto ad alcuno né fare sapere ad alcuno.  La pubblica amministrazione italiana occupa il 25° posto sui 34 Paesi dell’Ocse nell’e-government, nonostante spenda cinque miliardi l’anno per l’informatica.
C’è un modello collaudato da seguire, il Freedom of Information Act, adottato negli Stati Uniti.Qualunque provvedimento, atto, decisione, documento – ufficiale o ufficioso, inerente a qualsiasi amministrazione pubblica,  dal comune al Parlamento – deve essere accessibile a chiunque senza doverne fare una richiesta motivata. Basta legare l’efficacia dell’atto alla sua disponibilità on line.
E’ un presidio di democrazia e partecipazione, oltre che strumento efficace di moralizzazione della pubblica amministrazione, della politica e delle istituzioni.
Perché non se ne parla mai?
Recitiamo il mea culpa tutti. Il fatto è che ci sentiamo appagati ogni volta che viene pescato qualcuno con le mani nel sacco.  Prevale lo spirito di vendetta, per carità comprensibile, piuttosto che la cittadinanza, il diritto-dovere di pretendere istituzioni trasparenti.

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